Tra coloro che stanno per partire per la montagna, c’è un gruppo di persone molto speciale diretto verso una meta speciale con un preciso obiettivo: a fine luglio un team di esperti alpinisti, ricercatori e fotografi partirà per il Caucaso – il sistema montuoso che si allunga per circa 1100-1200 km tra il Mar Nero e il Mar Caspio – per effettuare fotografie e per compiere misurazioni glaciologiche. La spedizione fa parte del progetto fotografico-scientifico dal titolo: “Sulle Tracce dei Ghiacciai”, organizzato dall’associazione italiana no profit “Macromicro” in collaborazionecon l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e volto a studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sui ghiacciai montani più importanti della Terra.
Il team di avventurosi è composto da grandi nomi tra cui Stefano Urbini dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), i glaciologi Kenneth Hewitt e Riccardo Scotti e il fotografo Fabiano Ventura, ideatore dell’iniziativa. Il tutto verrà seguito da una troupe televisiva, con il regista Marco Preti e il cameraman Luca Venchiarutti, che girerà un documentario in alta definizione sulle attività della spedizione.
«Il nostro scopo- ha detto Fabiano Ventura a IlSussidiario.net – è quello di ripetere le fotografie di antichi esploratori di fine Ottocento/inizio Novecento per compararle con le nuove immagini da noi realizzate e scattate dallo stesso punto geografico, per studiare ed evidenziare le variazioni in atto sul pianeta Terra». Attività come queste a livello glaciologico sono svolte un po’ ovunque e ogni nazione lo fa sulle proprie montagne; ma portarlo sulle grandi catene montuose di tutto il mondo è più impegnativo e il gruppo italiano si aspetta molto da questa impresa.
Ventura ci spiega il valore scientifico di questa campagne, che è anzitutto legato allo studio dei cambiamenti climatici. «cioè avviene attraverso un duplice lavoro sul campo: uno fotografico, comparativo con le fotografie storiche. In sostanza ci posizioniamo nello stesso punto geofisico per effettuare le stesse fotografie fatte dai primi esploratori che ci hanno preceduto tanti anni fa». Ventura ricorda alcune figure di pionieri; solo per ricordare qualche nome in campo italiano: le opere fotografiche di Vittorio Sella (1889, 1890 e 1896), Mario Piacenza (1910), Vittorio Ronchetti (anni ’10 e ’20 del secolo scorso) e Andrea Pollitzer (1929); ma anche grandi nomi stranieri come Hermann Woolley, Albert Frederik Mummery, Douglas William Freshfield, Mor Dechy e Vilem Heckel.
«Il secondo tipo di attività – continua Ventura – prevede di associare ai dati fotografici quelli delle rilevazioni sul campo svolte da vari ricercatori. Si eseguiranno, ad esempio, bilanci di massa dei ghiacciai, studi sull’albedo, cioè sulla copertura luminosa degli stessi, misure dello scioglimento dello strato ghiacciato nell’arco dei 40-50 giorni della spedizione. Tutto questo varrà paragonato con altri dati storici presi da altri ricercatori georgiani in quelle. zone nel corso degli anni, per dare un valore storico ai dati rilevati».
I dati quantitativi presi sul campo vanno quindi a rafforzare quelli qualitativi ricavati a livello fotografico. Ma cerchiamo di capire i diversi ruoli e il valore dei singoli apporti esplorativi. «Alcuni dati si possono ottenere solo dal campo e sarebbe impensabile ottenerli da aereo o da satellite; e viceversa. Si tratta di tre metodologie tutte valide e con valenze significative e autonome. Unaa peculiarità delle analisi sul terreno è di poter evidenziare i cambiamenti dello spessore dello strato ghiacciato; mentre da satellite e dall’aereo si valuta meglio lo spostamento dei fronti dei ghiacciai».
A seguire il lavoro del team sarà un apposito Comitato Scientifico costituito da nomi ben noti nel panorama scientifico internazionale, come Claudio Smiraglia (Università Statale di Milano), Kenneth Hewitt (Cold Regions Research Centre della Wilfrid Laurier University canadese), Christoph Mayer (Accademia delle Scienze di Monaco di Baviera).
La spedizione in Caucaso, che durerà dal 28 luglio al 1 settembre 2011, è la seconda di un piano di cinque (Karakorum, Caucaso, Alaska, Ande, Alpi) in tre continenti, previste per avere, a fine progetto, il polso della situazione a livello mondiale.
La prima, che si è svolta in Karakorum nel 2009, ha avuto un notevole successo scientifico e mediatico. Interpellato sui risultati di questa missione, Ventura così li sintetizza: «Quei ghiacciai non stanno poi così male. Si è trovato che c’è una situazione di stabilità; si tratta di ghiacciai molto grandi e lunghi e non c’è stato un grande arretramento dei fronti, anzi alcuni ghiacciai sono addirittura in espansione. Sono fenomeni però non dovuti al surriscaldamento globale e tuttora oggetto di studio. La spedizione del 2009 ha confermato il fatto che la situazione del Karakorum è molto particolare e la dinamica dei suoi ghiacciai è piuttosto anomala: non presenta ad esempio quel forte arretramento e quella perdita di massa di altri, come la vicina catena Himalayana o altre in Europa e Nord America».
In generale si può dire che sul Pianeta c’è un collasso accertato delle masse glaciali, ricollegabile al surriscaldamento globale che dipende in larga misura dall’immissione di CO2 in atmosfera. In Karakorum la situazione è diversa anche per la particolare configurazione orografica e per l’apporto dei fenomeni monsonici. Sulle Alpi, per stare più vicino a noi, la previsione più accreditata è che entro il 2050 la riduzione dei ghiacciai arriverà a toccare l’85%.
Nel frattempo aspettiamo i risultati della missione Caucaso. Che arriveranno presto: «Grazie alle apparecchiature satellitari e alla collaborazione con una società specializzata, abbiamo la possibilità di aggiornare in tempo reale il sito internet; quindi ogni due o tre giorni pubblicheremo notizie con foto e clip video. Già verso la metà di agosto potrebbe essere diffuso un primo comunicato ufficiale».
(a cura di Mario Gargantini e Paolo Nessi)