Un uomo di 36 anni, con due figli, affetto da un tumore allo stadio terminale ha ricevuto una trachea nuova di zecca. Non da un donatore, ma da uno scienziato che ha ricreato completamente l’organo in laboratorio. Il trapianto è avvenuto al Karolinska University Hospital di Stoccolma. L’operazione, unica nel suo genere, si deve ad un italiano, Paolo Macchiarini. Lui ha realizzato la trachea, lui l’ha impiantata nel paziente. Per “costruirla” ha coltivato delle cellule staminali adulte prelevate dall’anca del paziente su una trachea artificiale. Queste hanno attecchito, dando vita alla nuova parte del corpo, che è stato sostituita alla vecchia; l’operazione è stata eseguita un mese fa.



Non ci sono stati problemi di rigetto, provenendo le cellule dal paziente stesso; non ci sono stati problemi di natura etica, dal momento che non è stato necessario utilizzare e sopprimere degli embrioni per ricavarne staminali. Un italiano, dicevamo. Al quale, ironia della sorte, il mondo accademico nostrano gli ha impedito di entrare a far parte della propria cerchia ristretta. 52 anni, viareggino, vive ormai da vent’anni all’estero. Quando l’allora assessore alla Salute della regione toscana, oggi presidente, Enrico Rossi, si impuntò, si arrivò quasi a dargli una cattedra. Gli fu consentito di operare. Ma, alla fine, niente cattedra. I baroni universitari accamparono ragioni di curriculum, e posero il veto.



Nel frattempo, Macchiarini insegna in svariate parti del mondo, e si appresta a ricevere numerosi rinascimenti per la sua ricerca. Tuttavia, intervistato da ilSussidiario.net, fa capire che non serba rancore. E invita i giovani a non perdersi d’animo: «i giovani non devono mai perdere la fiducia. L’Italia è un bellissimo Paese. Nonostante alcune cose non funzionino bene, abbiano una creatività unica al mondo. I giovani non devono mai perdere la speranza. Io sono l’esempio vivente che, anche se si viene rifiutati, si può sempre ottenere ciò che si vuole», dice. Illustrando il frutto della sua ricerca, afferma: «il tempo stringeva, e anziché aspettare una donazione di un organo, con il rischio che venisse rigettato, abbiamo offerto al paziente una terapia immediata costruendone uno nuovo, fatto e realizzato unicamente in laboratorio». 



La portata di una tale realizzazione è «fenomenale. E’ la prima volta – continua – che un organo artificiale viene, con la tecnica della medicina rigenerativa,  impiantato, e in maniera permanente». Un’operazione resa ancor più difficile dal fatto che «la trachea è in contato con l’ambiente esterno; inoltre, è stata impiantata non solo la struttura tubulare, ma anche la biforcazione, a destra e a sinistra, verso i polmoni. Si è tratto di un lavoro molto complesso». Evidenti le implicazioni dal punto di vista etico.

«Abbiamo usato cellule mononucleari che abbiamo fatto differenziare in cellule staminali. Lavorando dove vengono dati i Nobel, può solo immaginare quanti comitati etici abbiano dovuto affrontare». Etica, ma anche, e soprattutto, per chi analizza la questione dal punto vista strettamente tecnico, convenienza.

«Io, in passato, ho utilizzato le cellule staminali embrionali. Ma ora non le uso più. Perché, clinicamente, non hanno mai dato i risultati che speravo. Ho deciso di cambiare, e con le staminali adulte indifferenziate ho ottenuto ciò che volevo, senza crisi di rigetto». La prossima sfida? «Il Polmone», risponde senza esitazioni. «Tenterò di produrne uno con le medesime tecniche usate per la trachea o di recupere le funzionalità di uno rovinato con la terapia rigenerativa cellulare». Macchiarini non è in grado di dire se anche in Italia si sarebbe potuto portare a termine un esperimento del genere. «Queste cose sono fatte per essere studiate in ambiente universitario. Ma se io non vi ho accesso..».

 

 

(Paolo Nessi