Il mondo scientifico è sempre più lanciato nell’esplorazione delle nanostrutture o, più in generale, dei nanomateriali e delle loro applicazioni. Le nanostrutture sono “materiali nuovi” non per la natura chimica degli elementi che li costituiscono, ma per le dimensioni estremamente piccole degli oggetti: si parla di fogli, fili, cubetti o palline diecimila volte più piccoli della punta di un ago! Immaginate quante cose si possono fare con questi oggetti minuscoli: il genio del fisico Richard Feynman già nel lontano 1959 aveva profetizzato che saremmo riusciti a scrivere l’intera enciclopedia britannica sulla capocchia di uno spillo.



Ma le cose non sono banali come potrebbero sembrare: riducendo le dimensioni, infatti, variano anche le proprietà elettriche e ottiche dei materiali. Quello che accade dal punto di vista fisico è che diventano importanti gli “effetti quantistici”: si tratta di fenomeni sempre presenti in natura, ma che, quando gli oggetti si riducono a dimensioni nanometriche, diventano importanti e possono comportare cambiamenti drastici.



Ad esempio, con un processo di miniaturizzazione si possono produrre nanoparticelle d’argento, palline con un diametro di 50-200 nanometri che poste in acqua rendono il liquido di un colore giallognolo molto simile all’olio d’oliva, nulla a che vedere con l’aspetto grigio e lucido dei gioielli o degli specchi! La capacità di manipolare materiali, conduttori e isolanti, su scala nanometrica dà quindi il potere di variarne le proprietà e le funzioni: una sfida alquanto intrigante!

Certamente il campo che vede la più vasta applicazione delle nanotecnologie è quello della microelettronica. Ognuno di noi possiede un cellulare o un pc, che funzionano grazie a circuiti logici e memorie: le parti che compongono questi dispositivi hanno dimensioni che vanno dalle decine alle centinaia di nanometri. In particolare, per ottenere memorie sempre più efficienti sono state sviluppate celle via via più piccole, usando come materiale principale il silicio.



Oggigiorno la corsa alla miniaturizzazione del silicio è giunta al termine proprio a causa di alcuni “effetti quantistici” e la ricerca sta già esplorando nuovi materiali (calcogenuri tra cui il GST) e nuove strutture che permettano di proseguire lo sviluppo di strutture efficienti. Per sfruttare lo spazio e migliorare le performance dei dispositivi microelettronici i ricercatori stanno lavorando alla realizzazione di stock di celle di memoria non più bidimensionali ma tridimensionali, una sorta di grattacielo alto circa 1 micrometro, cioè un millesimo di millimetro.

Da diversi anni le nanotecnologie hanno visto anche applicazioni mediche: le ricerche principali riguardano particelle organiche o inorganiche dotate di particolari sensori. Lo scopo di tali biosensori vuole essere quello di selezionare le cellule tumorali; in questo modo sarebbe possibile da una parte migliorare le immagini diagnostiche per il cancro e dall’altra accedere alla zona tumorale in un modo molto preciso. Un altro tipo di studio riguarda invece l’assunzione dei farmaci. Esistono sostanze che non sono assimilabili per ingestione, per questo motivo si stanno studiando dei metodi per portare e distribuire nel corpo tali molecole facendole trasportare da nanoparticelle, dei “carrelli nanometrici” che possono viaggiare nei vasi sanguigni.

Le nanoparticelle sono le nanostrutture più diffuse e ne esistono di svariati materiali: oro, silice, persino materiali organici. Le più usate sono quelle di argento, che possiedono proprietà antibatteriche e per questo sono in commercio da anni all’interno di prodotti che vanno dal dentifricio al tessuto per i vestiti. Nonostante non ce ne accorgiamo, i nanomateriali sono già sul mercato in centinaia prodotti: dalle lavatrici, ai detersivi, alle mazze da golf.

Nanomateriali e nanostrutture hanno dunque grandissimi potenziali e siamo solo all’inizio. Ciò nonostante, anch’essi possono presentare una certa pericolosità: questa è dovuta al fatto che la riduzione delle dimensioni dei materiali si accompagna a un aumento della superficie esposta. Le conseguenze sono simili a quanto accade allo zucchero: lo zucchero a velo impiega meno tempo a sciogliersi rispetto allo zucchero comune, perché grani più piccoli hanno una superficie maggiore a contatto con il liquido. Allo stesso modo, riducendo le dimensioni dei materiali aumenta la superficie a contatto con l’aria e con le sostanze circostanti, con conseguente aumento della reattività chimica.

Per questo motivo il Joint Research Center (JRC), laboratorio tecnico e scientifico in seno alla Commissione Europea, ha inaugurato i primi standard europei di nanomateriali. L’Istituto per la Salute e la Tutela dei Consumatori del JRC a Ispra, presso Varese, ha inaugurato il primo catalogo con 25 nanomateriali di riferimento. L’introduzione di questi standard ha lo scopo di controllare la qualità dei materiali in commercio e contenere i fattori di rischio.