Sta sollevando vivaci dibattiti la tesi avanzata da Leonard Susskind sul numero di luglio di Scientific American: fedele al suo ruolo di “ragazzaccio” della fisica, lo scienziato di Stanford sostiene che la realtà della natura è totalmente al di là delle possibilità umane di afferrarla e che non c’è possibilità per l’uomo di acquisire una vera conoscenza.



A dirlo è uno che non è andato leggero nel tentativo di scalare le vette della realtà fisica: suoi sono stati gli studi più avanzati sui buchi neri e suoi i primi modelli di universi paralleli e i primi passi della teoria delle stringhe. Ma ora ha deciso di lanciare la campagna contro la realtà e propone addirittura che i fisici abbandonino il termine stesso “reale” per parlare del mondo e passare a un meno impegnativo “riproducibile”.



Da oggi, qui al Meeting di Rimini, chi volesse mettere alla prova la tesi di Susskind ha a disposizione una settimana di incontri, dibattiti, mostre ad hoc; e possiamo già immaginare l’esito nella direzione opposta a quella del bad boy della fisica, pur non mancando spunti e osservazioni interessanti nelle sue riflessioni.

Si inizia domani mattina, con l’incontro di presentazione della mostra “Atomo: indivisibile? Domande e certezze nella scienza”, curata da Euresis. A parlarne arriva direttamente dal Cern di Ginevra il fisico italiano Lucio Rossi, che nel tempio della big science, e più precisamente al grande acceleratore LHC (Large Hadron Collider), dirige tutto il settore dei magneti superconduttori: quei magneti che sono indispensabili per poter accelerare le particelle pesanti, gli adroni, e portarle a collidere.



Quel che sembra ancor più necessario qui, sembra essere proprio ciò che Susskind vuole censurare: cioè la certezza che la realtà naturale può essere esplorata fin nel suo intimo per poi cogliere frammenti di conoscenza. Indubbiamente non si tratta di operazioni semplici e meccaniche, non basta applicare bene la teoria o condurre correttamente gli esperimenti. Ci vogliono anche altri ingredienti che vanno dall’intuizione, alla collaborazione, alla genialità operativa; e poi ci vuole il fattore principale che è il tempo, per consentire alla natura di rivelarsi, di suggerire indizi, e agli scienziati di riconoscerli e di leggerli nel linguaggio più adatto.

Rossi parlerà delle certezze che guidano il lavoro delle migliaia di scienziati che collaborano a LHC da tutto il mondo: certezze sul metodo di indagine e su alcuni punti fermi consolidatisi in un secolo di esplorazione all’interno dell’atomo. Ma dirà delle tante domande che ancora attendono risposta e che continuamente affiorano dal confronto sperimentale con la natura.

Su questi temi ci sarà poi un “a fondo” mercoledì mattina con l’atteso intervento di John Polkinghorne, pastore anglicano e già fisico delle particelle, introdotto dall’astrofisico Marco Bersanelli. Polkinghorne prenderà il toro per le corna, confrontandosi con gli interrogativi più stringenti: che vanno dalla legittimità di considerare “reali” gli oggetti della conoscenza scientifica e dalla nostra possibilità di conoscere qualcosa della loro natura e del loro comportamento. Mettendo a frutto la sua duplice competenza scientifica e teologica per mostrare l’inesorabilità di alcune domande che nascono dalle scienze, ma che non possono sperare di avere risposte restando nel grande ma pur sempre limitato spazio della metodologia scientifica.

In parallelo (purtroppo) con questo appuntamento ci sarà un interessante incontro sul tema del linguaggio “Linguaggio, mistero, comunicazione”: un confronto non solo scientifico (ci saranno infatti due linguisti, Stefano Arduini e Andrea Moro, il filosofo Pietro Barcellona e il poeta Davide Rondoni), ma che può illuminare efficacemente quella facoltà tipica dell’uomo che lo rende capace di formulare domande, spiegazioni, di discutere delle diverse interpretazioni dei fenomeni (basta pensare ai dibattiti sul duplice comportamento delle particelle, ondulatorio e corpuscolare) e di cercare il significato delle teorie e della ricerca stessa.

Una singolare forma di linguaggio è quello inciso nel DNA dei viventi: un linguaggio che l’uomo sta imparando a decifrare e che rivela grande flessibilità, ma anche una notevole complessità. Ne parleranno giovedì mattina Carlo Croce, dell’Ohio State University, Pier Giuseppe Pelicci, dell’IFOM-IEO di Milano e Marco Pierotti, dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Col titolo “La libertà dei geni: complessità e controllo del genoma umano”, il dialogo sarà dominato dalle recenti innovazioni, ma anche dalle crescenti possibilità di controllo e di intervento, spesso affrettato rispetto alle reali conoscenze e che solleva continui problemi di natura etica.

Il confronto della tecnoscienza con la dimensione etica, ma anche con i fattori economici e le scelte politiche vede oggi un suo punto acuto nel dibattito sull’energia, che troverà spazio al Meeting nel pomeriggio di mercoledì: nella tavola rotonda “Dopo Fukushima, solo rinnovabili? si confronteranno uomini di impresa, scienziati e politici del livello di Guido Bortoni, Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Marco Ricotti, del Politecnico di Milano, Stefano Saglia, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico; Paolo Togni, Presidente VIVA; Giuliano Zuccoli, Presidente del Consiglio di Gestione di A2A.

Infine, da non perdere la presentazione di un libro che applica il criterio del realismo a uno dei temi che più attraggono l’interesse non solo degli scienziati: la possibilità di vita extraterrestre. Cosa vuol dire “conoscere” su una questione del genere? L’autore del saggio “Siamo soli nell’universo?” (Editrice San Raffaele), Elio Sindoni, ne parlerà con Marco Bersanelli martedì mattina.

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