Diversi i casi di morti accidentali questa estate sulle montagne, ad esempio sulle Dolomiti. Pochi giorni fa due soccorritori che stavano cercando di raggiungere due turisti tedeschi in difficoltà sono rimasti vittime di una frana, rimanendo uccisi, sul Monte Pelmo. L’alpinista altoatesino Reinhold Messner ne è convinto: il riscaldamento globale sta sgretolando le Dolomiti e sciogliendo il permafrost, cioè il terreno che era perennemente sottozero ad alte quote e che agiva da “collante” per le rocce. Quindi, con un clima più caldo, inevitabilmente il processo di sgretolamento delle montagne è accelerato. IlSussidiario.net ha chiesto il parere di Alberto Clerici, professore di Geologia applicata presso l’Università degli Studi di Brescia: «Bisogna innanzitutto fare un paio di premesse: da un lato la frana in sé è un evento del tutto naturale, il che non significa che in determinate occasioni l’uomo non abbia favorito o innescato un movimento franoso, ma rimane comunque il fatto che in assoluto la frana è un movimento di terreno o di roccia che può avere delle cause del tutto naturali. Le frane esistevano ben prima che l’uomo mettesse piede sulla terra e prima che riuscisse a modificare con interventi di vario tipo la morfologia delle valli, e ovunque esiste la forza di gravità che da sempre tende inevitabilmente a portare del materiale dalle quote maggiori a quelle minori». La seconda premessa del Professor Clerici riguarda invece il riscaldamento globale, “che oggi viene descritto come la causa di quasi qualunque cosa negativa accada sulla Terra. Bisogna dire che spesso è difficile trovare un nesso stringente tra il riscaldamento globale e un accadimento naturale, ed è facile dare la colpa all’uomo ma è molto più difficile provarlo. Con questo non voglio assolutamente negare nulla di ciò che sappiamo sull’inquinamento o sull’effetto serra, e resto convinto del fatto che debba essere sempre mantenuta la massima attenzione, ma non dimentichiamo che per motivi del tutto naturali, in un recente passato geologico, il clima nelle nostre zone era ben più caldo di quello che abbiamo oggi e di quello che paventiamo per i prossimi anni, quindi si verificavano scioglimenti delle masse glaciali maggiori di quanto non stia accadendo ora. L’uomo può certo fare dei grossi danni, ma ci inseriamo comunque in una oscillazione delle temperature nel tempo che ha, innanzitutto e indipendentemente dall’uomo, delle cause naturali.
Poi nel singolo episodio può esserci una concausa legata ad un aumento delle temperature: ad esempio il ghiaccio che permane nelle fratture presenti nelle rocce ha un potere “adesivo”, infatti l’acqua, passando dallo stato liquido allo stato solido, aumenta di volume di circa del 10% e questo tende ad aprire maggiormente le fratture presenti nella roccia, insieme però ad una azione adesiva, con il ghiaccio che quindi aderisce a queste rocce. Se ad un certo punto la temperatura aumenta tanto da sciogliere delle porzioni di ghiaccio, effettivamente c’è una probabilità maggiore che un blocco di roccia cada. Però bisogna analizzare caso per caso e provare questi avvenimenti, che sono possibili, ma non avvengono tutti a causa del riscaldamento globale: questa è una semplificazione che temo possa anche servire per distogliere l’attenzione da altre questioni, perché potrebbero anche esserci tante diverse cause, che andrebbero studiate e non liquidate facendo riferimento semplicemente al riscaldamento globale”. Il Professor Clerici spiega inoltre che “il fenomeno franoso è uno di quelli più complessi perché le frane sono di diverse tipologie molto differenti l’una dall’altra, e anche all’interno di ciascuna tipologia possono esserci delle caratteristiche importanti molto diverse. L’esempio classico è quello delle dimensioni: se da dieci metri di altezza frana su una strada un masso di un decimetro cubo, che non è praticamente niente, ma cade su un veicolo, può creare danni molto ingenti. D’altra parte abbiamo frane che interessano le decine di milioni di metri cubi, quindi tutt’altri ordini di grandezza e problematiche di movimento. Sono anche molto vaghe per esempio le velocità di movimento delle frane: abbiamo quindi frane molto lente, riconosciute e cartografate, con le quali si può convivere tranquillamente, e abbiamo invece delle frane rapidissime che non lasciano letteralmente scampo. Potremmo fare ancora tantissimi esempi, ma tutto questo per dire che le frane sono molto varie e complesse, e ridurre tutto ad una unica causa comune è senza dubbio riduttivo”.
(Claudio Perlini)