“Spesso si dice che i cattolici hanno un sacco di pregiudizi nei confronti dell’evoluzione biologica. È verissimo. Per quanto mi riguarda, io sono pieno di pregiudizi verso Darwin, e sono tutti a favore!”. Aforisma efficace, la dichiarazione di uno dei relatori dell’evento appena conclusosi a Roma, che ne rappresenta la sintesi perfetta.
Il terzo corso di aggiornamento per docenti di filosofia, Natura, vita ed evoluzione. La filosofia della natura di fronte all’evoluzione biologica, tenutosi presso la Pontificia Università della Santa Croce, ha visto la partecipazione, sia tra i relatori che tra il pubblico, di filosofi e di biologi evoluzionisti. Ci si è interrogati sull’impatto che la teoria darwiniana dell’evoluzione ha avuto su diversi campi del sapere, quali la filosofia della natura e la riflessione cattolica sulla fede. Il taglio dei contributi e della discussione si è mantenuto in ogni campo attento alla precisione e alla chiarezza, in modo da superare certe false contrapposizioni e mistificazioni che a oggi ostacolano la coscienza dell’effettivo arricchimento reciproco fra filosofia, fede e biologia.
I biologi evoluzionisti hanno illustrato i principi generali basilari della genetica di popolazioni, della Sintesi Moderna neodarwiniana e dell’ampliamento – pluralista, non sostitutivo e genuinamente darwiniano – proposto come Sintesi Estesa. Gli antropologi e i primatologi hanno mostrato il “cespuglio evolutivo” che contiene anche il rametto Homo sapiens, e hanno presentato alcuni filmati sperimentali e documentaristici che mostrano, non senza una certa nota di conturbante drammaticità, alcuni dei confini sfumanti tra la nostra specie e quelle dei primati a noi filogeneticamente più prossimi (cooperazione, altruismo disinteressato e caccia organizzata).
Nel più completo rispetto delle diverse competenze epistemiche, filosofi, biologi e insegnanti si sono lasciati interrogare dall’evoluzione. È emerso il desiderio di farsi carico di un continuo e sempre vigile lavoro di chiarificazione terminologica e concettuale, da operare attorno ad alcuni concetti chiave, che troppo spesso vengono equivocati: le coppie teleologia/teleonomia, caso/necessità, selezione naturale/autorganizzazione, che vengono usate spesse volte come grimaldelli per alimentare ingerenze ideologiche fra i diversi ambiti del sapere o per aggredire a sproposito la teoria evoluzionistica.
Si è provato a rispondere alla domanda: “L’incontro con la teoria dell’evoluzione ha costituito un arricchimento o un indebolimento per il pensiero cattolico?”. La risposta, affrontata di petto dal contributo del professor Miguel Pérez de Laborda sui problemi teologici dell’evoluzione, si è espressa a favore dell’arricchimento. Uno degli spunti più interessanti riguarda la prospettiva che si è venuta a costituire analizzando le diverse angolazioni epistemologiche delle varie discipline sulla natura: l’autonomia della natura nella formazione dei viventi, che la teoria dell’evoluzione attesta, ci rassicura infatti con un dato forte della conoscenza, capace di distogliere la cultura dai riduzionismi deisti.
Il Dio creatore della natura descritta dalla scienza evolutiva non è certamente il “dio tappabuchi” del reverendo Paley o degli intelligent designers contemporanei: un dio che deve inserirsi nel flusso del divenire per creare direttamente alcune strutture biologiche complesse. Il Dio onnipotente non sarebbe il dio dei creazionisti, costretto a rimediare alle incapacità di una natura debole, ma un Dio signore di una natura perfettamente capace di dar vita a forme originali.
Inoltre, la ragione che la indaga è capace di arricchirsi di ogni osservazione su di essa, senza contrapposizioni e senza l’applicazione di schemi falsificazionisti. La natura così descritta è un ambito in cui l’impianto conoscitivo dell’evoluzione biologica rimane libero di seguire il proprio percorso, tortuoso e contingente.
Uno spunto di riflessione condiviso tra gli scienziati e i filosofi presenti riguarda il valore antropologico che la scienza porta con sé: l’impresa scientifica è muta rispetto ai valori morali (affermare l’opposto significherebbe commettere una fallacia naturalistica), ma permette a colui che interroga e indaga la natura di coglierne il valore relazionale. Si tratta dell’esperienza di bellezza e di stupore che coglie colui che si mette in relazione conoscitiva con il mondo; un’esperienza che funge da propulsore continuo nel lavoro scientifico ordinario, e che non è in contrapposizione con tutte quelle domande trascendentali, filosofiche e teologiche, che l’uomo è in grado di porsi e di indagare con altri strumenti.
Questo evento rappresenta uno dei più significativi sviluppi intellettuali nati a partire dal grande congresso sull’evoluzione di due anni fa presso la Pontificia Università Gregoriana. Ed esprime il desiderio costante e rinnovato di confronto fra il pensiero cattolico e quella rivoluzione scientifica e culturale che ha segnato la biologia moderna in modo irreversibile, ponendo Charles Darwin quale iniziatore cruciale di un modo nuovo – e più veritiero – di guardare alla storia della natura e alla natura della storia.