Al Cern di Ginevra non si studia solo l’origine della materia, come Lucio Rossi ha documentato nel suo intervento all’ultima edizione del Meeting di Rimini. Un recente articolo di Jasper Kirkby su Science  riporta i primi risultati ottenuti con il progetto (Cosmic Leaving Outdoor Droplets) che intende approfondire il rapporto fra i raggi cosmici e i cambiamenti climatici.



I fisici Henrik Svensmark e Friis-Christensen nel 1997 affermarono di avere osservato che un aumento del flusso di raggi cosmici  che raggiunge la Terra è correlato con un aumento della copertura nuvolosa. Il processo fisico responsabile di questa correlazione è stato ipotizzato da Svensmark e collaboratori, in un articolo apparso nei Proceeding della Royal Society nel 2007. Poiché  gli ioni possono essere prodotti dai raggi cosmici, l’ipotesi che un fattore importante per i cambiamenti climatici sia di origine astrofisica (e quindi non antropica) ha attirato un certo interesse nella comunità scientifica (oltre ad un certo scetticismo).



Le nubi rivestono un ruolo importante nel bilancio energetico della Terra e in particolare nell’effetto serra naturale in quanto influiscono sulla capacità riflettente della superficie terrestre: “…Una diminuzione dell’1% dell’albedo  causerebbe un incremento della temperatura di equilibrio della terra di circa 1 °C, un valore all’incirca equivalente all’effetto radiativo diretto prodotto da un raddoppio della concentrazione di CO2 in atmosfera…” (IPCC AR4, pag. 114).  Fra tutti i meccanismi fisici di retroazione (conosciuti) del sistema climatico, quelli associati ai processi di formazione delle nubi sono ancora soggetti alla maggiore incertezza.



La formazione delle nubi avviene per condensazione di vapore acqueo e di altri gas, presenti in tracce nell’atmosfera terrestre, su delle microscopiche particelle che agiscono da nuclei di condensazione portando così alla formazione delle goccioline. I nuclei  di condensazione (CCN, Cloud Condensation Nuclei) si formano attraverso complessi processi microfisici che portano delle molecole di vapore o di composti gassosi a formare degli aggregati (embrioni) che in certe condizioni termodinamiche crescono fino a divenire dei CCN. Questo processo, denominato nucleazione, può essere favorito dalla presenza in atmosfera di ioni (come i raggi cosmici) che facilitano la formazione di questi embrioni. 

Esiste anche un secondo possibile effetto dei raggi cosmici sul clima terrestre ed è la loro interazione con la ionosfera terrestre, che a sua volta influenza le proprietà delle nubi attraverso effetti elettrostatici sulle goccioline. I raggi cosmici possono essere di origine galattica (esplosione di supernovae o provenienti dal centro della galassia) o planetaria (provenienti dall’attività solare). In particolare in quest’ultimo caso in periodi di ridotta attività solare (assenza di macchie solari) si ha un incremento del flusso di raggi cosmici che raggiungono la Terra per l’indebolimento del campo magnetico solare. La stima del flusso dei raggi cosmici che arrivano sulla Terra si ottiene misurando l’abbondanza di isotopi radioattivi come il 14C e 10Be.

In una review apparsa nel 2007 su Survey Geophys, lo stesso Kirkby aveva passato in rassegna le ricerche relative alla correlazione fra i raggi cosmici e la temperatura globale della Terra nel passato. Il caso più evidente è rappresentato dal “Minimo di Maunder”, avvenuto fra il 1645 e il 1715 con la scomparsa quasi totale delle macchie solari (periodo noto come la Piccola Era Glaciale), ma tale correlazione può essere estesa anche a periodi ben più remoti (fino a 500 milioni di anni). 

Il legame fra copertura nuvolosa e attività solare é messa in discussione da altri ricercatori e risulta così controverso l’effettivo ruolo che gli ioni possono avere nella formazione dei CCN. Lo scopo principale di CLOUD è effettuare esperimenti, in condizioni controllate,  per approfondire i processi chimico-fisici che intervengono nella nucleazione e se i raggi cosmici determinano effetti diretti sul clima o se sono semplicemente degli indicatori indiretti (i cosiddetti proxy) per le variazioni dell’attività solare.

Al Cern i raggi cosmici vengono simulati attraverso fasci di particelle elementari prodotti dall’acceleratore LHC.  Fondamentalmente CLOUD è una camera riempita con aria ultrapura, vapore acqueo, gas in tracce ed aerosol nella quale studiare la formazione degli embrioni che daranno vita ai CCN. La difficoltà maggiore è rappresentata dalla effettiva capacità di ricostruire, in condizioni controllate, il complesso sistema termodinamico presente all’interno delle nubi. Infatti i risultati preliminari,  pubblicati da  J. Duplissy e collaboratori nel 2010 su Atmospheric Chemistry and Physics, avevano indicato la presenza nella camera di gas in tracce non previsti.

Con la ricerca presentata nell’ultimo articolo gli autori ritengono di avere ottenuto due importanti evidenze sperimentali: la prima è che la presenza dei raggi cosmici effettivamente favorisce il processo di nucleazione, ma che la frequenza di tali eventi è molto inferiore a quella effettivamente osservata in atmosfera. Ciò implica, se questi dati fossero confermati, che nel processo di nucleazione intervengono altri composti gassosi non previsti dallo schema teorico  più accreditato.