La Nasa ha fatto sapere che verso la fine di settembre o ai primi di ottobre un vecchio satellite di sette tonnellate rientrerà nell’atmosfera, e sembra che non riuscirà a disintegrarsi completamente nell’atmosfera, con il rischio che alcuni detriti possano cadere sulla Terra anche se, al momento, non si può prevedere dove. L’Upper Atmosphere Research Satellite (Uars), in orbita dal 1991 per studiare l’interazione tra l’atmosfera terrestre e il Sole, dimostrò la presenza dei buchi nell’ozono. Il satellite è costato 750 milioni di dollari e misurava la concentrazione di gas, andando poi a dimostrare l’impatto dei Cfc nell’apertura dei buchi nella fascia di ozono sui poli. Spento nel 2005, Uars è rimasto in orbita inattivo, e ora si trova a 250 km di altezza con un’inclinazione di 57 gradi. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Piero Benvenuti, docente di astrofisica all’Università di Padova e membro del Board of Directors dell’Asi: «Quello della cosiddetta “spazzatura spaziale”, formata dai satelliti non più funzionanti, rappresenta ormai un grave problema, anche se più per lo spazio che per la Terra. In realtà la maggior parte dei satelliti si trovano su orbite molto alte con un rischio di rientro a Terra veramente limitato. Questo particolare satellite che aveva il compito scientifico di studiare l’alta atmosfera, era volutamente posizionato in un’orbita molto bassa, quindi era prevedibile che l’attrito atmosferico avrebbe fatto decadere l’orbita, facendo tornare prima o poi il satellite sulla Terra». Chiediamo quindi al professor Benvenuti quali conseguenze potrà comportare la collisione di questo satellite con la Terra: «Da quello che si può leggere dall’avvertimento della Nasa, sembra che i rischi siano molto limitati: il satellite si distruggerà rientrando nell’atmosfera, quindi a terra arriveranno solamente dei piccoli pezzi, e da quello che si legge anche queste parti saranno di dimensione veramente ridotta. Il rischio che vi siano dei problemi a cose o a persone è quindi abbastanza remoto, ma credo che la Nasa abbia comunque voluto mettere le mani avanti per avvertire e garantire trasparenza. Il problema è che in questi casi è difficilissimo prevedere l’orbita finale, perché l’azione dell’attrito dell’atmosfera è molto variabile. Dipende dall’assetto del satellite, da come si sta muovendo, dalla pressione della radiazione solare e da altri fattori che sono difficilmente valutabili; si può solamente monitorare la traiettoria, e solo quando si avvicinerà alla parte finale potremo capire dove andrà a finire. Non possiamo neanche sapere dove cadrà, se in una zona della superficie terrestre o nell’oceano, anche se facendo un conto statistico, siccome la superficie terrestre è costituita soprattutto da oceani, la più alta probabilità è che cada in acqua».
Il professor Benvenuti ci parla poi della cosiddetta “spazzatura spaziale” e di quanto sia preoccupante la sua grande abbondanza nello spazio: «Scontiamo più che altro la scarsa capacità di previsione degli effetti che le grandi nazioni spaziali, come Stati Uniti e Russia, hanno adottato in passato: lanciavano in continuazione satelliti di ogni tipo, più che altro con una valenza strategica per avere l’uno il controllo sull’altro, ma non sappiamo neanche cosa quei satelliti abbiano a bordo. Questa corsa ad avere il controllo continuo del globo ha portato ad avere una enorme quantità di satelliti che dopo un certo numero di anni hanno smesso di funzionare, diventando inattivi e senza controllo. Cominciano così a seguire le leggi della meccanica celeste e della fisica, mentre se sono in un’orbita sufficientemente bassa o se penetrano in qualche modo attraverso l’atmosfera, possono cadere a terra. C’è poi una grande quantità di satelliti che si trova nella cosiddetta fascia geostazionaria, cioè a un’altezza di circa 36.000 chilometri che corrisponde all’orbita che compie una rivoluzione attorno alla Terra esattamente in 24 ore, quindi il satellite, visto dalla Terra, risulta praticamente fermo, alla stessa altezza e posizione. Proprio per questo motivo, questa fascia è quella più usata dai satelliti delle trasmissioni televisive, perché quando un utente punta la parabola, il satellite resta fermo. Quindi ci sono attualmente tantissimi satelliti che, dopo un certo numero di anni diventano inattivi, ma restano comunque lì, ed è impensabile andarli a riprendere. In passato un satellite russo si è scontrato contro uno americano, provocando un gran botto. Non c’era la possibilità da Terra di modificare l’orbita dei due satelliti che, ormai fuori controllo, sono entrati in rotta di collisione. Tutto questo comunque per dire che lo spazio non è incontaminato e limpido come lo si vede spesso nei film, ma attualmente è allo stesso livello di una discarica».
(Claudio Perlini)