«Sulla nicotina sono state svolte molte ricerche, e tra queste ce ne sono alcune che riportano gli effetti benefici di questa sostanza sui processi cognitivi, con un’attenzione sempre rivolta al delicato legame che c’è con il fumo e con tutto il dibattito biomedico intorno a questa abitudine, che può portare anche a gravi malattie dal punto di vista cardiorespiratorio, o allo sviluppo di gravi forme oncologiche». A parlare è Alberto Zani, ricercatore Ibfm-Cnr di Milano-Segrate che, in questa intervista per IlSussidiario.net, spiega i risultati dello studio realizzato dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Milano-Segrate in collaborazione con Alice Mado Proverbio, docente di Psicobiologia dell’Università di Milano-Bicocca, presentati anche a Washington, al Congresso mondiale della Society for Neuroscience: i dati rivelano che la nicotina è in grado di espandere le capacità della cosiddetta “memoria di lavoro” o working memory, limitando però alcuni processi legati alla scelta e all’avvio del movimento nel cervello umano. «Lungi dall’essere un invito al fumo, – spiega il professor Zani – abbiamo voluto verificare la ragione di questi risultati abbastanza discordanti sia nel campo animale sia in quello degli esseri umani».
Come mai in altre ricerche i risultati appaiono discordanti?
Il motivo è ricercabile nella metodologia con cui vengono portate avanti queste ricerche, in cui spesso per comodità o per rigore metodologico vengono reclutati a livello umano persone che non fumano, a cui vengono somministrate dosi controllate di nicotina attraverso farmaci esistenti sul mercato. Ci sono quindi molti problemi legati agli effetti collaterali che vengono a determinarsi nella prima somministrazione di questa sostanza a persone che non sono adattate al suo utilizzo, come l’aumento del battito cardiaco, respiratorio e uno stato di ansia. Conoscendo questa problematica, abbiamo deciso di indagare su quali potessero essere gli effetti della nicotina utilizzando direttamente delle persone che fumano regolarmente dalle 10 sigarette in su al giorno, mettendoli a confronto su dei compiti di tipo cognitivo.
Come mai?
Principalmente per studiare il trattamento dei principali sintomi del Parkinson, come i disturbi della memoria e le discinesie motorie: abbiamo quindi messo a punto tre diversi compiti che potessero darci modo di testare questi individui senza alcuna patologia medica conclamata e che fumassero regolarmente, mettendoli a confronto con un gruppo di pari con le stesse caratteristiche, ma non fumatori.
In cosa consistevano questi compiti?
Per testare i meccanismi cerebrali di orientamento selettivo dell’attenzione visuo-spaziale e misurare il tempo di reazione, i partecipanti dovevano mantenere la fissità dello sguardo, prestare attenzione a stimoli presentati in punti diversi dello spazio visivo segnalati in precedenza, e rispondere premendo un tasto. Per studiare invece la working memory, i volontari dovevano contare a ritroso durante l’esecuzione di un compito di attenzione spaziale, partendo da grossi numeri e sottraendo tre cifre alla volta. Nel compito mirato alla pianificazione, invece, i partecipanti erano obbligati a fare una scelta motoria, premendo il più velocemente possibile un tasto con l’indice o con il medio, in base a stimoli diversi.
Che reazioni ha potuto notare?
Nel compito di controllo, abbastanza semplice, i due gruppi non differivano tra loro, mentre in quello più difficile, in cui il compito era doppio, i fumatori hanno mostrato di essere molto più veloci nel dare risposte motorie, di circa 50 millisecondi, e di fare molti meno errori. Al contrario, però, abbiamo visto che i fumatori, favoriti nel compito mnemonico, erano invece sfavoriti in quello in cui dovevano operare una scelta di risposta attraverso un movimento da operare, in base a uno stimolo somministrato. In questo caso i non fumatori mostravano di essere almeno di 100 millisecondi più veloci dei fumatori. Le conclusioni che noi traiamo da questi risultati è che si potrebbe trovare un certo beneficio nel somministrare la nicotina, in forma ovviamente diversa da quella del fumo, a pazienti parkinsoniani perché potrebbe essere un modo per ovviare alla sintomatologia da loro manifesta. 
Con questo non vuole comunque dire che, anche se solo in minima parte, fumare fa bene?



Assolutamente no, perché in condizioni di prestazione ordinaria la nicotina non porta a nessun beneficio a livello prestazionale. Può invece ovviare a delle situazioni di sovraccarico di lavoro o mentale, o di improvvisi stimoli che attraggono assiduamente la nostra attenzione. In quel caso il fumatore può aver una prestazione migliore di un non fumatore, ma si tratta di situazioni che non sono ordinarie della vita quotidiana, perché noi non viviamo in questo mondo prestando attenzione semplicemente agli stimoli, ma operando delle inferenze. Quindi, per esempio, quando qualcuno ci sta parlando, anticipiamo in qualche modo le parole che ci vengono riferite e il contenuto più ampio del discorso, proiettandoci nel futuro e anticipando tutta una serie di operazioni cognitive per essere il più efficienti possibile.
Però cerotti alla nicotina o altri prodotti simili potrebbero essere usati per applicazioni terapeutiche?
Potrebbero essere un inizio: esiste tutta una letteratura abbastanza recente in cui viene spiegato che la nicotina funge da neuro protettore, e animali come scimmie e topi sottoposti a forme di distruzione dei neuroni che utilizzano per le loro trasmissioni neurochimiche dei loro trasmettitori come la dopamina, trattati con la nicotina mostrano una minore distruzione di questi neuroni. Quindi la nicotina non solo opera come protettrice dell’integrità strutturale del neurone, ma amplifica anche la capacità operazionale dei neuroni, e questo è in linea con i risultati che abbiamo ottenuto anche noi.
Possiamo allora dire che, tolta la cartina, il catrame e tutte le sostanze nocive, è la stessa nicotina che fa bene?
No, perché in soggetti non adattati alla nicotina, questa sostanza può portare grossi effetti collaterali, da un punto di vista cognitivo e neurofisiologico. Una volta assunta, la nicotina può far verificare una serie di sintomatologie fisiologiche che le persone possono percepire più che apertamente sottoforma di sudorazione, agitazione psicomotoria, aumento del battito cardiaco e del livello respiratorio, senza contare che questo può anche portare a delle problematiche di tipo cognitivo quindi, invece di aumentare le prestazioni a livello mentale, in questo caso la nicotina può addirittura peggiorare la situazione.   



(Claudio Perlini)

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