Uno dei più grandi misteri della cosmologia moderna riguarda la cinematica “recente” (qualche miliardo di anni) dell’espansione cosmica. Gli ultimi anni della fine del secolo scorso hanno infatti visto la scoperta, tramite la luminosità di supernovae lontane, di un loro “anomalo” allontanamento, ovvero un’accelerazione nella stessa espansione cosmica. Da allora, diversi “righelli” cosmologici sono stati usati per misurare la dinamica delle distanze nell’Universo. È sufficiente trovare misuratori di distanza nel passato remoto nell’Universo, e quindi misurare come ci appaiono oggi le distanze nel remoto passato in cui l’Universo aveva un espansione decelerata, per capire se questa anomalia si sta effettivamente verificando, e soprattutto, come e perché.



Dopo la spettacolare conferma dell’espansione cosmica guardando le distanze tra le “macchie” delle perturbazioni del fondo cosmico di microonde, risalenti a più di 10 miliardi di anni fa, altre osservazioni si candidano per la prossima generazione di esperimenti in grado di farci comprendere quale sia il motore che ha messo in moto l’accelerazione dell’Universo e se questa è effettivamente ciò che ci appare, o se altri settori della Fisica, come la descrizione corrente della gravità tramite la teoria della Relatività Generale, necessitano una rivisitazione.



Quasi contemporaneamente al conferimento questo anno del premio Nobel a Saul Perlmutter e Adam Riess per la scoperta dell’evidenza di accelerazione cosmica tramite supernovae lontane, l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha approvato la costruzione del satellite “Euclid” che fra circa dieci anni sarà lanciato e osserverà la miriade di galassie nell’Universo e la loro disposizione in tre dimensioni, per scrutare la transizione tra le epoche di accelerazione e decelerazione nell’Universo. La distanza tipica fra le “onde” di densità di galassie dell’Universo è una delle quantità osservabili (righelli) più promettenti per l’investigazione della cinematica cosmica.



Tale ricerca viene effettuata pioneristicamente con strumenti da Terra, come le galassie osservate nei dati di Sdss e 2df, e recentemente da Boss (Baryon oscillation spectroscopic survey), i cui primi risultati basati sui dati di 470.000 galassie sono stati presentati in questi giorni al Meeting della American astronomical society ad Austin (Texas): osservazioni che hanno evidenziato l’esistenza di onde nella distribuzione di galassie, con distanze tipiche tali da confermare l’esistenza dell’espansione cosmica.

Il fervore teorico è enorme intorno a queste evidenze. La storia del termine che nelle equazioni di Einstein potrebbe imprimere un’espansione accelerata all’Universo ha circa un secolo ed è cominciata con una supposizione azzardata dello stesso Einstein e successivamente ritirata. Seguirono indicazioni indipendenti della possibile esistenza di questa “energia di vuoto” dalla meccanica quantistica, sebbene con valori estremamente superiori (circa 123 ordini di grandezza in gergo) a quelli necessari per avere rilevanza cosmologica. Nessuno di questi studi ha portato a conclusioni definitive, a tal punto che questo problema è noto in Fisica teorica come il Problema della Costante Cosmologica, uno dei più grandi nella fisica moderna, enormemente esacerbato dalle evidenze della possibile presenza di una piccola ma finita costante di quel tipo, responsabile per l’accelerazione nell’espansione del cosmo.

Che cosa e’ questa nuova componente cosmologica, nota come “energia oscura” (Dark Energy)? È una costante o ha essa stessa una dinamica, debole ma finita, che può farci comprendere la sua natura? O si tratta di un’interpretazione errata che ha un’origine ben diversa, ad esempio nella diversa meccanica della stessa gravità? Interrogativi centrali nella Cosmologia moderna e futura, con ripercussioni per la fisica fondamentale, che saranno investigati grazie a uno straordinario scambio fra teoria e osservazioni: condizione che nei decenni passati ha consentito i più fruttuosi progressi della nostra conoscenza delle leggi che governano la natura.