Il conferimento di una Laurea Honoris Causa può assumere uno spessore che va oltre gli aspetti personali e strettamente accademici. È il caso di quella in Scienze della Comunicazione conferita il 21 settembre scorso dal Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria Renzo Dionigi ad Evandro Agazzi. Il riconoscimento va a un filosofo della scienza di fama internazionale, dagli interessi poliedrici prevalentemente orientati allo studio della logica, della filosofia del linguaggio e della teoria dei sistemi (tenendo conto anche di implicazioni di natura etica e sociale); ma vuole additare uno stile di pensiero e una prospettiva interessante per tutti.



Risulta impossibile riassumere il suo pensiero, data anche la sua vastissima produzione scientifica (la sua bibliografia registra più di 1000 voci al 2006!). Tuttavia, possiamo quanto meno tentare di esporne alcuni tratti salienti. Prima di tutto Agazzi ha sempre sostenuto una posizione che rivendica l’oggettività della scienza; e questo in un periodo storico come quello attuale, per certi versi fortemente problematico. Infatti, dopo la crisi dei fondamenti del sapere sia in ambito matematico che scientifico, la maggior parte dei filosofi, insieme ad alcuni scienziati, ha cominciato a dubitare dell’effettiva possibilità di conoscere, con certezza e stabilità nel tempo, attraverso il metodo scientifico, rifugiandosi in posizioni pragmatiche, scettiche e relativistiche.



Costoro, sull’onda del neo-positivismo, hanno limitato il loro oggetto di studio ai costrutti linguistici di tipo formale, riducendo così il linguaggio stesso a mera costruzione sintattica. In base a questo approccio anche la scienza viene ridotta alla elaborazione di teorie di cui però diventa impossibile stabilire se esse siano effettivamente in grado di spiegare qualunque fenomeno. Tale atteggiamento è particolarmente evidente soprattutto per quanto riguarda lo studio delle particelle elementari o di qualunque aspetto che sfugge alla nostra percezione sensibile più immediata. Esponendo in breve i due capisaldi del suo pensiero, possiamo forse comprendere come sia possibile ad Agazzi individuare i limiti insiti nelle impostazioni appena citate.



Il primo di questi limiti riguarda l’aver messo in evidenza che qualunque linguaggio, perciò anche quello matematico, si riferisce sempre alla realtà; infatti esso non potrebbe sussistere se non parlasse di qualcosa che indiscutibilmente esiste (o riconosciuto tale dalla ragione se non può essere percepito dai sensi) e che dunque non può essere ricondotto al soggetto. In base a questa prospettiva vengono salvaguardati e valorizzati entrambi i termini della conoscenza con sapiente equilibrio: la realtà da un lato e la persona dall’altro nell’atto di utilizzare la ragione alla ricerca di spiegazioni plausibili e perciò cariche di significato. Il secondo aspetto che emerge dal pensiero di Agazzi, conseguenza del primo, è che viene riconosciuto un incremento della conoscenza scientifica nella storia.

Tale progresso non va inteso in senso piattamente accumulativo, come ritenevano i positivisti, piuttosto è concepito come un approfondimento della consapevolezza di certe problematiche, che permette di ritenere le teorie scientifiche eternamente valide entro ambiti ben definiti. Allo stesso tempo un modello teorico non può essere accettato in senso assoluto perché è sempre suscettibile di correzioni e rivedibile in virtù dell’inesauribilità della realtà e perciò della conoscenza. Di conseguenza potrà cambiare il suo ambito di validità in base a nuovi aspetti o fattori che vengono individuati nel corso del tempo, anche in funzione dei diversi e sempre più sofisticati strumenti tecnologici a disposizione; tuttavia questo fatto non inficia il carattere di certezza della conoscenza scientifica. Per rendere meglio l’idea, per esempio, la teoria di gravitazione universale di Newton è tuttora valida, purché si considerino solo due corpi in stato di attrazione reciproca e solo entro un certo grado di approssimazione; la teoria della relatività generale, però, considera ulteriori aspetti e ha perciò un ambito di validità superiore.

Il giorno successivo, sempre in onore di Evandro Agazzi, si è tenuto il convegno di studi Dalla logica matematica all’epistemologia presso la Villa Toeplitz di Varese e promosso dal Centro Internazionale Insubrico “C. Cattaneo” e “G. Preti”. In tale sede si è data lettura della relazione di Emanuele Severino, A proposito di Filosofia e Scienza. In seguito le persone intervenute hanno relazionato le piste di studio da loro intraprese esplicitando l’influenza dell’insegnamento di Agazzi.

Maria Luisa Dalla Chiara (Università di Firenze) ha indicato alcune possibili interazioni proficue fra logica e filosofia a partire dalle implicazioni del teorema di Godel; Fabio Minazzi (Università dell’Insubria) ha analizzato i valori e i limiti del formalismo nella filosofia della logica-matematica di Agazzi; Paolo Musso (Università dell’Insubria) ha affrontato il tema che riguarda la cosmologia; Gino Tarozzi (Università di Urbino) ha mostrato come, prendendo le mosse dall’Empirismo logico sia possibile fondare un realismo empirico; Marco Buzzoni (Università di Macerata) ha parlato del rapporto fra scienza e tecnica sottolineando l’inscindibilità dei due aspetti; Massimo Pauri (Università di Parma) ha espresso alcune considerazioni critiche sulla relazione oggettività-necessità / soggettività finalità nella descrizione fisica del mondo a partire dalla Teoria della Relatività Generale. Infine Paolo Giannitrapani (Centro Internazionale Insubrico) ha delineato alcune considerazioni critiche inedite di Corrado Mangione al volume di Agazzi-Minazzi-Geymonat, Filosofia, scienza e verità del 1989.