Il nostro occhio si allena a vedere anche prima della nostra nascita. Spetta a Edoardo Boncinelli il merito di aver portato all’attenzione del grande pubblico questa scoperta, grazie ad un articolo pubblicato sul domenicale del Corriere della Sera lo scorso 2 dicembre che descrive un interessante lavoro di alcuni ricercatori del dipartimento di Neurobiologia dell’Università di Yale apparso recentemente sulla prestigiosa rivista Nature.
I ricercatori sono stati i primi a misurare in vivo, su dei ratti, quelle che possono essere definite onde retiniche di attività spontanea: si tratta di segnali nervosi che dalla retina giungono alle aree cerebrali successive, ma che non sono dovute al fatto che sulla retina arrivi un vero segnale luminoso. In pratica i topini, anche se appena nati e con gli occhi ancora chiusi, ricevono continuamente questi segnali nervosi non corrispondenti a delle immagini realmente percepite.
Il tema delle onde retiniche è da tempo all’attenzione della ricerca e anche in Italia abbiamo avuto studi estremamente rilevanti anche grazie a Lamberto Maffei a Pisa; ma i dati presi su animali vivi sono indubbiamente un grosso passo avanti. Il significato di queste onde è ancora soggetto a grande dibattito, ma appare ormai certo che siano indispensabili a un corretto sviluppo del sistema visivo.
Secondo alcuni studi ci troveremmo di fronte a un meccanismo di preparazione del sistema visivo, che prima della nascita cerca di adattarsi al compito che dovrà svolgere quando finalmente gli occhi si spalancheranno. In questo senso è estremamente interessante il risultato degli studiosi di Yale che evidenzia come le onde retiniche siano anche utili a preparare il corretto funzionamento della visione binoculare, cioè del coordinamento dei due occhi e della relativa fusione delle due immagini retiniche. È come se, per usare il termine usato anche da Boncinelli, il sistema visivo avesse un periodo di “rodaggio”, con segnali che raggiungono comunque le strutture superiori del cervello e lo preparano per il futuro.
Molti indizi, come alcune ricerche svolte sui macachi, sembrano condurre al fatto che fenomeni assolutamente simili si svolgano anche nell’uomo durante il periodo della gestazione. Questo ci permette di notare una volta ancora l’importanza del periodo intrauterino della nostra vita, periodo che ci prepara alla vita che condurremo una volta usciti al mondo.
Non si deve al contempo dimenticare una grande differenza tra l’uomo e molti altri animali, che chi scrive sentì proprio enunciare da Boncinelli durante un seminario a Firenze. L’uomo infatti è uno degli animali che nasce più “incompleto”, meno abile, più bisognoso di protezione. Mentre molti animali cominciano a camminare e talvolta a provvedere a se stessi dopo pochi giorni, per l’uomo sono necessari molti mesi. Ma questa è anche la nostra forza, perché ci permette di essere un sistema “plastico” che impara continuamente dalle circostanze e che si sviluppa e si innova giorno per giorno.
La conclusione di Boncinelli è assai interessante: partendo dal fatto che riceviamo stimoli che formano immagini inesistenti, egli pone la sua attenzione su una domanda che ritorna inevitabilmente nel pensiero umano, da Platone ai film di Matrix: il realismo e l’esistenza di una realtà indipendente dalle nostre percezioni. Il fatto che il nostro cervello debba prepararsi allo svolgimento di un compito così naturale come il vedere mi sembra la conferma dell’estrema importanza che ha lo stretto rapporto tra la realtà fisica e la nostra percezione.
Anche se l’esistenza di una realtà fisica appare un’evidenza, essa avrebbe scarsa importanza per noi se, tramite i sensi, non potesse diventare qualcosa che conosco. I meccanismi del cervello sembrano ricondurci ancora di più all’importanza di questa energia umana che ci permette di conoscere e che Dante ricordava testimoniando che la mente umana “solo da sensato apprende ciò che fa poscia d’intelletto degno” (Pd IV, 41-42).