Addiction in inglese è una parola impegnativa. Potremmo tradurla semplicemente con “dipendenza”, ma ci perderemmo la vera e propria ossessione compulsiva che essa indica. È il traguardo al quale può portare una dipendenza non “governata”. Le persone che vivono la situazione esistenziale e psicologica dell’addiction soffrono la dipendenza per qualche sostanza o situazione: pensiamo all’alcool, o alle droghe, o anche alle manie da accumulo, per le quali si è portati a circondarsi di certi oggetti che si collezionano senza criterio, o alla triste dipendenza sessuale.



Il mondo moderno ha offerto nuove possibilità per ossessioni prima non immaginabili: questo sviluppo di possibilità è diventato concreto in alcuni casi grazie alla tecnologia. Per esempio, sono nate e si sono scoperte l’ossessione per i giochi elettronici e quella per l’uso del telefonino. Da qualche anno, però, in alcuni paesi come gli Stati Uniti, la Cina, il Regno Unito, e recentemente anche in Italia, esistono programmi di cura per un nuovo particolare tipo di ossessione: quella per la rete web. Sembra incredibile, ma navigare, chattare, scrivere e leggere e-mail può sviluppare nel tempo una forma di dipendenza ossessiva, la Internet Addiction Disorder (Iad).



Internet è ormai diventato uno strumento e un “ambiente” apparentemente insostituibile nella nostra vita quotidiana e sarebbe quasi impossibile calcolare quanti e quali progressi ha fatto fare al genere umano: creando nuove opportunità di lavoro, avvicinando luoghi lontanissimi, velocizzando procedure e permettendo un aumento dell’efficienza lavorativa grazie alla diminuzione verticale dei tempi di comunicazione.

Ma internet non è solo uno strumento utile per il lavoro: è anche un grande oceano di informazione, di possibilità di svago, di incontri virtuali. E se da un lato è interessante soffermarsi a pensare alle affascinanti possibilità che la rete ci ha dischiuso, dall’altro bisogna considerare in profondità le caratteristiche particolari del mezzo. Quando ci colleghiamo con la rete ci affacciamo in un vero e proprio mondo, separato ma in connessione con il mondo esterno, e con noi miliardi di utenti fanno lo stesso. Siamo in piazza ma senza andarci fisicamente, andiamo in edicola ma senza salutare l’edicolante e ritirare i giornali, giochiamo stando belli fermi sulla nostra sedia, spediamo lettere che non imbustiamo.



Siamo inebriati dalle incredibili possibilità che una connessione internet ci permette di percorrere, annullando le dimensioni essenziali al farsi della nostra esperienza: lo spazio e il tempo. Internet è un non-luogo nel quale lo scorrere del tempo è differente da quello che il ritmo della vita normale ci impone, e lo spazio letteralmente non esiste. Ci sono solo messaggi, scritti, video, immagini. Anche l’esperienza sensoriale è ridotta, potendo fare a meno del tatto, del gusto e dell’olfatto e in gran parte dell’udito.

Come si diceva sopra, qualcuno resta letteralmente intrappolato nella rete e non riesce a vivere senza. La differente percezione di tempo e spazio genera un insano desiderio di auto-segregazione: il mio Pc mi basta per entrare a contatto con il mondo. Il mondo di internet può diventare più interessante del mondo reale. Ma questo è solo un problema di “tenuta” dal punto di vista psicologico?

Sembrerebbe di sì, e anche i centri di recupero esistenti, anche i più datati, curano i pazienti da quel punto di vista, con programmi che aiutano a riprendere contatto con una normale vita di legame con il mondo reale. Anche fra gli psicologi e gli psichiatri è però presente la domanda se questo tipo di dipendenza ossessiva e invadente non trovi radici in qualche corrispettivo fisiologico. L’interrogativo è d’obbligo, in quanto si sa per certo che alcune dipendenze da sostanze creano mutazioni nella configurazione dei collegamenti interni a zone cerebrali, generando automatismi di risposta a livello della personalità, come ansia, tremori, pensieri ossessivi, movimenti incontrollati.

Qualcuno è andato a caccia di queste supposte nuove e differenti connessioni neuronali e ha trovato risultati sorprendenti. Il professor Hao Li dell’Accademia Cinese delle Scienze di Wuhan ha osservato attraverso la risonanza magnetica cosa avviene nel cervello di un gruppo di adolescenti dediti a un uso continuo di internet e affetti da Iad: si altera la struttura del cervello, in particolare la sostanza bianca, ossia la regione che contiene le fibre nervose. È il primo risultato di questo tipo ottenuto in questo campo. Molti altri studiosi non sono convinti e si stanno apprestando a nuovi e interessanti esperimenti. Il problema, infatti, è che quel tipo di connessioni neuronali sono tipiche delle dipendenze da stupefacenti e da alcool.

Alcuni perciò ipotizzano che in realtà i soggetti coinvolti abbiano già avuto esperienze di uso di sostanze e che i differenti collegamenti non siano frutto dell’uso ossessivo di internet. Il nodo resta da sciogliere e altri sollevano dubbi perfino sulla provenienza dello studio: il regime cinese, infatti, non vede di buon occhio il diffondersi dell’uso libero delle potenzialità della rete nella popolazione, perché le persone possono tenersi in contatto senza controllo, conoscere altre realtà planetarie senza il filtro della propaganda, scoprire qualcosa di nuovo sulla Cina stessa. Una ricerca che screditi internet può essere a priori vista di buon occhio, anche se la pubblicazione della ricerca sull’importante rivista internazionale Plos One dovrebbe quantomeno mettere al riparo da questa seconda possibilità.

Quello che è certo è che internet permette grandi cose, ma è un mezzo di comunicazione non neutro, cioè ci spinge a modificare le nostre abitudini e a “isolarci” rispetto al mondo “reale”, assumendo comportamenti diversi rispetto a quelli che si usano nel mondo “reale”. Che perciò possa portare uno sviluppo nuovo e imprevedibile al nostro fisico, questo è più che plausibile, ma ancora tutto da capire nei suoi dettagli. Indagare a fondo come la connessione modifichi comportamenti e fisiologia è un lavoro importante e solo agli inizi.