«Negli ambienti indoor aprite le finestre» questo è il consiglio di Paola Fermo, ricercatrice presso il dipartimento di Chimica dell’Università Statale di Milano durante la conferenza svoltasi all’Acquario Civico nell’ambito dell’iniziativa “L’avventura della scienza” in corso in questi giorni nel capoluogo lombardo.



Le case possono essere molto insidiose e l’aria chiusa all’interno dei locali in cui passiamo la maggior parte delle nostre giornate, potrebbe non essere delle più salutari. Nelle grandi metropoli come Nuova Delhi, il Cairo e Pechino i valori di inquinanti in massa registrati sono compresi tra i 10 e i 1000 µm/cm³. Questo non vuol dire che ci si debba necessariamente trasferire su un atollo lontano dallo smog delle città per ambire a condizioni dell’aria migliori: anche questi paradisi terrestri, al contrario di quanto si possa pensare, non sono risparmiati dall’inquinamento. Nemmeno i poli, i cui valori della massa di particelle inquinanti si attestano tra 1 e 10 µm/cm³, possono dirsi ambienti lontani dall’inquinamento atmosferico.



La presenza in atmosfera di “Particular Matter”, ovvero particolato atmosferico, è definita come inquinamento atmosferico. Del PM fan parte particelle solide aerodisperse di dimensioni tra 0,1 e 100 µm. Il PTS (Particolato Totale Sospeso) è composto da PM 10 e PM 2.5. Per PM 10 s’intende quel particolato con diametro inferiore ai 10 µm, mentre il PM 2.5 rappresenta il particolato con diametro pari a 2.5 µm, ovvero il 60% del PTS. Questi tagli dimensionali non sono arbitrari, ma hanno delle importanti implicazioni a livello sanitario, in quanto sono considerati i principali responsabili di alcune patologie dell’apparato respiratorio. Le PM 10 infatti interagiscono col sistema linfatico e respiratorio, mentre le PM 2.5  raggiungono i bronchi e addirittura gli alveoli.



«L’essere umano è come un sistema di filtrazione – ha spiegato Paola Fermo – Le nanoparticelle con diametro inferiore agli 0,1 µm entrano nelle cellule. Praticamente siamo l’equivalente naturale dei filtri delle centraline dell’ARPA Lombardia». Niente di più vero: durante la respirazione, il particolato intorno ai 10 µm, si deposita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali, faringe, laringe) e può generare vari effetti irritativi come l’infiammazione e la secchezza del naso e della gola. Particolato più fine può invece raggiungere la frazione polmonare (bronchi e alveoli).

È molto importate distinguere le sorgenti di derivazione delle particelle inquinanti. L’inquinamento può essere di origine naturale, basti pensare alle eruzioni dei vulcani, allo spray marino, al trasporto di sabbie dai deserti o allo sgretolamento delle foglie dei boschi. Si tratta di emissioni biogeniche. Altri inquinanti sono quelli di origine antropica; un esempio è dato dalle emissioni considerate come “fisse” (impianti chimici, inceneritori e riscaldamento domestico) e “mobili”  come il traffico veicolare, l’usura dei pneumatici, dei freni e del manto stradale. Famose sono anche le Black Carbon (BC), particelle emesse dai motori diesel caratterizzate dall’essere una componente molto fine del particolato, simile alla grafite e strutturata a “grappolo”. È importante sottolineare che per intervenire sugli inquinanti finali, bisogna studiare i composti che si formano in atmosfera a seguito di una reazione chimica, non soltanto quelli che vengono emessi direttamente. In altre parole occorre studiare lo smog fotochimico.

Lo zolfo, elemento naturale presente in atmosfera, si combina con l’ossigeno biatomico producendo anidride solforosa (SO2), la quale a sua volta combinandosi ancora con l’ossigeno biatomico, genera anidride solforica (SO3). Quest’ultima a contatto con l’acqua, sia liquida che allo stato di vapore, produce l’acido solforico (H2SO4), il principale responsabile delle piogge acide e della conseguente azione corrosiva esercitata sui monumenti e le opere d’arte delle nostre città.

Non solo le opere d’arte esposte all’esterno sono soggette ai danni provocati dall’inquinamento: spesso anche le opere conservate all’interno dei musei vengono danneggiate. Studi recenti sulla Pietà Rondanini di Michelangelo conservata al Castello Sforzesco di Milano, hanno dimostrato che l’inquinamento da particolato atmosferico in ambiente museale varia in relazione agli scambi indoor e outdoor. È stato effettuato un duplice campionamento: uno “indoor” all’interno della sala accanto al non finito michelangiolesco, e uno “outdoor” lungo il camminamento del Castello. L’analisi del PTS, ha dimostrato variazioni in relazione all’ambiente, al flusso di visitatori e ai giorni di apertura e chiusura del museo.

La verità è che la nostra impronta sulla natura è presente ormai da secoli. Già nel 1250 Enrico II si lamentava dei fumi dei forni a carbone del castello di Nottingham. Sette secoli più tardi a Londra si scoprì che le emissioni di smog erano costituite da anidride solforica e materiale particellare, e che ad un aumento del picco di concentrazioni di polveri corrispondeva un aumento del numero di ricoveri per broncopatie e patologie dell’apparato respiratorio. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stimato che nel 2008 sono stati 1,34 i milioni di morti per patologie legate all’inquinamento atmosferico. «Nelle metropoli, occorrono provvedimenti mirati a frenare l’inquinamento in maniera continuativa», ha ammonito Paola Fermo.

E ha concluso con un consiglio casalingo: «Dobbiamo stare attenti anche alle nostre cucine e ai componenti volatili rilasciati dai detersivi e dispersi in aria. Puliamo con i rimedi della nonna: aceto e olio di gomito». Un ritorno agli intramontabili rimedi green della nonna.