Volta, Galileo e Pasteur sono tornati a scuola; e sono andati direttamente negli ambienti più consoni alla loro genialità e abilità: i laboratori. È accaduto nei mesi scorsi in alcune scuole secondarie superiori che hanno aderito all’invito di ScienzAfirenze 2012 e hanno partecipato al concorso che quest’anno ha avuto come tema: “Modelli alla prova. La dimensione sperimentale nello studio delle scienze della natura”. Gli studenti erano invitati a svolgere un’attività che avesse le caratteristiche di un’indagine scientifico-sperimentale: lo studio approfondito di un fenomeno, un esperimento in laboratorio, la realizzazione di un prototipo; insomma, attività che mettessero in evidenza aspetti cruciali del metodo scientifico e si inserissero così nel percorso scolastico non come variante estemporanea della solita routine, ma come occasione di incontro più personale col lavoro scientifico e di ripresa di un gusto per la conoscenza.
In questa prospettiva, alcune scuole hanno avuto l’idea di ripercorrere i passi dei grandi scienziati del passato e hanno pensato di ripetere alcuni esperimenti che hanno segnato il cammino storico delle scienze e che sono stati decisivi nel mettere alla prova i modelli con i quali venivano interpretati i fenomeni in questione. Ciò ha comportato anzitutto un recupero della dimensione storica della conoscenza scientifica, non come appendice aneddotica allo svolgimento dei programmi, ma come riscoperta del ruolo del soggetto anche in questa forma di conoscenza e quindi, analogamente, dell’importanza del soggetto nell’educazione scientifica.
Immedesimarsi in quell’intreccio di analisi teorica rigorosa e di intuizioni sperimentali che hanno guidato Galileo nel suo celebre esperimento del piano inclinato è stato certamente stimolante ed educativo per gli studenti di una terza liceo scientifico; che si sono misurati con quei tanti piccoli problemi anche pratici che comporta l’esecuzione di un esperimento e hanno voluto incontrare le stesse difficoltà del grande scienziato pisano nel compiere misure non disponendo dei cronometri digitali di oggi. Gli studenti hanno perciò deciso di ricostruire un orologio ad acqua e di considerarne tutti i limiti e i possibili perfezionamenti.
La valenza educativa di iniziative del genere sta nel far partecipare gli studenti della stessa esperienza degli scienziati, nell’opportunità di capire la scienza “dall’interno”, non come un’insieme di contenuti e di risultati da assimilare e da applicare: nel capire quindi la dinamica che porta a individuare un problema, il sofferto lavorio che via via rende più circostanziato il problema stesso finché diventa possibile elaborare un modello, e successivamente nell’immaginare un esperimento che lo possa testare. Per rendersi conto che quasi mai un esperimento, anche se riuscito e di successo, è l’ultima parola sul fenomeno oggetto di indagine e che molti quesiti restano aperti mentre altri nuovi vengono alla ribalta proprio in conseguenza dei risultati raggiunti.
Allora il lavoro storico può portare ad addentrarsi nei dettagli di una vicenda per portare allo scoperto aspetti meno noti e far luce sugli interrogativi ancora da risolvere. È quanto hanno fatto gli studenti di un liceo classico colpiti, durante una lezione di fisica sulla pila di Volta, nell’apprendere che «la causa del suo funzionamento non è stata ancora chiarita». Hanno scoperto che c’erano due modelli in competizione, uno di taglio chimico e uno fisico, e hanno sviluppato un lavoro sperimentale molto puntuale e ricco di sorprese.
Questa della dimensione storica è solo uno dei punti forti di ScienzAfirenze 2012. La manifestazione – promossa da Diesse Firenze e Toscana in collaborazione col Miur, con l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana, l’Associazione Euresis e la rivista Emmeciquadro – è giunta ormai alla nona edizione e ha visto una varietà di lavori presentati: c’è chi, per citarne solo alcuni, per capire come le leggi di caduta di un paracadute ha interpellato un caporale del Parachute Regiment of the British Army, chi ha utilizzato laboratori della vicina università, chi ha sviluppato appositamente del software e chi ha costruito un vero e proprio esemplare di forno solare per distillare l’acqua, pensando ai bisogni dei paesi in via di sviluppo.
Così il prossimi 29 e 30 marzo alcune centinaia di studenti accompagnati dai docenti confluiranno a Firenze per presentare le loro performance. Ma anche per ascoltare – il convegno prevede gli interventi del biochimico Giorgio Dieci e del biologo Giorgio Bavestrello – perché l’attività svolta li ha resi consapevoli che il lavoro principale dello scienziato è quello di ascoltare e di imparare. E poi ci saranno i premi, assegnati a tre classi del triennio e tre del biennio. Ma il risultato l’hanno già ottenuto tutti. È quello indicato in un convegno che 17 anni fa avviava l’esperienza di collaborazione tra insegnanti e ricercatori che sarebbe poi sfociata nella realizzazione di Emmeciquadro: il titolo del convegno era “Parlare di scienza o fare scienza?”.
Gli studenti e gli insegnanti che hanno partecipato a ScienzAfirenze non hanno più dubbi sulla risposta da dare, anche nella scuola, a quell’interrogativo.