I chirurghi dell’Università del Maryland, Stati Uniti, hanno effettuato un trapianto di volto senza precedenti: il paziente si chiama Richard Norris, 37 anni, che a seguito di un incidente con una pistola, era rimasto con il viso completamente sfigurato. Nel corso dell’intervento per donargli un nuovo volto, durato circa 36 ore presso il Maryland Shock Trauma Center, all’uomo sono stati sostituiti anche denti, lingua e mascella superiore e inferiore. Prima dell’operazione, Norris andava in giro solo di notte, indossando costantemente una maschera per non mostrare il suo viso, ma adesso l’uomo ha riacquistato, tra le altre cose, anche un naso e la mobilità della lingua. «Questo intervento è importante perché esprime l’ambito della complessità tecnologica allo stato più avanzato. Ci sono diversi gruppi a livello mondiale che stanno lavorando su trapianti di questo tipo, e i colleghi del Maryland sono senza dubbio all’avanguardia», spiega Paolo Macchiarini, professore di Chirurgia rigenerativa presso il Karolinska Institute dell’ospedale di Stoccolma, contattato da IlSussidiario.net.
Il trapianto di volto, ci spiega Macchiarini, «rappresenta certamente qualcosa che fino a poco tempo fa era inimmaginabile. Ci sono diversi casi di trapianti analoghi come quello avvenuto nel Maryland che sono avvenuti recentemente, come in Spagna, negli Stati Uniti e in Inghilterra, quindi si tratta di una procedura che poco a poco si sta espandendo».
C’è però un problema etico, di cui ancora oggi si discute molto: «Quando parliamo di mani, piedi o volto, – continua a spiegare il professor Macchiarini – non parliamo di trapianti vitali, cioè eseguiti per salvare la vita del paziente, quindi sono in molti a chiedersi se sia eticamente corretto procedere. Senza cuore, polmoni e reni non si può vivere, ma altri tipi di trapianti sono soprattutto funzionali, che non salvano una vita, ma aiutano l’aspetto funzionale, sociale e di benessere individuale del paziente, e questo aspetto implica un problema etico notevole.
La domanda è: è giusto assumere per tutta la vita farmaci immunosoppressori per evitare un rigetto, per un trapianto che non è eseguito per una questione di vita o di morte?».
Chiediamo infine al professor Macchiarini quali altri traguardi sono pensabili in futuro in questo campo: «Innanzitutto bisognerebbe sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della donazione, oltre a cercare alternative all’immunosoppressione. In un mondo surreale, l’ideale sarebbe riuscire ad evitare totalmente i trapianti, ripristinando invece la funzione stessa dell’organo. Questo è il vero obiettivo nei prossimi vent’anni».
(Claudio Perlini)