Urania festeggia vent’anni. Si tratta della nave oceanografica nonché ammiraglia del Cnr, reduce da ormai 300 campagne ma tutt’ora in splendida forma. Lunga più di 60 metri, in grado di ospitare 36 uomini tra equipaggio e scienziati, è stata oggi teatro di un convegno, al Porto di Civitavecchia, che ha radunato il presidente del Cnr, Luigi Nicolais, gli amministratori della società armatrice Sopromar e i ricercatori. Enrico Brugnoli, direttore del Dipartimento scienze del sistema della Terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr,è a bordo della nave, ove si è appena concluso il convegno e spiega a ilSussidiario.net l’importanza dell’attività svolta della nave. «Numerosi scienziati hanno potuto avvalersene per contribuire in misura fondamentale al sistema della ricerca italiano sul fronte dell’oceonografia e della geologia marina. Allestita e messa in mare dal Cnr 20 anni fa, è utilizzata da ricercatori non solo del Cnr, ma anche di altri enti e università; nel complesso, ha reso possibile proiettare l’eccellenza della ricerca italiana a livello internazionale». Ecco, tra le innumerevoli, alcune delle missioni portate a termine: «ha reso possibile la scoperta, all’interno del Mediterraneo, di enormi laghi salati, concentrazioni marine con un tasso si salinità tale da rendere impossibile la vita; svolge costantemente attività di ricerca sui rischi presenti sulle coste o in mare tali da poter determinare crolli sottomarini o tsunami. Il professor Francesco Chiocci, dell’Università di Roma, ad esempio, guida il progetto MaGIC per la mappatura sistematica dei margini continentali italiani per la definizione dei georischi marini in collaborazione con la Protezione civile. Il Mediterraneo, infatti, essendo una zona relativamente giovane è particolarmente esposta a tali e rischi. Ma è possibile contribuire alla loro prevenzione conoscendo le caratteristiche profonde di questa zone». Non solo: «ha consentito, inoltre, la mappatura dell’eruzione dello Stromboli, così come della mappatura completa di tutto il Mare Adriatico». A bordo, ovviamente, ci sono macchinari all’avanguardia. «Dispone, infatti, di strumentazioni per studi sismici, per la badimetria profonda o superficiale, per lo studio dei fondali, per la stratificazione delle rocce depositate sul fondo e per l’evoluzione tettonica dei fondali. Abbiamo strumenti a multiraggio in grado di scandagliare il mare profondo, paragonabili a potenti radar o sonar». Il lavoro, del resto, non manca: «Conosciamo meglio la superficie di Marte che i nostri fondali marini». IlSussidiario.net ha colloquiato anche con il comandante della nave anch’egli, ovviamente, a bordo. Emanuele Gentile ci spiega: «Per guidare una nave del genere non basta amare il mare; ci vuole un surplus di dedizione».
Non solo e non tanto per i lunghi periodi trascorsi non vedendo altro che cielo e mare («le nostre campagne durano, mediamente, 20 giorni. E stiamo in mare, mediamene, 330 giorni all’anno») quanto per il fatto che l’Urania «si conduce in maniera sostanzialmente diversa da qualunque altra imbarcazione perché è necessario saper interagire costantemente con il gruppo scientifico al servizio del quale è posto l’equipaggio. Il che si impara con l’esperienza».
(P.N.)