Due gruppi di ricerca appartenenti al Cnrs e all’Università di Strasburgo, guidati da Bernard Doudin e Nicolas Giuseppone, sono riusciti a fabbricare fibre polimeriche fortemente conduttrici. Si tratta di nanofili, oggetto di un brevetto recentemente depositato dal Cnrs, che si auto-costruiscono sotto l’azione di un flash luminoso. Estremamente più facili da manipolare rispetto ai più noti nanotubi di carbonio, possiedono proprietà elettriche simili a quelle dei metalli, ma sono leggeri e flessibili in quanto polimeri. Ecco perché potrebbero rivelarsi i candidati ideali per fare un grande passo avanti in una delle più entusiasmanti sfide scientifiche del XXI secolo: la miniaturizzazione dei componenti elettronici fino alla scala nanometrica (cioè dei miliardesimi di metro).



La scoperta è stata pubblicata il 22 aprile scorso nell’edizione on line della rivista Nature Chemistry ed è nata grazie alla collaborazione di due gruppi di ricerca entrambi di Strasburgo (Francia), come dice a Ilsussidiario.net Silvia Zanettini, cofirmataria dell’articolo e attualmente a Strasburgo per svolgere la tesi di dottorato nel campo dell’elettronica molecolare.



«La ricerca nasce nel 2010 quando Nicolas Giuseppone e i suoi colleghi dell’Istitut Charles Sadron (Ics) di Strasburgo riescono a ottenere i nanofili per la prima volta in soluzione. Per ottenerli modificano chimicamente le “triarilammine”, molecole già utilizzate da alcune decine d’anni nel processo di fotocopiatura Xerox. Con loro grande sorpresa osservano che le triarilammine modificate, immerse in soluzione ed esposte alla luce, s’impilano spontaneamente in maniera regolare per formare delle fibre. Queste fibre, lunghe qualche centinaio di nanometri, sono costituite dall’assemblaggio “supra-molecolare” di qualche migliaio di molecole».



I ricercatori hanno in seguito iniziato lo studio delle proprietà elettriche delle nanofibre in collaborazione con l’équipe di Bernard Doudin dell’Institut de Physique et Chemie des Matériaux de Strasbourg (IPCMS). Per farlo hanno messo in contatto le triarilammine con un microcircuito (o meglio, nanocircuito) elettronico costituito da due elettrodi metallici separati da una distanza di circa 100 nanometri. «A questo punto, ecco il risultato davvero sorprendente: grazie all’applicazione di un campo elettrico tra i due elettrodi e a un breve irraggiamento di luce ultravioletta, le fibre si auto-assemblano, unicamente tra i due elettrodi. Per di più si dimostrano in grado di trasportare una densità di corrente elettrica straordinaria, superiore a 2·milioni di Ampère per centimetro quadrato. E la resistenza di contatto metallo-fibra è incredibilmente bassa».

Tali misure sono state possibili grazie alla presenza all’Ipcms di un’avanzata piattaforma di nanofabbricazione (STnano), sviluppata e potenziata negli ultimi anni da Bernard Doudin. STnano è costituita da una camera bianca di 180 mq, oltre a un laboratorio completamente dedicato alla litografia elettronica, ed è dotata di tutti gli strumenti necessari per la produzione di dispositivi fino alla scala di qualche decina di nanometri.

«Il problema principale durante le varie fasi della ricerca è stato convincersi della bontà di risultati così fuori dal comune; e, in secondo luogo, convincere gli scienziati chiamati a giudicare il lavoro (i referee delle riviste scientifiche). Il processo di pubblicazione di tale scoperta è stato piuttosto lungo e tortuoso. Personalmente sono arrivata a corsa già iniziata e il mio contributo è stato importante per corredare la ricerca di numerosi esperimenti supplementari che fossero in grado di fugare i dubbi che una scoperta così “fuori dall’ordinario” inevitabilmente suscita».

Le prospettive applicative dei nanofili (chiamati anche STANWs, “Supramolecular Triarylamine NanoWires”) aprono una nuova via nell’approccio bottom-up della creazione di dispositivi elettronici. «La comodità di un processo da soluzione, la possibilità di controllare il self-assembly mediante uno stimolo luminoso e il fatto che il processo di costruzione delle fibre sia autolimitante e sia in grado di arrestarsi una volta a contatto con un secondo elettrodo metallico sono tre caratteristiche che ci fanno sognare un salto di qualità evidente nella semplificazione della produzione di circuiti nanoelettronici ibridi».

Tuttavia manca ancora una spiegazione fisica dettagliata di come sia possibile un tale livello di conducibilità elettrica. Per ora l’ipotesi più plausibile che giustifichi una resistenza così bassa è legata alla probabile elevata densità di portatori di carica contenuti nelle fibre, all’estesa delocalizzazione delle funzioni d’onda lungo l’impilamento molecolare e alla stretta condivisione di quest’ultime con l’elettrodo metallico. C’è ancora tanto lavoro da fare, questo non è che l’inizio!».