Forse non tutti i sofferenti di asma sanno che, se utilizzano con beneficio uno strumento chiamato Niox Mino per misurare i livelli di monossido di azoto nel respiro, devono ringraziare gli esperimenti condotti negli anni scorsi sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). L’apparecchiatura, infatti, è stata sviluppata dalla società svedese Aerocrine e dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea) a seguito dei positivi risultati del’esperimento NOA (Nitric Oxide Analyzer) condotto fin dal 2006 dagli astronauti a bordo della ISS per conto del dipartimento di fisiologia e farmacologia del Karolinska Institutet di Stoccolma.

Il monossido di azoto è un gas sia buono che cattivo: si trova quasi ovunque come inquinante dell’aria ma in piccoli quantitativi può anche essere rilasciato localmente in tessuti infiammati del corpo umano: rivelarne le tracce può essere un modo per individuare la presenza di malattie. Nei soggetti asmatici, ad esempio, l’infiammazione ai polmoni fa aumentare il monossido di azoto esalato: misurarlo può quindi favorire la diagnosi e prevenire gli attacchi regolando opportunamente i farmaci.

Ma l’NO è una molecola interessante anche sulla Stazione Spaziale: la polvere e le piccole particelle fluttuanti in assenza di gravità, possono essere inalati dagli astronauti e innescare delle infiammazioni. Inoltre, gioca un ruolo rilevante nella sindrome da decompressione che può insorgere dopo le passeggiate spaziali. Ecco allora il valore degli esperimenti in proposito, con i conseguenti sviluppi medici.

Questo è solo uno dei tanti esempi dei risultati più che lusinghieri dell’attività scientifica condotta sulla ISS: se ne è discusso nei giorni scorsi a Berlino in un simposio internazionale dedicato proprio alla rassegna dei benefici per l’umanità derivanti dalle ricerche condotte in orbita. Le agenzie spaziali dei cinque partner della ISS (Stati Uniti, Russia, Canada, Europa e Giappone) si sono confrontati con centri di ricerca e aziende interessate all’attività scientifica sempre più intensa resa possibile dalle speciali condizioni presenti a bordo dei moduli che compongono la Stazione orbitante. Per rendersi conto delle potenzialità scientifiche della ISS basti pensare – come ha detto il portavoce dell’ESA Franco Bonacina – che «dal 2009 ad oggi soltanto sul modulo europeo Columbus sono stati condotti 104 esperimenti, selezionati da centinaia di proposte. Non creiamo fabbriche nello spazio, ma le ricerche condotte in orbita possono aiutare le fabbriche sulla Terra a produrre meglio».

Due sono i principali capitoli che riassumono i risultati più importanti e le ricerche di interesse più generale: l’ambito biomedico e quello della tutela ambientale.

Nel primo, oltre all’esempio già citato, troviamo una serie di ricerche che potranno accelerare e potenziare lo sviluppo di nuovi vaccini: come quelli contro la salmonella o contro il batterio noto come MRSA, lo Stafilococco aureo meticillino-resistente.

Un altro risultato di rilievo è stato il robot chirurgico neuroArm, sviluppato dall’Agenzia Spaziale Canadese, specializzato nell’eseguire delicati interventi di neurochirurgia operando sul cervello di un paziente posto all’interno di una macchina per la Risonanza magnetica. Ormai dal 2008 neuroArm funziona egregiamente e da allora ha operato decine di pazienti; mentre si sta passando al collaudo di un modello evoluto, dotato di due braccia robotiche che può intervenire su dettagli più fini, visti attraverso l’imaging tridimensionale.

Poi c’è il grande capitolo della purificazione dell’acqua: gli avanzati sistemi di filtrazione e purificazione operanti sulla ISS offrono, e hanno già offerto, interessanti opportunità di applicazione per l’approvvigionamento di questa fondamentale risorsa che è tuttora drammaticamente carente in molte parti del mondo.

Sul versante ambientale è abbastanza evidente che la Stazione Spaziale si trova in una condizione unica per osservare gli ecosistemi terrestri e già diverse apparecchiature sono state applicate internamente ed esternamente alla Stazione per monitorare il Pianeta e segnalare in tempo reale situazioni di allarme.  

Il settore che più attira l’attenzione del mondo scientifico è quello degli studi sul cambiamento climatico, che richiedono una quantità di dati e informazioni crescenti per poter elaborare modelli attendibili e utili per orientare le azioni di mitigazione e adattamento. Ma c’è anche un programma speciale, l’Uragan Program, affidato al segmento russo della ISS, che utilizza le immagini digitali per studiare le risorse naturali del Pianeta e per monitorare catastrofi sia naturali che provocate dall’azione umana.

E per portare l’interesse direttamente sul nostro Paese, ci sono le magnifiche e precise fotografie della Laguna di Venezia scattate dalla ISS che da qualche anno danno un contributo importante alla costruzione all’aggiornamento del progetto Atlante della Laguna, una banca dati di informazioni sull’ambiente lagunare, basata su un GIS (Geographic Information System) che fornisce informazioni sul clima, sugli ecosistemi, sull’idrologia e sugli impatti umani.

Al Simposio di Berlino è emersa l’esigenza di un maggior coordinamento e di un approccio sempre più unitario a questi temi; in questa prospettiva è stato incentivato il lavoro di una struttura appositamente costituita: l’International Space Exploration Coordination Group (ISECG) che raggruppa 14 agenzie spaziali (tra cui l’italiana ASI) allo scopo di sviluppare scenari e roadmaps comuni anche sui tempi lunghi.