A Milano una mostra sulla “domesticazione” delle piante; a Roma un convegno nella Sala Capitolare del Senato; in tutto il mondo una serie di iniziative dedicate al meraviglioso universo vegetale, che culmineranno il 18 maggio con il primo “The Fascination of Plants Day”: un evento internazionale che avrà luogo in 39 paesi, tra cui l’Italia, sotto l’egida dell’European Plant Science Organization (Epso). Più di 450 istituzioni sono coinvolte nell’organizzazione di eventi con l’obiettivo di mostrare al maggior numero di persone quanto sia affascinante il mondo delle piante; e di far risaltare, al contempo, l’importanza che la ricerca nell’ambito della Biologia Vegetale riveste per l’agricoltura, per la produzione di cibo in modo sostenibile, così come per l’orticoltura, la silvicoltura, per tutti i prodotti non-food quali carta, legno, prodotti chimici, energia e prodotti farmaceutici; come pure per la conservazione dell’ambiente.



Della mostra “E l’uomo ‘creò’ le sue piante”, realizzata dai gruppi di ricerca dell’Università e del Cnr (Istituto di Biosintesi e Biotecnologie Agrarie, Milano), parliamo col professor Carlo Soave, ideatore dell’esposizione e uno dei promotori del “Fascination of Plants Day” milanese.

«Tra 12.000 e 9.000 anni fa, indipendentemente e in diverse regioni del globo, dal vicino oriente, alla Cina, all’America centrale e meridionale, all’Africa, piccoli gruppi di nostri antenati da cacciatori-raccoglitori diventano agricoltori. Per molti millenni il clima era stato molto ostile ma, intorno a 19.000 anni fa, i ghiacci (glaciazione di Würm) cominciavano a ritirarsi, la temperatura cominciava a risalire e ampie aree si stavano ricoprendo di vegetazione. Per i nostri antenati si aprivano nuovi territori da esplorare e nuove possibili risorse di cibo: particolarmente ricercati erano i semi delle piante erbacee perché ricchi di amido e proteine. Il clima temperato e umido fu però interrotto da un breve (geologicamente parlando) periodo ancora freddo e siccitoso, il Dryas recente (tra 12.500 e 11.500 anni fa) che favorì il ritorno delle steppe fredde e la prevalenza di specie vegetali erbacee come le graminacee con semi annuali capaci di resistere a lunghi periodi siccitosi e germinare solo col ritorno delle piogge».



Era necessario in questo periodo raccogliere i semi nella stagione buona, conservarli per avere cibo durante l’inverno quando le fonti alimentari scarseggiavano e seminarli con l’inizio della nuova primavera per assicurarsi cibo per l’inverno successivo. È l’inizio di una grande rivoluzione nella storia umana, la rivoluzione neolitica: con la scoperta dell’agricoltura dal nomadismo si passa alla stanzialità del villaggio, si ottengono più abbondanti e stabili fonti di cibo, si creano nuovi utensili, nuovi stili di vita, una nuova cultura, inizia la storia moderna.

Ma in pratica in cosa è consistita la scoperta dell’agricoltura? «L’inizio dell’agricoltura dipende da due fattori fondamentali: la disponibilità di piante “domesticate”, cioè adatte alla coltivazione e alla preparazione del cibo e la “cultura della coltivazione”. Coltivazione e domesticazione delle piante non sono la stessa cosa: la coltivazione richiede la consapevole preparazione del terreno, la semina, l’irrigazione, l’eliminazione delle infestanti, il raccolto. È un’attività che richiede quindi conoscenze e tecnologie che nell’insieme costituiscono una cultura completamente diversa da quella dei cacciatori-raccoglitori. La domesticazione invece è il processo di scelta di quei caratteri presenti, ma rari, nelle popolazioni di piante selvatiche che trasformano le piante selvatiche in “domestiche”».



Soave ci spiega che le piante selvatiche inizialmente raccolte dai nostri antenati non erano per nulla adatte alla coltivazione. Nell’ambiente naturale le piante provvedono alla loro propagazione lasciando cadere a terra spontaneamente i semi a maturità. Ciò è molto negativo per il “raccoglitore” che deve cercare i semi frugando nel terreno, ma ancora di più lo è per l’agricoltore che, accingendosi alla mietitura, trova che la gran parte del raccolto è già stato disperso nel terreno. Spesso i semi sono anche ricoperti da involucri legnosi che li proteggono dagli animali, ma ovviamente rendono difficile il consumo da parte dell’uomo. Le piante selvatiche poi sono adattate a leggere le stagioni e il clima; i semi restano “dormienti”, cioè non germinano, magari anche per anni, fino a che non si realizzano le condizioni adatte: spesso poi devono aver sperimentato un periodo freddo (l’inverno) prima di germinare in modo da “sapere” che è in arrivo la bella stagione.

«Questi caratteri sono geneticamente determinati nelle popolazioni naturali, ma di tanto in tanto si manifestano mutazioni che li modificano: piante che trattengono i semi e non li disperdono, semi “nudi”, ecc. Chiaramente sono mutazioni sfavorevoli per la vita in ambiente naturale, ma molto desiderate dai nostri primitivi raccoglitori/agricoltori che scelgono questi “varianti” naturali e li utilizzano per le semine successive. Si generano quindi piante “domestiche” che da una parte soddisfano i nostri desideri, ma dall’altra parte perdono la loro capacità di sopravvivere allo stato naturale: diventano cioè totalmente dipendenti dall’uomo per la loro sopravvivenza».

Questa è, in breve, la storia della “domesticazione” del frumento, dell’orzo, del mais, del pomodoro, che si potrà vedere, con l’esposizione delle specie selvatiche tuttora viventi e dei vari stadi di domesticazione, dal 18 maggio a fine giugno a Milano presso l’Orto Botanico di Cascina Rosa e presso l’Orto Botanico di Brera.

Ma nel “Fascination of Plant Day” lombardo non c’è solo la domesticazione delle piante. Ci saranno visite guidata alle aree verdi cittadine, un concorso di disegno per gli alunni delle scuole primarie, un altro concorso presso Parco Tecnologico Padano di Lodi; laboratori didattici interattivi presso l’Orto Botanico di Cascina Rosa e il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, visite guidate alla collezione di vitigni presso il Centro di Ricerca, Formazione e Servizi della vite e del vino di Riccagioia (PV); e poi conferenze e seminari.

«Oltre a queste iniziative, abbiamo anche realizzato una presentazione come strumento di promozione. Abbiamo invitato gli appassionati di piante a inviarci diapositive sui vegetali e con le bellissime foto di piante e le argomentazioni scientifiche ricevute da tutto il mondo abbiamo preparato una emozionante presentazione sulle piante e sulla Scienza delle piante. La presentazione, accompagnata dalla musica composta da Walter Bassani, è ora disponibile anche sotto forma di filmato scaricabile dalla rete».

Una giornata insomma per ricordare a tutti «come sono belle le piante, come portano il colore nella nostra vita e come sono utili: ci danno l’ossigeno che respiriamo ogni secondo della giornata!».

 

(Michele Orioli)