Buona parte degli esperimenti per lo studio dei materiali e delle molecole, al giorno d’oggi, utilizzano come sonde fasci di onde elettromagnetiche, principalmente in uno spettro di frequenze che varia dalla luce infrarossa (lunghezze d’onda dell’ordine dei micron) ai raggi X (lunghezze d’onda di pochi nanometri). In questi esperimenti i fasci di fotoni vengono fatti incidere sul campione e, a seconda di come il fascio interagisce con esso, i fisici riescono a risalire alle proprietà strutturali, ottiche ed elettroniche del materiale studiato.



Con l’avanzare della raffinatezza degli esperimenti è in continuo aumento anche la richiesta di sorgenti di “luce” dalle performance sempre migliori: sono richieste sorgenti molto intense, monocromatiche, delle quali sia possibile scegliere la lunghezza d’onda su uno spettro ampio. In molti esperimenti è richiesto anche che il fascio luminoso sia “coerente”, cioè che i fotoni siano in fase tra loro, e polarizzato. Inoltre, la possibilità di avere sorgenti impulsate, cioè che emettono impulsi di luce molto brevi (anche pochi femtosecondi, cioè milionesimi di miliardesimo di secondo) ha aperto la strada a esperimenti volti a studiare la dinamica dei sistemi con incredibile risoluzione temporale, cioè permettendo di “fotografare” il sistema a intervalli di tempo così brevi e precisi che è possibile seguire l’evoluzione di processi ultra-veloci come singole reazioni chimiche o stati di non-equilibrio.



Mentre per la regione infrarosso-visibile-UV i laser sono in grado di soddisfare l’esigenza di sorgenti monocromatiche, coerenti e impulsate, nella regione dei raggi X sono disponibili sorgenti da laboratorio che sfruttano l’emissione di certi materiali a frequenze ben precise, e quindi non regolabili in lunghezza d’onda, non coerenti e non impulsate. Per avere le caratteristiche desiderate i fisici devono quindi ricorrere all’uso dei sincrotroni, macchine di grandi dimensioni che sfruttano il moto degli elettroni per generare fasci di luce coerente della lunghezza d’onda desiderata, e, negli ultimi anni, dei laser a elettroni liberi, capolavori d’ingegneria che permettono di generare brillantissimi impulsi luminosi monocromatici (uno di questi, FERMI, è entrato in funzione da pochi mesi in Italia, presso il laboratorio ELETTRA a  Trieste). Tuttavia, il sogno di una sorgente da laboratorio (cioè di piccole dimensioni) di raggi X impulsati e di largo spettro rimane fino ad oggi irrealizzato.



Un interessante passo avanti in questa direzione è stato recentemente reso noto su Science da un’equipe di scienziati della University of Colorado di Boulder. Il gruppo riporta come facendo incidere un intenso fascio impulsato di fotoni infrarossi su un gas (Elio) ad alta pressione (circa 20 atm), il sistema reagisca emettendo impulsi di raggi X ancora più brevi di quelli incidenti e di intensità sufficiente da poter essere considerata una sorgente per esperimenti di laboratorio.

Il fenomeno descritto si basa su un processo conosciuto da tempo, la generazione di armoniche superiori (High Harmonic Generation, HHG). «Proprio come la corda di un violino o di una chitarra emette anche armoniche superiori della propria frequenza fondamentale quando viene pizzicata con forza, così un atomo può emettere armoniche superiori alla fondamentale quando pizzicato violentemente da un impulso laser» spiega Margaret Mournane, che ha coadiuvato Henry Kapteyn nel guidare il gruppo. Il problema è che, per frequenze nello spettro dei raggi X e in condizioni standard, il fenomeno accade con intensità bassissime e non era finora stato considerato come una possibile sorgente di radiazione X impulsata utilizzabile in laboratorio, quanto piuttosto come una curiosità, senza uno studio approfondito che potesse descriverlo e spiegarlo in modo esauriente.

Tuttavia Mournane, Kapteyn e i loro studenti hanno intuito le potenzialità dell’HHG e hanno deciso di studiarlo sistematicamente variando numerosi parametri quali la frequenza del laser incidente, la specie di gas eccitato, la lunghezza della camera di eccitazione che contiene il gas e la pressione al suo interno. Già dagli anni ’90 erano riusciti a ottimizzare un sorgente impulsata basata sull’HHG nella regione UV, ma l’obiettivo equivalente nella regione X era ancora lontano e richiedeva una comprensione più profonda del fenomeno, che considerasse non solo il comportamento di un atomo singolo eccitato dall’impulso laser (modello microscopico), ma anche il comportamento collettivo degli atomi e degli elettroni all’interno del gas compresso (modello macroscopico), che ad alte pressioni non può essere trascurato ed è anzi alla base delle nuove scoperte.

 

 

Questo approfondimento ha richiesto svariati anni di ricerca sia teorica che sperimentale, costellati dalla scoperta di sorprendenti aspetti della natura che hanno stupito gli studiosi e li hanno spinti a continuare, come ad esempio il fatto che i valori di pressione del gas che massimizzano il “phase-matching” dell’emissione collettiva degli atomi (e che permettono quindi la generazione di un impulso breve ed intenso) sono anche i valori che ottimizzano l’auto-confinamento dell’impulso laser incidente. Dallo studio è nata la consapevolezza che, per avere una emissione significativa nei raggi X, avrebbero dovuto puntare su un laser di eccitazione a maggiore lunghezza d’onda (infrarosso) ed elevata potenza.

Il gruppo decise quindi di rivolgersi ai costruttori del più potente laser impulsato infrarosso a disposizione, cioè al gruppo guidato da Andrius Baltuška all’Istituto di Fotonica della “Vienna University of Technology”, Austria. Trasportato il loro apparato a Vienna, i ricercatori hanno potuto testare e verificare le loro ipotesi, giungendo fino al traguardo sperato di una sorgente impulsata con uno spettro quasi continuo dall’UV ai raggi X.

Certamente una storia interessante non solo per i risultati scientifici (la maggiore comprensione del fenomeno HHG) e applicativi (la realizzazione di una sorgente X che potrà essere utilizzata da fisici, chimici e bio-chimici), ma perchè esempio di un percorso conoscitivo arduo ma affascinante, che ha coinvolto numerosi professori e studenti e che ha spinto a collaborare diverse istituzioni (oltre ai gruppi citati, hanno collaborato alla ricerca anche la Cornell University e l’università di Salamanca, co-autori dell’articolo). Più volte, nelle interviste rilasciate dopo la pubblicazione, gli autori non riescono a nascondere lo stupore nell’imbattersi nella realtà che si svela gradualmente ai loro occhi: «Ciò che i risultati sperimentali suggerivano sembrò troppo bello per essere vero! Sembrava che Madre Natura avesse predisposto, nel modo più semplice e bello, tutta la fisica microscopica e macroscopica» dice Tenio Popmintchev, primo autore dell’articolo. Nello stesso articolo su Science, cosa non comune, si incontrano espressioni come «[il processo] è reso possibile da una notevole convergenza di leggi fisiche favorevoli», oppure «Una seconda coincidenza estremamente favorevole di ottica non-lineare…», che lasciano intravedere, tra le righe del rigoroso linguaggio scientifico, l’intensa sorpresa che ha accompagnato gli scienziati durante questi anni di studio.