Capita a tutti di voler fare una fotografia col il cellulare in una circostanza importante e di ottenere un’immagine non ben definita a causa del tremolio della mano. Ebbene, presto questo inconveniente sarà superato grazie ai sistemi di Optical Image Stabilization installati su sistemi delle dimensioni di pochi millimetri collocati a bordo dello smartphone. Uno speciale sensore non solo misura la velocità lineare e angolare con la quale l’apparecchio viene spostato o ruotato, ma al tempo stesso rileva accuratamente movimenti impercettibili come il tremolio della mano che rovinerebbe la fotografia e contribuisce a stabilizzare l’immagine. Ciò avrà impatto non solo nel campo consumer, consentendo a tutti di fare fotografie meno mosse col cellulare, ma anche in tante applicazioni di image processing in campo industriale.
È una delle tante promettenti prospettive della seconda generazione dei MEMS, Micro Electro-Mechanical Systems, ovvero le micro macchine costruite utilizzando le stesse apparecchiature e procedure usate nelle microelettronica ma per arrivare a sistemi meccanici di dimensioni ridottissime. La nuova ventata tecnologica che sta investendo il settore è all’insegna dell’integrazione e un ambito dove si stanno registrando considerevoli sviluppi è quello dei sensori di movimento che diventano sempre più intelligenti.
«Da tempo – dice Pietro Di Grazia, Technical Marketing Engineer di STMicroelectronics – sappiano realizzare dispositivi MEMS utilizzabili come sensori di movimento, tipicamente accelerometri e giroscopi. La novità è la roadmap tecnologica che prevede l’integrazione di più sensori in un unico sistema; è il caso di iNEMO, iNErtial MOdule, che nella sua accezione più precisa individua un giroscopio più un accelerometro integrati in un unico sistema».
Quindi si tratta di integrare in uno stesso package dei prodotti che finora erano inseriti su una singola scheda. «Si passa gradualmente dal concetto di System on Board a quello di System in Package. L’idea dei due sensori su un package si può estendere per contemplare l’integrazione di più sensori, fino alla possibilità, a medio termine, di avere una capacità computazionale interna come un processore o un microcontrollore che può trovare spazio all’interno dello stesso sistema.
All’orizzonte c’è il traguardo del modulo intelligente (smart system), con un insieme di prerogative quali: l’integrazione di strutture micromeccaniche, la capacità di processamento, la comunicazione wireless e l’autonomia interna. Questi moduli intelligenti saranno quindi i nodi di una rete wireless, che troverà una varietà di applicazioni in diversi campi».
L’integrazione è resa possibile dagli avanzamenti tecnologici che permettono di realizzare delle strutture più piccole e più complesse: «Uno sviluppo che non segue più la ben nota legge di Moore, che era basata sulla periodica diminuzione dei parametri di base tipici della tecnologia utilizzata. Si parla piuttosto della legge “more than Moore”, cioè dell’arricchimento di un dispositivo elettronico in silicio con dispositivi che implementano funzionalità diverse e di alto valore aggiunto, rappresentate in questo caso da micro fabbricazioni meccaniche che sono l’anima dei sensori Mems».
Quando parliamo di “micro” ci riferiamo, per avere un’idea quantitativa, a oggetti con delle dimensioni dell’ordine dei 3×5 mm; quindi i package in questione sono paragonabile a quei dispositivi che oggi ospitano al loro interno un unico tipo di sensore; ora invece si possono progettare oggetti che in queste stesse dimensioni ospitano più sensori.
Ma stiamo parlando solo di prospettive future o di realtà attuale? Quelli che Di Grazia ha illustrato nei giorni scorsi alla Sensor & Process Instrumentation, organizzata da Fiera Milano Media, «sono oggetti in fase di sviluppo e che nel medio termine verranno lanciati sui mercati. La soluzione più prossima a trovare applicazione è probabilmente quella che integra un accelerometro e un giroscopio su schede di dimensioni sempre più piccole e con funzionalità sempre più sofisticate».
È il mercato consumer quello più direttamente coinvolto da questo tipo di innovazioni: i sensori integrati avranno il loro campo di impiego nei vari dispositivi mobili, smartphone e tablet; ma si sta già pensando anche a possibili applicazioni industriali nella robotica, nell’automotive e nella factory automation in genere.
E ci si può spingere anche più in là nelle possibilità applicative. «Sono allo studio sistemi come i BMR, Body Motion Reconstruction, che ricostruiscono sul video il movimento di un corpo per poterlo analizzare, elaborare , correggere; il package, come abbiamo detto, è molto piccolo e quindi facilmente applicabili sul corpo umano per interessanti applicazioni in campo terapeutico, riabilitativo; ma anche ludico e artistico e in tante simulazioni robotizzate. Basti pensare ai film di fantascienza, come Avatar, che ha sperimentato sistemi del genere».
Poi ci sono tutte le applicazioni di “navigazione”: dalla più diffusa, relativa alla guida automobilistica, dove i sensori accelero metrici già governano l’impiego dell’airbag, ma dove l’integrazione di altri sensori potrebbe incrementare la sicurezza passiva, attuare il controllo della stabilità prevenendo gli sbandamenti, agendo da assistente alla navigazione, ad esempio in casi di mancanza di visibilità; fino alla navigazione indoor, utile per rintracciare persone all’interno di grandi edifici.
Infine, «sensori più sensibili potranno essere impiegati per il monitoraggio dei processi di smottamento dei terreni. Abbiamo allo studio applicazioni dove dei cluster di sensori messi nel terreno e collegati wireless possono leggere smottamenti anche molto piccoli e dare un quadro dettagliato dei fenomeni tellurici in atto, permettendo alle popolazioni di mettersi al riparo tempestivamente».
(Michele Orioli)