Particella di Dio, ci risiamo. Dopo l’annuncio di qualche mese fa, che aveva suscitato grandi aspettative, gli studiosi del Cern potrebbero questa volta aver raggiunto l’obbiettivo. Allora, come si sa, non si trattò della scoperta effettiva, ma dell’annuncio che gli studi in corso stavano portando a questo obbiettivo, allora la precisione statistica non era stata giudicata abbastanza significativa. Si tratta di una particella, detta Bosone di Higgs dallo scienziato Peter Higgs che nel 1964 aveva annunciato la sua esistenza, una particella che spiegherebbe come ogni cosa nell’universo abbia una massa. Annunciata, studiata e definita in astratto, ma mai provata realmente. Domani invece l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare dovrebbe annunciare la sua esistenza ufficiale. Ecco allora l’ultima particella elementare del modello standard della fisica non ancora osservata con un esperimento. Attenzione perché nonostante il simpatico soprannome di “particella di Dio” non si tratta della particella che spiega la costituzione dell’universo. Il soprannome infatti venne dato proprio perché così difficile e quasi impossibile da osservare. Il 96% dell’universo secondo gli studi è infatti composto da materia ed energia oscura le cui composizioni risultano ancora ignote. La scoperta della particella comunque impone nuovi studi e nuove analisi rispetto ai modelli conosciuti fino ad oggi. Allo stesso tempo verrebbe rafforzata l’idea di universo come la conosciamo oggi. Ma il fatto che questa possa essere la volta buona lo dimostrerebbe il fatto che lo stesso Higgs, oggi 83 anni, si stia recando in persona a Ginevra per assistere domani all’annuncio. Allo stesso tempo c’è attesa per quanto potrà dichiarare l’astrofisica inglese Stephen Hawking che sostiene che il borsone di Higgs non esista. Domani finalmente sapremo chi aveva ragione. I dati che verranno presentati domani sono stati raccolti grazie a esperimenti fatti con l’acceleratore Lhc (larghe Hadron Collider), l’esperimento Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) e l’esperimento Cms (Compact Muon Solenoid). 



Grade attesa dunque: molte università italiane e a sede romana dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l’ente che contribuisce per l’Italia alla ricerca del Cern, faranno collegamenti video con Ginevra dalle 9 di domani mattina, intertamente aperti al pubblico.

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