La nuova particella c’è, l’attendibilità è elevata: cosa sia esattamente è ancora da scoprire. Questo un primo bilancio a caldo di questa giornata comunque storica per la fisica e per la scienza tutta. Una giornata che ha visto la comunità scientifica agganciata al webcast per il seminario tenuto al Cern di Ginevra dall’americano Joe Incandela e dal’italiana Fabiola Gianotti, i portavoce di CMS e ATLAS, due degli esperimenti del grande acceleratore LHC.
Gli ingredienti per un grande racconto scientifico ci sono tutti in questa vicenda che potrebbe passare alla storia come la scoperta del bosone di Higgs. A partire dalla denominazione, che abbina un termine non certo familiare con un tipico cognome britannico. Il termine bosone sta ad indicare un tipo di particelle diverse da quelle materiali più note, come elettroni e protoni, e che sono responsabili di come la materia interagisce o, come nel caso dell’Higgs, dell’esistenza stessa della massa di tutto ciò che c’è nell’universo.
Il cognome è quello dello scienziato inglese Peter Higgs, ormai 83enne, che per primo quasi mezzo secolo fa ha ipotizzato l’esistenza di tale particella e che oggi è volato a Ginevra, dove ha raccolto due caldi applausi, al suo ingresso nella sala e al termine del seminario; ma è stato un volo preliminare, in vista di quello ancor più emozionante, che potrebbe fare il prossimo dicembre a Stoccolma per la consegna del trofeo più ambito da tutti gli scienziati.
Se arriverà nella capitale svedese a ritirare il Nobel, non sarà però solo merito della sua intuizione e della sua capacità di teorizzare. Qui sta il secondo aspetto della storia. La lunga caccia alla particella, infelicemente battezzata “particella di Dio”, rappresenta una grande impresa collettiva, resa possibile da quella colossale istituzione che è il Cern e dal lavoro di migliaia di ricercatori in tutto il mondo. Non si può infatti definire il Cern un laboratorio: è un insieme di gruppi, le chiamano significativamente “collaborazioni”, che a Ginevra ma anche in diverse università e centri un po’ ovunque, uniscono la loro genialità sperimentale e la passione conoscitiva per cercare di ottenere un quadro sempre più chiaro della natura che ci circonda, a livello microscopico e macroscopico. I risultati oggi annunciati sono stati possibili anche grazie alle straordinarie caratteristiche di LHC, che ha funzionato magnificamente e ha prodotto negli ultimi due anni delle performance “stellari”, come ha detto Incandela, ottenendo collisioni con una “grande luminosità”, come ha detto Gianotti.
Altro elemento della storia è quello della competizione. Dall’altra parte dell’Oceano, al Fermilab di Chicago, i fisici che operano all’acceleratore Tevatron si sono affrettati a comunicare di aver avvistato per primi il bosone di Higgs. Si è trattato però di un avvistamento fugace, troppo debole per poter parlare di scoperta. D’altra parte al Tevatron l’energia massima raggiungibile è di un TeV (da cui il nome): a LHC si è arrivati a 4 TeV (Teraelettronvolt) per fascio di particelle che poi diventano 8 quando i due fasci si scontrano nei punti dove sono collocati gli apparati di misura. Ma la potenzialità di LHC è ancora maggiore e può arrivare a 14 TeV; alle misure in TeV non siamo abituati, ma per valutarli basterà pensare che quei valori equivalgono a centomila miliardi di volte la temperatura di una normale abitazione.
Non è mancata neppure la ormai inevitabile fuga di notizie, quando sul sito del Cern per errore è comparso un frammento di video dove Incandela annunciava i risultati degli esperimenti con due ore di anticipo sull’annuncio ufficiale; il video è subito stato tolto dalla rete.
Così si è giunti al momento tanto atteso, quando tutto si è condensato in due ore di seminario: un annuncio sobrio, un seminario in perfetto stile “da fisici”, con i coordinatori che hanno illustrato oltre un centinaio di slide, fitte di dati, grafici e immagini, interrotti solo sul finale dall’esplosione di un fragoroso applauso. I due hanno ripercorso passo passo l’attività svolta nell’ultimo anno di febbrili misure, di controlli, di elaborazioni statistiche, cercando di individuare e isolare le possibili fonti di errore.
Ed ecco il responso. Entrambi gli esperimenti hanno osservato, indipendentemente, una nuova particella con massa tra i 125 e 126 GeV con un livello di significanza di 5 sigma: è questo il livello considerato dalla fisica per ritenere confermata sperimentalmente una scoperta. La particella ha tutte le caratteristiche per essere considerata un bosone, il più pesante finora mai osservato, compatibile con quello ipotizzato da Higgs e che va a completare l’elemento mancante nel Modello Standard che descrive la costituzione elementare della materia.
«È una tappa eccitante ma ci serve ancora un po’ di tempo per preparare questi risultati per la pubblicazione, che prevediamo di completare per la fine di luglio». Questa affermazione della Gianotti non è espressione di modestia o per smorzare l’entusiasmo. È che bisogna intendersi su cosa significhi “scoperta” per i fisici delle particelle. Non è la visione improvvisa di un oggetto previsto del quale si può subito scattare la fotografia. È piuttosto la raccolta di misure accurate, la loro analisi statistica, il confronto puntuale con i modelli teorici.
In questo caso, ad esempio, ci sono ragioni valide per ritenere di aver effettivamente scoperto una nuova particella; il problema è di capirne meglio la natura. Alcuni elementi osservativi – come il fatto che ci sono più eventi del previsto –fanno riflettere e pongono interrogativi intriganti. È proprio il componente mancante del Modello Standard o è qualcosa di più esotico? Qualcosa che potrebbe gettare una nuova luce anche sulla nostra visione generale della materia che compone l’universo, della quale, ricordiamo, si conosce solo il 4%; il resto è tutto da scoprire.
Si comprendono allora le parole con le quali il direttore del Cern Rolf –Dieter Heuer ha concluso la mattinata: «questa è una pietra miliare, ma non è che l’inizio dell’avventura». È un modo di esultare un po’ speciale quello degli scienziati: non mancano l’entusiasmo e lo champagne ma si mescolano alla curiosità insaziabile, alla pazienza dell’analisi, a tante domande.