Nella settimana che precede l’inizio del Meeting di Rimini, fa un certo effetto leggere un libro come quello di Francesco Agnoli “Scienziati, dunque credenti” (Cantagalli): l’effetto è quello di richiamare alla memoria una delle mostre del Meeting di nove anni fa dominata dalla personalità e dalle idee di molti dei personaggi raccontati nel libro. La mostra “Cercatori della verità”, curata da Euresis, aveva come sottotitolo “Momenti del dialogo tra la Chiesa e gli scienziati” che ben si sposa col sottotitolo del testo di Agnoli “Come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale”.



Il tema della passione per la verità come movente della ricerca scientifica è il filo conduttore che accomuna i protagonisti del libro – così come lo era stato per quelli della mostra – tra i quali spiccano nomi molto noti, da Galileo a Mendel  a  Pasteur, accanto ad altri meno conosciuti al grande pubblico, come: Roberto Grossatesta, Niccolò Stenone, padre Francesco Denza, Augustin Cauchy, padre Angelo Secchi e molti altri. Una verità, prima ancora che “dimostrata” o “spiegata”, ricevuta e riconosciuta come dono, frutto della capacità di ascolto della realtà e di attenzione a tutti i particolari di una natura accostata con sguardo positivo, considerandola «non come una foresta di dèi, ma, al contrario, come l’opera di un Dio creatore, razionale e buono», quindi ricca di novità e di segni.



Con questo sottofondo, Agnoli dapprima ricostruisce le origini della scienza sperimentale, riconducendole a quella grande fioritura culturale e umana che ha percorso il Medioevo europeo. È l’epoca in cui «la Chiesa si impegna a combattere le superstizioni con rinnovata efficacia e con grande saggezza educativa»; e in cui emergono figure della statura culturale e scientifica di un Alberto Magno, di un Buridano, di un Tommaso D’Aquino. È l’epoca in cui si pongono le basi per il boom dell’astronomia moderna, che vedrà svettare Copernico, Keplero e Galileo; e in cui inizia il cammino delle leggi fisiche che, ricorda Agnoli citando lo storico Stanley Jaki, «non possono essere comprese all’interno del sistema di credenze antico, di stampo panteista, di Aristotele e di Platone. Per costoro infatti era impossibile formulare le leggi del moto, che presuppongono una natura priva di anima in cui, in condizioni simili, i corpi si comportano necessariamente in maniera simile».



Ampio spazio è dedicato a due argomenti “caldi”, come l’origine dell’universo e l’origine della vita, sui quali il confronto spesso è stato ed è tuttora aspro e spigoloso; ma più che di un confronto tra scienza e fede, qui si fronteggiano due visioni della realtà: una ideologica e chiusa e una libera e aperta.

Interessante anche il capitolo che rilegge la storia dell’elettricità, che è tutta contrassegnata dalle figure di grandi credenti: da Volta a Galvani, da Ampère a Faraday a Marconi. In un periodo dominato da positivismo e anticlericalismo, la loro esperienza religiosa dichiarata apertamente ha assunto il ruolo di testimonianza, superando radicate diffidenze ed evitando la tentazione di facili dualismi.

Sul finire del volume, non potevano mancare le note più pungenti, a tratti con toni un po’ forti, più del polemista che dello storico. Si parla degli “scienziati cattolici discriminati”: come Luigi Galvani, Paolo Ruffini e altri colleghi che persero la cattedra per aver rifiutato di sottoscrivere il giuramento giacobino anticristiano. E si accenna, ma è solo un cenno, ai Nobel mancati – forse per motivi ideologici – di personaggi come Nicola Cabibbo e Jérôme Lejeune (e qui c’è un altro nesso col Meeting 2012, che a Lejeune dedica una mostra).

Infine, è degno di nota l’inserto di una quindicina di pagine “Scienza e fede: una storia per immagini”, dove possiamo vedere i volti e leggere brevi tratti biografici di uomini di fede che hanno dato contributi rilevanti allo sviluppo delle varie scienze. Si va dai più lontani nel tempo, come, oltre ad alcuni già citati, padre Benedetto Castelli e fra Bonaventura Cavalieri, ad altri come padre Lazzaro Spallanzani, padre Eugenio Barsanti, don Giuseppe Mercalli, Francesco Faà di Bruno; a nomi celebri come Alexis Carrel e padre Georges Lemaître; infine a contemporanei come Carlo Rubbia, Marco Bersanelli, Francis Collins.

 

(Michele Orioli)

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