Secondo qualcuno l’eruzione del vulcano delle isole Santorini fu la causa del distruzione della mitica civiltà di Altantide, il continente scomparso che avrebbe occupato lo spazio attualmente occupato dalle migliaia di piccole isole che si trovano nel mare tra Grecia e Turchia. Di sicuro l’eruzione di 3600 anni fa distrusse la civiltà minoica ricoprendo sotto tonnellate di cenere e lava l’arcipelago di Santorini. Inattivo da circa sessant’anni (l’ultima eruzione registrata risale al 1950) il vulcano delle isole Santorini da qualche tempo sta facendo nuovamente parlare di sé. Eventi sismici e soprattutto la presenza di una enorme bolla magmatica al suo interno infatti preoccupano la comunità scientifica. Una nuova eruzione disastrosa è alle porte? Secondo i rilevamenti scientifici la bolla di magma dentro al vulcano avrebbe dimensioni pari a quindici volte lo stadio di Wembley a Londra dove si sono tenute le recenti olimpiadi e pari a dieci o anche venti milioni di metri cubici. Secondo il professor Puglisi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia della sede di Catania, contattato da Ilsussidiario.net, però, siamo davanti a una situazione diversa da quella che 3600 anni fa spazzò via una intera civiltà, quella minoica: “Quella attuale, da quanto risulta dagli studi in atto, è una attività simile a quella che lo ha caratterizzato negli ultimi mille anni. Dai dati a disposizione risulta infatti anche un sistema vulcanico diverso da quello di allora: si tratta di un vulcano che sta costruendo all’interno di questa grande caldera che si è costruita 3600 anni fa un sistema che ha già avuto una serie di eruzioni caratterizzate da una esplosività medio bassa che si è limitata all’interno dell’area della caldera stessa”. 



Professore, come vengono monitorati i vulcani normalmente e da cosa si capisce che un vulcano inattivo sta tornando a essere potenzialmente pericoloso? Bisogna fare una premessa: i vulcani hanno la caratteristica di presentare periodi di riposo più o meno lunghi relativamente al tipo di magma che eruttano. Quelli con un magma con particolare chimismo che si chiama basico o basaltico cioè povero di silice fanno eruzioni molto più frequenti rispetto a quelli che sono invece ricchi in silice.



Si può fare un esempio, per quanto riguarda i vulcani italiani? Certo: l’Etna ha un magma basaltico e infatti è spesso in eruzione mentre il Vesuvio o i Campi Flegrei hanno magma molto meno basaltico – si dicono acidi – con periodi di riposo molto più lunghi. 

Nel dettaglio, che tipo di monitoraggio si effettua? Ed è possibile anticipare la possibile prossima eruzione? Ogni vulcano merita un particolare tipo di sistema di monitoraggio, i sistemi di monitoraggio che vengono utilizzati in Italia sono tra i più sviluppati al mondo. Il monitoraggio è basato su un controllo continuo di alcuni parametri fisici quali la sismicità o le deformazioni del suolo ma anche chimici quali i gas rilasciati dai crateri sommitali o dal suolo. Si osservano poi le variazioni di campo magnetico e di campo gravitazionali che sono parametri che fanno sospettare il cambiamento di stato del vulcano.



Ma si può prevedere quando un vulcano inattivo tornerà ad essere attivo? Alla base di tutta la ricerca c’è una sinergia tra la attività di monitoraggio quotidiana e l’attività di ricerca finalizzata a capire questo o quell’aspetto della dinamica di un vulcano. La ricerca ci consente di dare un quadro generale all’interno del quale calare i dati quotidiani del monitoraggio.

E quindi?

Nell’Etna certi parametri sismici quali il cosiddetto tremore vulcanico è un ottimo precursore per darci una tempistica quasi certa di quando avverranno certi tipi di fenomelogia quali le fontane di lava che si sono viste dall’inizio del 2011. Ogni fontana è preceduta da un cambiamento del sistema del vulcano che ci consente di fare una previsione a brevissimo tempo parlo di ore ed è utilissima perché il sistema di protezione civile venga allertato. 

E in altri casi? Quando parliamo di altri vulcani la ricerca ci permette di capire che studiando le eruzioni passate come quelle di Santorini o anche quelle del Vesuvio,quali gli scenari ragionevoli ci fanno fare ipotesi su cosa ci aspettiamo nello stato fisico del vulcano. 

Per Santorini cosa si può dire allora? Nel caso di Santorini stiamo parlando di una attività che per come si sta manifestando sembrerebbe una attività simile a quella che lo ha caratterizzato negli ultimi mille anni. Santorini è certamente noto per l’attività di 3600 anni fa però stiamo parlando di un fenomeno molto diverso dai dati oggi a disposizione. Oggi abbiamo un vulcano che sta costruendo all’interno di questa grande caldera che si è costruita 3600 anni fa e che ha avuto una serie di eruzioni negli ultimi cinquant’anni tutte caratterizzate da una esplosività medio bassa che si è limitata all’interno dell’area della caldera. Non ha dato grandi pericoli all’esterno e questo è quello che si aspetta anche adesso.