C’è voluto il triste caso della bambina di Brescia per fare ritornare alla ribalta il tema delle cosiddette terapie cellulari e giungere alla costituzione, da parte del Ministero della Salute, di una tavolo di lavoro sugli studi e l’utilizzo in Italia delle cellule staminali mesenchimali a scopo terapeutico. Non è affatto chiaro quale debba essere la funzione di questo “tavolo” visto che per raccogliere le informazioni di cui si parla basterebbe un funzionario del Ministero. Ancora meno chiara la funzione del “board di saggi” che sembra lasciare intendere che gli altri ricercatori e clinici potrebbero essere classificati come “non saggi” vale a dire imprudenti o sconsiderati se non addirittura cretini.



È certo che il tema generale è ricco di sfaccettature e di aspetti tra loro distinti che vanno valutati su piani diversi di natura sia scientifica che strettamente medica oltre che etica e giuridica. E proprio il loro sovrapporsi può generare, a volte, confusione. C’è da augurarsi che questo tavolo ministeriale non sia una ulteriore struttura accanto alle molte esistenti e contribuisca a fare chiarezza su questi punti incrementando anche la corretta comunicazione soprattutto da parte degli addetti al lavoro. Per semplicità potremmo almeno riferirci ad alcuni punti critici.



Un primo fondamentale aspetto delle cosiddette terapie cellulari è che, contrariamente alle terapie classiche (con molecole chimiche/farmaci), in queste terapie è la “cellula” stessa ad essere considerata ed usata come farmaco. Ciò pone la assoluta necessità di conoscere il comportamento biologico delle cellule usate e tale conoscenza è ritenuta decisiva dalla autorità che deve regolamentarne l’utilizzo. Per esempio, alcuni criteri essenziali quali la “non tossicità” e la “provata efficacia terapeutica” presuppongono sia studi in vitro che in animale e successivamente la sperimentazione clinica nell’uomo.



A volte, informazioni sommarie o poco chiare hanno contribuito a generare confusione tra “sperimentazione clinica” e “cura”. Nel mondo, diverse tipologie di cellule staminali (di origine da adulto o ottenute da embrioni umani sacrificati) vengono utilizzate in sperimentazioni cliniche con il precipuo scopo di stabilire la loro sicurezza in rapporto alla loro efficacia terapeutica. Secondo il National Institute of Health (NIH) solo negli Stati Uniti dei ben 123 trial clinici (con cellule staminali mesenchimali) il 70 % è diretto a valutarne la sicurezza. Questi ed altri studi indicano chiaramente che le cellule mesenchimali rappresentano una enorme possibilità per la medicina sia riparativa che rigenerativa e probabilmente anche per tentare nuovi approcci di terapia antitumorale.

Se attualmente non consideriamo queste promettenti sperimentazioni cliniche, l’utilizzo delle staminali mesenchimali per “cure consolidate” appare ancora alquanto limitato. Un interessante esempio è quello del trapianto di staminali ematopoietiche (praticato da decenni) dove le staminali mesenchimali sono entrate nell’uso clinico per il loro ruolo immunosoppressivo che può essere utile in forme di malattia da trapianto contro l’ospite che siano refrattarie al trattamento con steroidi.

Sono molti i ricercatori italiani impegnati nella sperimentazione con staminali mesenchimali a vari livelli e la forte spinta alla ricerca clinica,che pure ogni giorno registra progressi, non deve mai trasformarsi in frettolosa e grossolana pubblicità di terapie ancora in studio. La ricerca basata sulla sperimentazione clinica rappresenta una tappa tanto fondamentale quanto iniziale e, anche quando confermata, deve essere seriamente confrontata con le altre eventuali terapie disponibili. Situazioni come quella di Brescia se non affrontate in modo chiaro e coretto non aiutano a lavorare in modo sereno e finiscono per accomunare buona ricerca clinica con tentativi approssimativi e ambigui a danno di chi lavora in modo serio.

Importante da questo punto di vista è anche la collaborazione tra associazioni di pazienti, ricercatori di base, clinici e responsabili della regolamentazione. Queste realtà devono tenere alta l’attenzione al valore della persona (il paziente ) sollecitando la burocrazia (perché che non ostacoli la ricerca seria) ma anche denunciando ogni euforica fuga in avanti. Il loro ruolo deve anche aiutare il realismo nel chiedere che vi siano risorse per la ricerca biomedica di base e clinica ma non vengano a mancare quelle per la riabilitazione e l’assistenza al malato e alle famiglie.

Occorre evitare che il termine “staminale” sia considerato magico, tale da produrre valore aggiunto a tutto ( dalle creme alle proposte terapeutiche non verificate). Anche il Committee for Advanced Therapies (CAT) che agisce a livello europeo nell’ambito dell’EMA(European Medicines Agency) è recentemente intervenuto su questa materia Essendo responsabile, tra le altre funzioni, della preparazione di documenti informativi circa la qualità, sicurezza ed efficacia dei nuovi prodotti medicinali per le terapie avanzate il CAT ha denunciato quello che ormai viene chiamato “turismo medico” e vede numerosi pazienti recarsi in cliniche (soprattutto nei paesi asiatici) per sottoporsi a terapie inefficaci, talvolta anche molto pericolose e molto costose per il paziente.

Un secondo aspetto fondamentale, che deve essere tenuto presente (e che ha originato il caso di Brescia) riguarda proprio la produzione delle cellule per uso terapeutico. Queste cellule, per le loro caratteristiche di uso, devono essere prodotte in condizioni e con processi particolarmente controllati e sofisticati. Ci sono organi deputati a verificare l’applicazione di queste regole molto rigide allo scopo di garantire adeguati criteri di sicurezza con particolare riferimento al rischio infettivo e tossicologico.

Anche il GISM ( Gruppo Italiano Staminali Mesenchimali) nato nell’ambito della Associazione Italiana di Colture Cellulari (AICC) da oltre tre anni raccoglie ricercatori italiani interessati allo studio delle cellule staminali mesenchimali e promuove incontri di formazione su questi temi caldi. Nato per rispondere a numerose urgenze emerse da convegni, giornate di studio, dibattiti esso è caratterizzato da un approccio interdisciplinare che raduna biologi, biotecnologi, medici e medici veterinari. L’uso terapeutico delle cellule staminali mesenchimali ha infatti trovato applicazione anche nella clinica veterinaria dalla quale sono venuti interessanti informazioni. Nel campo applicativo di queste nuove terapie con cellule mesenchimali appare infatti importante l’esperienza sperimentale condotta non solo nei piccoli animali da laboratorio, ma anche in animali a grossa taglia.