Si sente spesso parlare dell’importanza dei social network nella comunicazione politica. Molti osservatori sottolineano il successo della strategia di Obama alle presidenziali americane del 2008, o il ruolo di Twitter nell’organizzazione di movimenti di protesta come Occupy Wall Street (New York) e Indignados (Spagna) del 2011. Si tratta di fenomeni molto diversi fra loro, ma che stanno suscitando un crescente interesse nel mondo scientifico e stanno facendo emergere conoscenze che forse finora sono rimaste confinate a pochi esperti di campagne elettorali.
Un problema molto specifico, ma particolarmente rilevante in questo ambito, consiste nel sapere se messaggi elettorali diffusi su un social network abbiano o meno un effetto a valanga, in grado di mobilitare un vasto numero di persone attraverso la rete di contatti da utente a utente.
Recentemente la rivista Nature ha pubblicato uno studio che per la prima volta analizza e quantifica l’influenza sociale su un vastissimo campione di utenti di Facebook. Il gruppo guidato dal professor James Fowler dell’università di San Diego ha investigato la propensione degli individui ad andare a votare alle elezioni del Congresso degli Stati Uniti del 2010 in seguito a un messaggio su Facebook.
L’esperimento comprendeva circa 60 milioni di utenti americani di Facebook. Il giorno delle elezioni, veniva loro mostrato un messaggio che invitava l’utente ad andare a votare, forniva un elenco dei seggi elettorali più vicini e un bottone “Ho votato” per mostrare di aver votato. Inoltre, il riquadro mostrava il numero di amici di Facebook che avevano già cliccato il bottone “Ho votato”. Infine, venivano mostrate fino a sei foto del profilo degli amici che avevano riportato di aver votato.
Oltre al gruppo principale venivano studiati due gruppi più piccoli, di circa 600.000 utenti ciascuno. Al primo veniva mostrata solo la parte “informativa” del messaggio, vale a dire non erano mostrate le foto dei profili degli amici che avevano votato. Agli utenti dell’ultimo gruppo, infine, non veniva mostrato nessun messaggio, per verificare le differenze comportamentali con i primi due.
Questo esperimento ha due caratteristiche molto importanti: la prima è l’ingente numero di individui del campione (61 milioni su 236 milioni di aventi diritto), che permette un quadro molto realistico; la seconda è la possibilità di verificare, attraverso i registri elettorali, se gli individui del campione abbiano realmente votato alle elezioni del 2010.
Questa seconda informazione mostra, per esempio, che chi riceveva il messaggio informativo (senza le foto degli amici su Facebook che avevano già votato) aveva la stessa probabilità di affluenza alle urne di chi non aveva ricevuto il messaggio. Il che sottolinea la rilevanza della parte sociale e visuale del messaggio: vedere le facce degli amici che avevano già votato risultava determinante. In base a considerazioni statistiche, quindi, i ricercatori trovano che chi ha ricevuto il messaggio sociale aveva una probabilità di votare più alta del 0,39% rispetto a chi non lo aveva ricevuto.
È poi interessante notare l’effetto della qualità delle amicizie su Facebook. Gli autori suddividono le amicizie in amicizie strette e meno strette, basandosi sulla frequenza delle interazioni fra utenti su Facebook. Si scopre che chi vedeva votare gli amici stretti aveva più probabilità (0,224%) di votare lui stesso. Al contrario, gli utenti non mutavano il loro comportamento sulla base di quello degli amici non stretti.
Le percentuali in gioco sono piccole perché il campione include tutti gli individui, anche quelli che non hanno visto il messaggio in tempo o che avevano già votato nel momento in cui vedevano il messaggio. Va sottolineato, inoltre, che questi comportamenti sono stati indotti da un singolo messaggio in un lasso di tempo piuttosto breve. Per questo l’effetto osservato è comunque significativo.
Ulteriori analisi mostrano, inoltre, che l’esperimento genera un vero e proprio effetto contagio su Facebook, perché gli amici degli amici che cliccavano il tasto “Ho votato” venivano a loro volta influenzati e così via. Questo contagio si propaga essenzialmente attraverso i legami fra amici stretti, che costituiscono solo il 7% del totale delle amicizie su Facebook.
I ricercatori calcolano che per effetto del messaggio sono andate a votare circa 60.000 persone in più per effetto diretto e 280.000 per effetto indiretto, per un totale di 340.000 voti in più (0,14 % degli aventi diritto, sui 236 milioni del totale). Ma siccome l’esperimento coinvolgeva solo 60 milioni di persone, fatte le debite proporzioni si può dedurre che in linea di principio un singolo messaggio può portare ad un incremento di affluenza di circa lo 0,60 %. Una percentuale rispettabile, che potrebbe cambiare il risultato di un’elezione sul filo di lana.
L’articolo quindi dimostra che la mobilitazione online funziona quando si mette in gioco un elemento sociale (le foto degli amici che avevano già votato), mentre messaggi puramente informativi non hanno effetto apprezzabile. Questo tipo di effetti, tuttavia, sono comunque piccoli in termini percentuali e quindi difficili da rilevare con gli usuali campioni statistici. Infine, il diffondersi di un messaggio sociale fra amici stretti ha un effetto quattro volte superiore rispetto a una campagna “anonima”. In altre parole, ci deve essere presumibilmente un legame reale (oltre a quello virtuale) per far sì che un comportamento si diffonda attraverso un social network.