La sonda Curiosity arrivata su Marte lo scorso 6 agosto comincia a inviare documentazione particolarmente interessante. E’ giunta infatti nella zona dove i ricercatori della Nasa volevano arrivasse, caratterizzata da un vasto cratere, che già si supponeva contenesse elementi che possono dirci se sul pianeta rosso c’è stata in passato acqua e dunque forme di vita. Le foto che sono arrivate nelle ultime ore sembrano andare proprio in questa direzione: si vedono infatti formazioni di ghiaia tipiche di un corso d’acqua, sassolini levigati nel modo in cui solo l’acqua può farlo e, dentro a quello che sembra un vero letto di un fiume, anche una formazione rocciosa che si presume possa essere stata spostata solo dalla forza dell’acqua. Ilsussidiario.net ha chiesto al professor Piero Benvenuti, docente di Astrofisica delle alte energie all’Univerità di Padova, se siamo davanti a un entusiasmo ingiustificato o se è la volta buona, quella tanto attesa per dire che su Marte c’erano acqua e vita.
Professore, bastano fotografie di sassolini levigati a far dire che su Marte c’era acqua? Si parla già di “torrenti d’acqua” su Marte…
Sicuramente è un’ipotesi da verificare, ma altrettanto sicuramente le analogie che si possono riscontare sulla superficie del pianeta comparate alla Terra dove conosciamo gli effetti dell’acqua fanno pensare che sia plausibile che questo nel passato sia successo. E’ uno dei motivi per i quali Curiosity e le altre sonde sono state mandate su Marte.
E il fatto che in passato ci sia stata acqua, basta ad affermare che ci siano state anche forme di vita?
Anche questa è una ipotesi che diventa sempre più plausibile: è vero però che lo sviluppo di una eventuale forma di vita su Marte si è arrestato, altrimenti ne vedremmo le evidenze. Però sarebbe interessante scoprire se nel passato ci sia stato un inizio di evoluzione biologica, eventualmente poi fermatasi per cause che non sappiamo, o perché ne sono venute a mancare le condizioni.
Dunque siamo molto vicini a dimostrare quanto si è sempre sperato fosse vero…
Già, e questo significherebbe che la formazione nell’atmosfera di acqua sui pianeti sarebbe una situazione abbastanza normale e non peculiare della Terra.
In casi come questi, ci si chiede sempre se gli elevati investimenti occorsi per queste spedizioni un po’ fantascientifiche siano giustificati…
Sono ricerche che, assieme a tutti gli altri dati che stiamo accumulando sui sistemi extraplanetari, ci possono permettere di conoscere l’evoluzione di un pianeta a una certa distanza da una stella, nel nostro caso il sole, e per altri pianeti altre stelle. Avere cioè un numero più elevato di dati riferiti a pianeti diversi dal nostro ci permette di comprenderne quale ne sia stata la formazione e poi l’evoluzione. Questo ci serve anche per capire in che modo dobbiamo comportarci per preservare il più possibile le condizioni ottimali di vita che abbiamo sulla Terra e che sappiamo essere molto fragili.
Che caratteristiche particolari ha questa nuova sonda, Curiosity?
Ha una maggiore mobilità delle precedenti e quindi permette di andare a indagare e analizzare situazioni diverse dal punto di arrivo rispetto alle altre sonde con mobilità più limitata. Certamente non è l’ultima sonda: l’Europa sta programmando due missioni, nel 2016 e nel 2018, sempre su Marte con nuove sonde. In particolare la seconda avrà una trivella di costruzione italiana che penetra fino a due metri di profondità. Quello che potrà fare sarà molto interessante e diverso da quanto fatto finora perché permetterà di studiare la stratigrafia del pianeta e quindi capire cosa è successo nel passato sulla superficie di Marte, quindi anche se ci sono state forme di vita iniziate e poi bloccatesi.