Mentre cresce l’attesa per il preannunciato spettacolo della supercometa Ison, che brillerà nei nostri cieli nel prossimo autunno, e per l’altra cometa del 2013, la Pannstars, che allenerà il nostro sguardo qualche mese prima, gli astronomi ci stupiscono raccontandoci dell’esistenza di comete anche su sistemi planetari di altre stelle. Sono denominate esocomete – così come sono esopianeti i pianeti di altri sistemi solari – e ne ha parlato nei giorni scorsi, durante un meeting della American Astronomical Society a Long Beach (California), l’astronomo Barry Welsh, ricercatore presso lo Space Sciences Laboratory della Università di Berkeley.
Welsh ha documentato la presenza di sei nuove comete scoperte nel corso di tre cicli di osservazione prolungate tra il maggio 2010 e il novembre 2012 con il telescopio da 2.1 metri dell’Osservatorio McDonald in Texas. La scoperta è frutto del lavoro congiunto del gruppo di Berkeley e di quello del Dipartimento di Fisica dell Clarion University guidato da Sharon L. Montgomery; nel numero di ottobre 2012 della rivista Publications of the Astronomical Society of the Pacific, Welsh e Montgomery hanno riportato i dati relativi a tre delle nuove esocomete.
Da tempo si sa della presenza di pianeti attorno ad altri “Soli” e Welsh ha sintetizzato così quello che oggi sappiamo circa le fasi della loro formazione: la polvere interstellare, sotto l’influenza della forza di gravità, si ammassa formando dei blob, cioè dei grandi coaguli che poi crescono diventando blocchi rocciosi e, per un processo di coalescenza, diventano oggetti più grandi come i planetesimi e le comete per poi assumere la forma di pianeti. Ormai se ne conoscono molti, circa duemila, ma poco si è visto di ciò che sta nel mezzo tra l’uno e l’altro di loro.
I gruppi di astronomi citati hanno messo a punto delle tecniche per poter rivelare oggetti inter-eso-planetari e sono così riusciti ad ottenere un risultato che permette di affermare che la presenza di esocomete è molto più diffusa di quanto si pensasse ed è comune tra i sistemi planetari. Con lo spettrografo ad alta risoluzione applicato al telescopio si sono notate delle caratteristiche che potevano essere attribuite solo all’evaporazione di grandi blob di gas, presumibilmente originatisi dai nuclei di comete in avvicinamento alla stella centrale del sistema. Nel corso delle osservazioni si registravano grandi cambiamenti nei quantitativi di calcio e sodio gassosi e tali quantitativi erano consistenti col fenomeno dell’evaporazione dei gas da oggetti del tipo delle comete.
Le nuove comete hanno ormai una loro precisa denominazione, che riportiamo per gli appassionati: 49 Ceti (HD 9672), 5 Vulpeculae (HD 182919), 2 Andromedae, HD 21620, HD 42111 e HD 110411; sono state trovate attorno a stelle molto giovani di tipo A, con un’età di circa 5 milioni di anni, e ciò perché le tecniche di rilevamento di Welsh operano molto bene in quei casi. Con spettrografi di più elevata risoluzione si potrebbero individuare comete attorno a stelle più vecchie, di tipo G e F, attorno alle quali sono giù stati trovati molti esopianeti.
Non è la prima volta comunque che si parla di esocomete: lo stesso astronomo di Berkeley ne aveva rivelato la presenza nel 1987, studiando la stella beta-Pictoris (ß-Pic) e l’enorme disco di gas e polvere che la circonda. In quegli anni però l’interesse generale si stava concentrando sui pianeti extrasolari e tutti gli sforzi si sono indirizzati a consolidare ipotesi e metodi osservativi che potessero rendere ragione di questa nuova “geografia” cosmica che fino ad allora annoverava solo stelle solitarie prive di qualsiasi entourage.
Ora il panorama stellare si fa più ricco e interessante e si aprono nuovi interrogativi. Ad esempio sui meccanismi di formazione delle comete: anche le esocomete avranno la loro fase di gestazione in un gigantesco serbatoio di macigni di ghiaccio sporco analogo alla “nostra” nube di Oort, che dai confini del Sistema Solare proietta le comete verso il Sole? Anche loro hanno in gran parte orbite ellittiche ma non mancano tanti esemplari con orbite paraboliche e iperboliche? Soprattutto, anche loro, sorvolando i loro pianeti, svolgono quel ruolo di distributori di informazioni che tanto incuriosisce gli astrobiologi?