Sembra che il terzo millennio sia iniziato all’insegna degli eventi estremi: ce ne sono stati parecchi, con una frequenza e un impatto superiore alle epoche precedenti. Uragani, cicloni, inondazioni, siccità hanno colpito diverse zone del pianeta con modalità in buona parte nuove e sconvolgenti: da Katrina all’ultimo drammatico tifone delle Filippine. D’altra parte sembra che il fenomeno planetario più noto, il cosiddetto Global Warming, il riscaldamento globale, sia pure lui in aumento; almeno così risulta dalle analisi dell’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) pubblicizzate ieri durante la conferenza Onu sul clima (COP 19) in corso a Varsavia, che ha parlato del 2013 come del settimo anno più caldo dal 1850 (cioè da quando si è iniziato a misurare la temperatura con sistematicità). Ecco allora il facile collegamento che ha catturato molti in questi giorni: più Global Warming uguale più eventi estremi. Ma nella scienza (e anche nel semplice buon ragionamento) non basta la concomitanza dei fattori per trarre una deduzione stringente e stabilire una legge di natura. Gli elementi da considerare sono evidentemente molti di più e prima di enunciare un principio di causa-effetto bisogna pensarci bene. Lo hanno ammesso chiaramente molti scienziati, anche non sospetti di appartenere alla tifoseria del negazionismo climatico. Lo ha ben spiegato a ilsussidiario.net il geofisico Giuseppe Orombelli, Professore emerito di Geografia fisica nell’Università di Milano-Bicocca.



Parliamo in particolare degli uragani: quali sono i possibili nessi col riscaldamento globale? Nel caso degli uragani, o tifoni, ci sono degli argomenti di base che suggeriscono che il riscaldamento globale, e più precisamente l’aumentare della temperatura delle acque superficiali degli Oceani, potrebbe aumentare la loro intensità.



Ci sono però anche indicazioni opposte…Sì, ci sono indizi che l’innalzamento della temperatura oceanica aumenterebbe le condizioni sfavorevoli all’aumento dell’intensità e soprattutto della frequenza degli uragani. Infatti, nella circolazione atmosferica locale si determinerebbero dei fenomeni tendenti a dissipare l’origine degli uragani stessi.

Quindi? L’opinione generale dei ricercatori è che l’aumento della temperatura delle acque superficiali degli Oceani tropicali potrebbe nel complesso portare a un aumento di intensità degli uragani. Oggetto di maggior discussione è il conseguente aumento della frequenza di tali eventi. In ogni caso però bisogna dire che non ci sono le prove, non ci sono chiare evidenze sperimentali. Fino a pochi anni fa si riteneva che una forte intensità dell’uragano fosse più facilmente spiegabile con l’innalzamento delle temperature marine, accompagnata magari da una riduzione della frequenza. Adesso però questa convinzione si è indebolita e ci si è accorti che mancano dati sperimentali sufficienti a supportarla: i dati disponibili sono diversi da zona a zona e solo in qualche area, come sulle coste nordamericane, si hanno misure attendibili. C’è anche da sottolineare che questi ragionamenti sono di tipo statistico: non è possibile mettere in relazione un singolo evento con un trend climatico come il Global Warming. Se si troverà un legame sarà di tipo statistico; ma per arrivare a questo ci vorranno, purtroppo, tanti eventi.



E se mancano le misure? Ci si può affidare ai modelli; con tutta l’alea che però tale approccio comporta. Qui ci sono diverse opinioni in campo. Uno dei massimi “modellisti”, Kerry A. Emanuel del MIT di Boston, ritiene che nel corso di questo secolo dovrebbe aumentare sia l’intensità che la frequenza degli uragani. Altri scienziati tuttavia, elaborando modelli di tipo diverso sono giunti a conclusioni differenti. C’è quindi grande incertezza.

Il riscaldamento globale però è ormai da considerarsi come un dato accertato? Il fenomeno è in corso e finché non verrà contraddetto da misure evidenti sarà da ritenersi un dato di fatto. Nell’ultimo decennio l’impennata ha subito un certo appiattimento, ma sempre su livelli alti. Gli ultimi dieci anni sono stati più caldi di tutti i decenni precedenti dal 1850. Circa l’annuncio dato ieri dal WMO, penso si tratti di un’anticipazione sull’andamento del 2013: in genere i dati relativi alla temperatura media di un anno vengono resi noti con una buona attendibilità nel marzo successivo.

È giusto comunque secondo lei preoccuparsi per il global warming? Il fenomeno è  preoccupante e la causa, secondo la stragrande maggioranza di coloro che se ne occupano, è data dall’incremento dei gas serra immessi dall’uomo in atmosfera con i processi di combustione. È giusto vigilare, controllare, seguire costantemente gli andamenti. Certo la crisi economica ha indebolito il focus su questi problemi, concentrando l’attenzione su altre situazioni. Ma non possiamo permetterci di trascurare il problema: non noi ma i nostri figli e nipoti potrebbero trovarsi in situazioni molto sfavorevoli. Se poi mi metto nella prospettiva che mi è più congeniale, quella del geologo, sapendo cosa è accaduto in passato vedo situazioni molto diverse, alle quali non è detto che l’uomo non sappia adeguarsi ma che potrebbero comportare trasformazioni radicali delle condizioni e del modo di vivere. Nel lungo termine il fenomeno del riscaldamento si imporrà, se continua così; anche se come scienziato sono prontissimo ad arrendermi ad evidenze di segno opposto. Mi sento di suggerire: prudenza, attenzione, studio; non possiamo dire “basta, sappiamo tutto”.

(Mario Gargantini)