Uscirà all’inizio delle prossima settimana il quinto numero di Euresis Journal: come nei volumi precedenti, il Journal (in inglese e disponibile online) presenta gli atti di una edizione dei San Marino Symposia, una serie di meeting organizzati annualmente dalla Associazione Euresis a partire dal 2006 e dedicati a temi di particolare rilevanza per l’impatto della scienza nell’attuale scenario sociale e culturale.



In questo numero vengono pubblicati i contributi presentati al San Marino Symposium 2007 che ruotava attorno al tema “Scienza, Ragione e Verità”; l’argomento prendeva ispirazione dal titolo del Meeting di Rimini di quell’anno: “La verità è il destino per il quale siamo stati fatti”: queste parole di Luigi Giussani ci ricordano che l’idea di “verità” è presente nella nostra tradizione culturale come un concetto fondamentale, come base della nostra visione del mondo. In effetti per Giussani la “verità” è un elemento costitutivo della nostra natura e si manifesta come una esigenza fondamentale della ragione umana: la ragione ha bisogno dell’ipotesi della verità per potersi attuare come tale. Ciò è così vero che abbiamo l’impressione di essere “fatti per la verità” e, più o meno consapevolmente, la cerchiamo in tutto ciò che facciamo.



Benché il contenuto dei contributi tratti i vari aspetti e meccanismi del processo di conoscenza nelle diverse discipline accademiche, il volume nel suo insieme induce il lettore a porsi più ampi e profondi interrogativi circa la natura dell’avventura che la ragione affronta quotidianamente nel suo impatto con la realtà che la circonda. Siamo quindi tutti invitati a chiederci: ha senso parlare di “verità” oggigiorno? C’è spazio per parlarne nell’attuale contesto culturale? Oppure questa presuntuosa (e presumibilmente naive) visione della realtà è stata alla fine soppiantata da una visione più “realistica”, dove la dettagliata descrizione dei meccanismi e delle connessioni tra gli elementi del mondo sono sufficienti per rispondere alla sete di conoscenza dell’uomo, senza la necessità di arrivare a un giudizio circa la natura ultima e il significato delle cose?



In altri termini: ha senso parlare di verità nella scienza? Il tipo di certezza che la scienza ci offre è in effetti contrassegnata da limiti metodologici, dalle capacità osservative e dalla mancanza di informazioni complete e tutto ciò contribuisce al fatto che abbiamo solo una visione parziale della totalità. La “verità scientifica” è determinata, ad esempio, da concetti come “dominio di validità” e anche se la scienza procede continuamente verso una comprensione sempre maggiore di molti fenomeni naturali, le sue certezza hanno una perenne provvisorietà che sembra tenere la verità, se esiste, fuori dalla nostra portata.

Oggi, mentre cresce la nostra comprensione dei fenomeni naturali, sempre più l’idea di cosa significhi conoscere la natura sembra coincidere con la meccanica, causale descrizione che riusciamo a dare nel quadro delle discipline scientifiche. Così, ad esempio, la nostra comprensione della vita è sempre più legata alla comprensione del Dna come fondamentale ingrediente dello svolgersi della vita stessa e dei molti e differenti processi che la riguardano. Come pure, le sempre più precise misure dei parametri cosmologici e il conseguente raffinamento dei modelli cosmologici sono visti come preludio a una descrizione totale e definitiva dell’intero Universo, della sua origine e del suo destino.

In questo gioco di prodigi tecnici, “verità” è spesso relegata a un ruolo di secondo piano mentre i successi raggiunti nella descrizione del “come è” della natura sopravanzano, da un punto di vista pragmatico o utilitaristico, l’importanza di alcune delle questioni fondamentali che evidentemente si situano oltre l’orizzonte del metodo scientifico. In effetti, l’immagine che spesso ne esce è quella di un mondo di insieme di provvisorie e circoscritte zone di ordine e comprensibilità, come un atollo di calme e chiare acque in un oceano di caos al di fuori del quale casualmente affiora un ordine fortuito ma privo di significato.

In questo numero di Euresis Journal la grande domanda sulla “verità” viene affrontata da molteplici angolature all’interno di differenti sfere di conoscenza: dalle scienze naturali alla matematica, alla filosofia, alle scienze sociali e alla teologia. In tutti i contributi il concetto di verità appare come un potenziale di “oggettività” nella descrizione dei fenomeni naturali. Ma non solo. Il background che unisce i vari contributi sembra poggiare sull’evidenza metodologica che la “verità” emerge nelle relazioni col mondo come possibilità nell’ambito della ragione, come condizione per la ragionevolezza.

Anche di fronte ai grandi limiti di comprensibilità, come quelli che si incontrano nei sistemi quanto-meccanici e nello studio dell’origine dell’universo, o a seguito di potenti risultati della logica come i teoremi di incompletezza di Gödel, la verità resta rilevante, non perché la sua esistenza è assicurata dalle scoperte scientifiche o perché essa sia raggiungibile tramite queste, ma perché è anzitutto percepita come esigenza fondamentale della ragione stessa.

La ragione, questa misteriosa energia dell’uomo che la tradizione cristiana identifica come “imago Dei”, è in effetti ciò che fornisce i nessi che connettono tutte le cose in un tutto ordinato, in un modo tale che è difficile parlare indipendentemente di verità e di ragione. L’operato della ragione è radicato nel concetto di “verità”, intesa come una sorta di “ipotesi positiva” che rende la realtà comprensibile, o almeno che apre un percorso di conoscenza percorribile. Allo stesso tempo, la verità sembra essere così fortemente richiesta dalla ragione, all’interno del suo proprio dinamismo naturale, che la possibilità della sua esistenza indica un’origine della realtà che deve essa stessa poggiare sulla ragione.

Il nuovo numero di Euresis Journal intende portare l’attenzione sull’importante questione della “verità”, non tanto nell’ambito della semplice opposizione tra la natura oggettiva e soggettiva del reale, alla quale il dibattito attuale spesso la riduce. Piuttosto, vorremmo che questi contributi possano indirizzare la nostra riflessione a un aspetto più fondamentale della sua natura, che riconduce intimamente la questione della “verità” alla nostra concezione e al nostro uso della ragione: sia che venga circoscritta a un particolare e parziale metodo, o che sia aperta alla realtà nella totalità dei suoi fattori.