Nel luglio 2012 il Cern si è trovato sulla prima pagina dei media di tutto il mondo dopo l’annuncio della scoperta, al Large Hadron Collider (LHC), del bosone di Higgs, una nuova particella fondamentale ed essenziale per la nostra comprensione dell’Universo. Il bosone di Higgs è il residuo del meccanismo di Brout-Englert-Higgs, responsabile del fatto che le particelle acquisiscono la massa. L’importanza di questa scoperta è stata ulteriormente riconosciuta nello scorso ottobre, quando a Englert e Higgs è stato assegnato il Premio Nobel per la Fisica, consegnato loro ufficialmente pochi giorni fa a Stoccolma; anche se molti ricercatori speravano che il ruolo fondamentale del Cern potesse meritarsi un equivalente riconoscimento da parte del Comitato per il Nobel .



Dal febbraio di quest’anno LHC si trova nel cosiddetto Long Shutdown 1, nel quale vengono aggiornati sia l’acceleratore che i rivelatori, con l’idea di riavviare la macchina nuovamente nel 2016. Grazie a questo arresto, quando LHC ripartirà sarà in grado di far collidere protoni a due volte la loro energia attuale. Inoltre potrà esplorare ulteriormente le proprietà del bosone di Higgs e la natura del potenziale di Higgs; c’è anche grande aspettativa che l’aumento dell’energia di collisione permetta ai fisici di svelare ulteriore “nuova fisica”, oltre il cosiddetto Modello Standard della fisica delle particelle: sono aspetti previsti dalla una varietà di studi teorici, ma finora sono sfuggiti alle misure di LHC. Al di là del 2022, sono previsti degli esperimenti “ad alta luminosità”, anche per sfruttare ulteriormente il potenziale di fisica di una macchina come il Large Hadron Collider.



E cosa succederà dopo? Date le dimensioni e la complessità dei moderni grandi esperimenti scientifici, la pianificazione del prossimo collider di particelle deve per forza essere intrapresa con diversi anni, o anche decenni, prima che possa essere costruita e messa in funzione. Oggi, con il programma di LHC ancora in corso, è giunto per il Cern il momento di iniziare a considerare seriamente le scelte per il suo futuro post-LHC. 

Mentre parte della comunità dei fisici delle particelle propone come prossima grande macchina un acceleratore lineare ad alta energia, possibilmente in Giappone, il Cern sembra preferire un approccio complementare, o forse alternativo. Recentemente il direttore generale del laboratorio ginevrino, il tedesco Rolf-Dieter Heuer, ha annunciato il lancio di uno studio di design per esaminare il potenziale di un futuro collisionatore circolare, in grado di esplorare distanze ed energie ben al di là delle capacità di LHC.



L’idea è ancora in una fase molto speculativa, ma ci sono già proposte per un massiccio tunnel di 100 km di circonferenza, incluso un tratto sotto il lago Lemano, capace di raggiungere energie di quasi dieci volte più grandi di quelli di LHC. In modo simile al predecessore di LHC – il LEP, un collisore elettrone- positrone ospitato nello stesso tunnel – una delle possibilità dello studio di progettazione comprende una prima fase con un collisore di leptoni per consentire misurazioni super- precise di processi noti, sensibili indirettamente ai segnali di nuova fisica; seguita poi dal collisore protone-protone ad altissima energia. L’enorme energia disponibile consentirà di studiare possibili nuove particelle con masse fino a diecimila volte più pesanti del protone.

Questo studio dovrebbe fornire le sue indicazioni in cinque anni, al fine di dare un contributo al prossimo aggiornamento della strategia europea, previsto per il 2018. Lo studio prenderà il via con un incontro ospitato dall’Università di Ginevra nel prossimo mese di febbraio. Essendo la scienza moderna intrinsecamente di natura globale, l’Europa (o qualsiasi altro Paese) non può affrontare un simile impegno isolatamente, soprattutto in questa epoca di austerità e di budget sempre più ridotti per la scienza. Perciò scienziati di tutto il mondo parteciperanno a questo incontro, per aiutare il Cern a iniziare il processo che porterà a un nuovo capitolo nello sviluppo della fisica delle particelle. L’impresa sarà guidata, ancora una volta, da due fisici italiani: Fabiola Gianotti, per i rilevatori e Michelangelo Mangano per gli aspetti più teorici.

Uno studio simile per un futuro gran collider di energia molta alta sarebbe condotto in Cina, sotto gli auspici del celebre teorico di Princeton Nima Arkani-Hamed. Dopo la scoperta dell’ultimo angolo di mescolamenti di neutrini in un esperimento cinese nel reattore Daya-Bay, e dopo il primo sbarco cinese sulla Luna, non è inconcepibile che nel grande Paese asiatico possa essere ospitata anche la prossima grande macchina per studiare le leggi della natura a energie estreme.

I risultati dei futuri esperimenti ad alta energia a LHC, insieme ad altri come quelli dedicati alla ricerca della materia oscura o alle misure cosmologiche come quelle di PLANCK, permetteranno agli scienziati di definire il percorso da seguire nella fisica delle alte energie nel resto del secolo. Lo studio che ora cominciamo ha come scopo di preparare la comunità dei fisici delle particelle ad accogliere, e ad apprezzare, qualunque scenario la natura stia progettando.