Sono state rese note le motivazioni con cuii lo scorso anno la commissione tecnica bocciò la sperimentazione con il metodo Stamina. Motivazioni pesanti: secondo i tecnici del Nas, Istituto Superiore di Sanità, Centro Nazionale Trapianti e Agenzia del Farmaco (Aifa) la cura sarebbe pericolosa e scadente. Nel dettaglio, non esiste alcuna documentazione di efficacia del metodo, mentre la pratica di utilizzare cellule di un paziente e infonderle con quelle di un altro sarebbe una tecnica preoccupante. La dose di infusione infine sarebbe paragonabile a una cura omeopatica. Il ministro della sanità, che ha incontrato il padre di Noemi, la bambina a cui è stato autorizzato dai giudici l’uso del metodo Vannoni, ha sottolineato come il metodo sia inesistente dal punto di vista scientifico: adesso vedremo cosa dirà il secondo comitato, ha spiegato. Come si sa infatti una sentenza del Tar del Lazio ha obbligato a rivedere tutto il caoso con un nuovo comitato di esperti perché il primo, è stato detto, era troppo legato al ministero. Il ministro ha poi aggiunto: “Il servizio sanitario nazionale non può permettersi di autorizzare cure che non siano considerate tali secondo la scienza. Da questa storia difficilissima vengono fuori insegnamenti: rivedere l’assistenza ai malati e riflettere sulla necessità di rafforzare le istituzioni scientifiche”. Il padre di Noemi ha invece detto come nonostante la sentenza del Tar sua figlia non possa ancora fare le cure previste: “Ho chiesto di sbloccare le liste di attesa dei malati. Non è possibile che dopo aver speso 6-7 mila euro di avvocati sono ferme e le persone muoiono. Il ministro mi ha risposto che non è sua competenza sbloccare le liste d’attesa, io le ho rinnovato l’appello anche prima di salutarci”.



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