I cosmologi da tempo cercavano il debole segnale, noto come “modi B”, nelle osservazioni della polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. In un recente articolo su Physical Review Letters i ricercatori che lavorano ai dati del South Pole Telescope hanno annunciato di averlo misurato per la prima volta; in particolare il segnale rilevato è la parte dovuta alla distorsione della radiazione causata da un fenomeno detto “lente gravitazionale”.
La radiazione di fondo cosmico che permea l’intero Universo è l’eco fossile del Big Bang. Emessa quando l’Universo aveva appena 380.000 anni, arriva a noi oggi – quando l’Universo ha 13,8 miliardi di anni – come un segnale a circa 3 Kelvin (-270 °C) e dopo aver viaggiato per tutto il cosmo, portando con sé una miniera di informazioni sulla storia del nostro Universo. Le lievi differenze di temperatura nel campo di questa radiazione fossile sono infatti l’impronta delle fluttuazioni di densità del cosmo primordiale; fluttuazioni che hanno costituito i semi attorno a cui si sono raccolti gli ammassi di galassie che oggi noi osserviamo.
Informazione preziosissime, oltre che nell’intensità della temperatura, sono scritte anche nella polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. Una radiazione è polarizzata quando ha una direzione privilegiata di oscillazione; e il pattern della polarizzazione presente nella radiazione fossile ha due diverse componenti, chiamate “modi E” e “modi B” (caratterizzate rispettivamente da rotore nullo, in analogia con i campi elettrici “E”, e da divergenza nulla, come i campi magnetici “B”). Solo un 10% della radiazione fossile è polarizzata e solo una piccola parte della componente polarizzata costituisce i “modi B”. Mentre i “modi E” sono già stati osservati, fino ad oggi i “modi B” erano rimasti solo una ipotesi ben fondata. Ma perché è così importante andare a cercare questi sfuggenti “modi B”?
I “modi B” possono essere impressi nella polarizzazione della radiazione fossile principalmente da due meccanismi. Il primo è dovuto alle onde gravitazionali presenti dell’Universo primordiale; i cosmologi ipotizzano l’esistenza di queste onde gravitazionali generate durante “l’inflazione”, un’epoca in cui l’Universo ha subito un’espansione esponenziale. Ma i meccanismi di questa espansione sono ancora poco chiari. Perciò una prima osservazione di questi “modi B”, detti primordiali, confermerebbe la validità delle teorie cosmologiche sull’inflazione, mentre una loro misura accurata permetterebbe di indagare con precisione questa epoca primordiale.
Il secondo meccanismo che produce “modi B” è dovuto in realtà a una distorsione dei “modi E”, l’altra componente della polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. Infatti nel suo lungo viaggio nel cosmo la radiazione fossile subisce delle piccole distorsioni quando passa nel campo gravitazionale delle strutture a larga scala dell’Universo. Il meccanismo viene chiamato “lente gravitazionale”, perché la deviazione della traiettoria della radiazione è simile a quella subita per effetto di una lente.
I “modi B” misurati recentemente sono dovuti al secondo tipo di meccanismo. Il risultato è stato ottenuto da un team di ricercatori guidati da Duncan Hanson della McGill University (Montreal, Canada) analizzando una mappa di 100 gradi quadrati ottenuta grazie ai dati del South Pole Telescope. Il telescopio di 10 metri è situato presso la stazione antartica Amundsen-Scott e dispone di due schiere di strumenti, detti bolometri, a 95 e 150 GHz, sensibili alla polarizzazione. Le osservazioni dall’Antartide della radiazione cosmica di fondo sono state combinate con le osservazioni spaziali del telescopio Herschel; queste ultime osservazioni infatti permettono di tracciare il potenziale gravitazionale che genera le lenti gravitazionali all’origine della distorsione dei “modi E” in “modi B”.
Non sono quindi ancora stati visti i “modi B primordiali” che da anni i cosmologi sperano di osservare con grande trepidazione. In ogni caso questa misura, effettuata per la prima volta, è un successo e il risultato è di grande interesse scientifico. Grazie ad essa si possono per esempio effettuare calcoli più precisi sulla massa del neutrino, aprendo una nuova strada a questo studio in aggiunta agli esperimenti di fisica particellare. Inoltre è necessario conoscere con precisione questo contributo non primordiale ai “modi B” per poter ripulire il segnale ed evidenziare la componente – eventualmente esistente – di “modi B primordiali”.
Ma per la conferma dell’esistenza di questo debolissimo segnale primordiale si dovrà attendere ancora. Anche per questo i cosmologi guardano con grande interesse al rilascio il prossimo anno dei risultati in polarizzazione del satellite Planck.