Volete studiare l’interno del Sole, le parti irraggiungibili della Terra, le regioni cosmiche extragalattiche? Uno dei pochi mezzi che la scienza ha a disposizione è lo studio dei neutrini provenienti da quelle zone.
I neutrini sono delle particelle elementari, prive di carica elettrica e con massa talmente piccola che non è stato ancora possibile misurarla. Inoltre sono disaccoppiati dalla materia e hanno la proprietà di interagire pochissimo con essa; ciò che fa di loro delle formidabili sonde, messaggeri di informazioni che arrivano inalterate fino a noi.
Molte sono le sorgenti di neutrini: il Sole, l’interno della Terra, l’atmosfera terrestre e ovviamente le sorgenti artificiali, come ad esempio i reattori nucleari. I neutrini provenienti dal Sole e dalla Terra sono prodotti da reazioni nucleari, i primi, e da decadimenti radioattivi, i secondi; i neutrini atmosferici sono prodotti da interazioni dei raggi cosmici con le particelle che costituiscono l’atmosfera. Ma anche nel cosmo sono presenti molti neutrini, dei quali si cerca di capire l’origine. Vari esperimenti si propongono di studiare i neutrini cosmici che possono avere energie molto diverse.
Uno di questi esperimenti è “Icecube”, istallato a una profondità di circa 2.400 metri sotto i ghiacci dell’Antartide. Le sue dimensioni sono di un chilometro cubo e il rivelatore consiste di 5.160 sfere trasparenti, contenenti ciascuno un fotomoltiplicatore (un occhio elettronico che cattura e amplifica i fotoni di luce) e un sistema di lettura degli impulsi elettrici da esso provenienti.
I 2.400 metri di ghiaccio sovrastante il rivelatore assorbono i raggi cosmici, con l’eccezione dei neutrini e parte dei muoni (ma questi ultimi sono elettricamente carichi e quindi distinguibili dai neutrini, che sono privi di carica). Quei pochissimi neutrini che riescono a interagire nel ghiaccio producono altre particelle, molte delle quali cariche: al disopra di una certa energia le particelle cariche, attraversando un mezzo materiale, in questo caso il ghiaccio, emettono un cono di luce. È il cosiddetto effetto Cherenkov, dal nome del suo scopritore. I fotomoltiplicatori catturano questa luce (il ghiaccio, in questo caso, è molto trasparente) e dalla quantità totale dei fotoni rivelati si può risalire all’energia della particella primaria, in questo caso i neutrini.
Nel 2013 Icecube ha annunciato di aver rivelato neutrini di altissima energia, al di sopra del limite superiore dei neutrini atmosferici (ne ha parlato a fine novembre un articolo di Science). Si tratta di due eventi con energia di milioni di miliardi di elettronvolt e di 26 eventi con energie di migliaia di miliardi di elettronvolt (l’elettronvolt, eV, è l’energia che un elettrone acquista se immerso in un campo elettrico avente una differenza di potenziale di 1 Volt; di per sé è un’unità di energia piccola, pari a qualche unità per 10 elevato alla -19 Joule). La provenienza di questi neutrini è cosmica, probabilmente extragalattica (almeno per i due di energia più elevata).
Ma che cosa li produce? Un’ipotesi, che però non sembra andare d’accordo con queste osservazioni, è che essi siano prodotti da raggi cosmici di altissima energia che interagiscono con i fotoni del Fondo Cosmico di Microonde. Altre possibilità sono i residui di Supernovae, i buchi neri; ma queste sono solo delle ipotesi.
Un aiuto potrebbe venire da ulteriori dati che Icecube raccoglierà nei prossimi anni. Se il numero di questi eventi di neutrini di altissima energia sarà sufficiente, si potranno avere informazioni sulla direzione della loro provenienza e quindi capire un po’ meglio quali oggetti cosmici possano originarli. Tutti gli esperimenti sui neutrini, e in particolare quelli che coinvolgono fenomeni extraterrestri, necessitano di tempi molto lunghi di raccolta dati.