La stampa 3D è una tecnologia agli inizi ed è una delle star tecnologiche di questo 2013. Solo qualche anno fa non si pensava si potessero ricreare perfettamente e a distanza oggetti come adesso si riesce a fare: uno scanner 3D riproduce esattamente la forma dell’oggetto e una “stampante” intaglia o fonde un blocco di un certo materiale dandogli la stessa forma dell’oggetto scelto. Ma gli oggetti con cui normalmente abbiamo a che fare raramente sono costituiti semplicemente da un solo materiale, e se questa molteplicità di composizione rappresenta già una difficoltà di non banale risoluzione per la possibilità di “fotocopiare” un oggetto, pensiamo a quanto può essere complesso ricreare un oggetto attivo elettronicamente, come un telefonino, un computer, un elettrodomestico, che sono composti da una miriade di componenti di materiali diversi assemblati insieme.
Alla Cornell University hanno preso sul serio questa sfida e poche settimane fa hanno provato a riprodurre un componente elettronico. In verità il primo tentativo è stato già portato a termine con successo nel 2009, quando il gruppo del professor Hod Lipson, associato di ingegneria meccanica e aerospaziale e leader nell’innovazione della stampa in 3D, è riuscito a creare una copia perfettamente funzionante del Vail Register, il famoso telegrafo scrivente e ricevente che Morse e Vail usarono per inviarsi il primo codice morse, nel 1844. Uno strumento come un telegrafo è relativamente semplice nelle sue parti e, pur essendo attivo dal punto di vista elettrico, si basa su un’applicazione abbastanza elementare dell’elettromeccanica. Ecco perché quello che si è scelto di riprodurre nei giorni passati negli stessi laboratori è uno strumento in qualche modo simile, composto da parti meccaniche e elettromagnetiche che interagiscono in modo semplice: un altoparlante. Il ricercatore che ha seguito le attività, Apoorva Kiran, conferma: «un altoparlante è un oggetto relativamente semplice, che consiste di plastica per l’alloggiamento, una bobina di materiale conduttore e un magnete.
La sfida alle porte è realizzare l’esatto design e i materiali che possono essere fabbricati allo stesso tempo in una forma che funzioni». Il professor Lipson ha la fondata speranza che questi primi tentativi rappresentino solo “la punta dell’iceberg” di quello che potrà avvenire in un futuro più prossimo di quanto si sospetti, «quando si passerà dalla riproduzione di componenti passivi a stampare sistemi attivi e integrati. Ovviamente dovrà trascorrere del tempo prima che i consumatori riescano a stampare componenti elettronici a casa. La maggioranza delle stampanti 3D non riesce a maneggiare efficacemente materiali multipli ed è anche difficile trovare materiali mutuamente compatibili. Per esempio il rame conduttore e la plastica che dovrebbero uscire dalla stessa stampante richiedono in realtà temperature e tempi di solidificazione differenti».
Nel caso degli altoparlanti, Kiran ha utilizzato una stampante per ricercatori customizzabile sviluppata da Evan Malone, uno studente laureato dello stesso laboratorio. La stampante permette ai ricercatori di armeggiare con differenti cartucce, controllare il software e altri parametri. Per il conduttore, Kiran ha utilizzato un inchiostro di argento, mentre per il magnete si è avvalso della collaborazione di Sanavaya Sristava, uno studente laureato in ingegneria chimica e biomolecolare, per realizzare una lega densa di ferrite di stronzio. Il lavoro è solo agli inizi, ma sembra promettente, come ancora Lipson sottolinea: «creare un mercato per device elettronici stampati potrebbe essere come introdurre le stampanti a colori dopo quelle in bianco e nero. Si aprirebbe un nuovo spazio che farebbe apparire come primitivo quello vecchio». Lipson è indubbiamente fiducioso, ma sarà interessante capire come e quando sarà possibile riprodurre oggetti realmente complessi, come sono quelli con cui ormai quotidianamente abbiamo a che fare, o anche solo loro parti. Il cammino è appena iniziato.