Gli uomini passano un terzo della loro vita a dormire, perché? Per anni generazioni di scienziati hanno provato a dare spiegazioni di questa attività che occupa, in misura diversa, tutti gli animali. Una delle teorie più accreditate fu formulata all’inizio del 1900 dal premio Nobel Ramon Cajal che vedeva il sonno come un momento in cui il cervello recuperava le energie spese durante la giornata. Ma dove viene immagazzinata questa energia? Come può essere utilizzata poco per volta? Un gruppo di biochimici genovesi (Laboratorio di Biochimica del Dipartimento di Biologia dell’Università di Genova) ha provato a far luce sui punti oscuri ereditati dall’intuizione di Cajal.



A quanto pare l’energia viene accumulata nella mielina, che si presenta come una lamina avvolta più volte attorno agli assoni dei neuroni. All’interno della lamina c’è una grande quantità di una proteina basica che potrebbe assolvere alla funzione di accumulare energia.

La mielina riveste dei ruoli chiave nel sistema nervoso ottimizzando la trasmissione dell’impulso lungo i nervi. Pare che esista una relazione diretta tra la quantità di mielina e le capacità cognitive: gli individui affetti da cretinismo presentano livelli di mielina molto bassi contemporaneamente a ridotte capacità cognitive. Gli uomini e altri mammiferi, come i topi, nascono senza mielina: questa viene prodotta nel periodo dell’infanzia e raggiunge i massimi livelli intorno ai 20 anni nell’uomo. Durante il periodo neonatale è fondamentale l’allattamento perché il galattosio, lo zucchero presente nel latte, permette uno sviluppo molto più efficiente e rapido della mielina.



Da prove in laboratorio è stato visto che, anche nell’adulto, il galattosio ottimizza il lavoro della mielina consentendole un aumento di attività dal 60 all’80% in più rispetto al saccarosio. Esperimenti condotti su topi hanno portato a un altro importante risultato. L’esperimento prevedeva di tenere un numero diverso di giovani topi in tre gabbiette: nella prima c’era un topo da solo, nella seconda dieci e nella terza venti, in una condizione di sovraffollamento. Dopo un periodo di crescita è stato possibile osservare che il topo cresciuto da solo aveva dei livelli di mielina estremamente bassi, i topi in sovraffollamento lievemente più alti, ma comunque sotto la norma, mentre i topi della seconda gabbietta raggiungevano livelli ottimali. Si ipotizza, quindi, che sia estremamente importante una stimolazione neuronale adeguata durante il periodo dello sviluppo. Una crescita caratterizzata da fattori ambientali sfavorevoli compromette in modo irrimediabile l’acquisizione delle capacità cognitive del soggetto. 



Animali che nascono già mielinizzati dimostrano di avere comportamenti e conoscenze innate: tutti abbiamo visto, nei documentari, l’emozionante momento in cui le tartarughe marine escono dal loro nido di sabbia e, senza indugi, si tuffano in mare, oppure le complesse danze delle api. Pare che questo complesso pattern di istinti del tutto innati risiedano, in qualche modo, nella mielina della quale questi organismi sono già ampiamente forniti alla nascita. Probabilmente la produzione della mielina viene regolata da caratteri genici o epigenetici portati dai mitocondri della madre che si esprimono durante le prime fasi dello sviluppo.

La mielina, quindi, non è solamente una riserva di energia ma permette di acquisire le capacità per inserirsi nell’intricata matassa delle relazioni con altri individui e con la realtà circostante. Numerosi studi sono ancora in atto e la mielina resta avvolta da un alone che non permette una visione chiara di tutte le sue caratteristiche. Coraggiosi studiosi continuano a provare a sviscerare il problema, cercando di aggiungere un tassello al mosaico del cervello.