L’idea di unire insieme due anelli molecolari, ciascuno con quattro cariche positive, sembra sfidare le leggi della fisica. Tali leggi portano due cariche positive a respingersi le une con le altre, pertanto ogni tentativo di costringere cariche positive a stare insieme su una molecola organica e terminare con una struttura stabile sembrava destinato al fallimento. Un recente articolo pubblicato sulla rivista Science dal titolo “A Radically Configurable Six-State Compound” mostra come un pensiero controintuitivo su questo problema può raccogliere dei risultati.
L’articolo presenta i risultati di uno studio condotto nel gruppo del Professor Sir Fraser Stoddart, al quale ha partecipato anche chi scrive, presso la Northwetern University negli Stati Uniti e che ha visto il coinvolgimento e la collaborazione di numerosi scienziati e laboratori. Il composto realizzato, che è noto tra i chimici come “catenano”, è l’ultimo esemplare di una serie di molecole meccanicamente interconnesse a uscire dal laboratorio del Professor Stoddart, pioniere nel campo delle nanoscienze e della chimica organica.
Il segreto per unire due molecole che naturalmente si respingono una con l’altra è quella di ridurre le cariche positive a radicali. Ed è attraverso l’introduzione nella scena dei radicali (elettroni spaiati), che i ricercatori della Northwestern hanno potuto creare una relazione di attrazione-repulsione dove l’unione trionfa. Proprio attraverso la propensione dei radicali a fare coppia, un anello è in grado di attrarre un altro anello superando le forze di repulsione. Il processo lega i due anelli insieme in un legame di natura meccanica, non chimica, che una volta formato non può essere rotto facilmente.
Lo ricerca che ha portato alla realizzazione di questa molecola è il frutto di una perfetta simbiosi con i membri del gruppo di ricerca, composto da studenti provenienti dalle più disparate parti del mondo. Si trattava di una molecola che molti credevano impossibile da realizzare proprio in virtù della elevate densità di cariche presenti. Era necessario far comunicare questi due anelli in determinate condizioni e in modo che si potessero “piacere” e a questo punto unirli mediante un legame meccanico. La strategia di aggiungere elettroni all’anello in modo da ridurne temporaneamente la carica e quindi unirli ha funzionato alla prima prova.
Una volta formato, il composto può essere ossidato, perdendo gli elettroni, e le cariche positive dei due anelli tornano a respingersi; ma a questo punto i due anelli non possono più dividersi. Qui sta proprio la bellezza di questo sistema: a dispetto della naturale tendenza dei due anelli a respingersi, una volta forzati a stare insieme, non ne vogliono più sapere di separarsi. Così i due anelli convivono insieme in una costante relazione di amore e odio, alla fine, l’amore trionfa. I due anelli incatenanti contengono un numero elevato di cariche positive (otto in totale) in uno spazio racchiuso in pochi nanometri cubi.
La capacita di stipare numerosi elettroni in uno spazio cosi piccolo lo rende particolarmente interessante per varie applicazioni dove è richiesta un’elevata capacità di stoccaggio di elettroni, come ad esempio nelle realizzazione di batterie. Siamo di fronte a una piccola molecola, derivata dall’unione di due molecole, che racchiude molte proprietà nascoste. La possibilità di introdurre elettroni spaiati, in modo reversibile, e alterare gli stati elettronici della molecola rende il sistema particolarmente attraente nel campo delle memorie elettroniche.
La molecola realizzata alla Northwetern, che in apparenza sembrerebbe confinata al mondo accademico, può trovare numerose applicazioni in campo tecnologico. Applicazioni che potranno nascere solo attraverso un’intensa collaborazione tra varie discipline.