L’Italia ha conquistato nel 2012 alcuni record dei quali avremmo volentieri fatto a meno. I record sono contenuti nelle statistiche elaborate dalla EHN (European Heart Network) e presentate ieri a Milano da Susanne Logstrup nel corso di un incontro su “La trombosi ai tempi della crisi” organizzato dalla ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari- Onlus. Dal rapporto risulta che il nostro Paese ha il più alto tasso europeo di persone in sovrappeso e affette da obesità e questi sono tra i principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari da trombosi, cioè di quelle patologie che conosciamo sotto i nomi di infarto, ictus, embolia. Per un altro ben noto fattore di rischio come il fumo, si assiste in Europa a un andamento positivo nel senso che la percentuale dei fumatori è in diminuzione nel continente; tuttavia nel caso degli adolescenti c’è una differenza geografica preoccupante per noi: mentre nel Nord Europa in età giovanile si fuma di meno, gli adolescenti italiani non sembrano seguire questo trend. Sono dati che fanno riflettere e rendono ancor più urgenti le azioni di prevenzione e le iniziative di promozione per accrescere la consapevolezza non solo del rischio di malattia ma anche della possibilità di evitarla: come l’appuntamento, che ALT ha rinnovato per il secondo anno consecutivo, della Giornata Nazionale per la Lotta alla Trombosi, che vedrà svolgersi il 17 aprile prossimo numerosi eventi in diverse città sul territorio nazionale. In vista di questo appuntamento, le analisi contenute nello studio della EHN offrono molti elementi di discussione e stimolano ad avviare azioni adeguate.
La trombosi in sé non si può definire una malattia: è piuttosto la causa che determina diverse malattie, che prendono il nome dall’organo colpito. La principale causa delle trombosi è l’aterosclerosi: si tratta di un processo che porta alla formazione di placche sulle pareti di vene e arterie, che tendono quindi a restringersi, facilitano la formazione di coaguli di sangue (i trombi), fino all’occlusione completa del vaso stesso. Ciò si verifica quando si rompe il delicato equilibrio fra la tendenza del sangue a coagulare e la necessità dello stesso di rimanere fluido. Quando questo fenomeno si verifica in un organo in cui ogni cellula è di vitale importanza, come il cuore e il cervello, si va incontro a episodi clinici molto gravi come l’infarto cardiaco e l’ictus cerebrale. Se il fenomeno è contenuto o colpisce organi non vitali causa malattie, che possono rivelarsi altrettanto gravi, quali trombosi venosa profonda degli arti, trombosi della vena porta e infarto intestinale. Se invece il trombo si rompe, qualche frammento può raggiungere i polmoni e provocare un’embolia polmonare.
Quali sono allora i numeri della trombosi? La malattia resta la principale causa morte in Europa: a lei va attribuito il 40% dei decessi nella CE; sono 4 milioni gli europei che muoiono ogni anno per malattie cardio e cerebrovascolari e altrettanti quelli che restano invalidi a causa di malattie vascolari; sono un milione e 100 gli europei che muoiono di ictus ogni anno. A livello di questi grandi l’Italia è nella media europea, col 34% dei decessi per la popolazione maschile e il 42% per quella femminile. Più in dettaglio, sono 187 mila gli italiani che muoiono ogni anno di malattie cardio e cerebrovascolari (60 mila gli uomini e 127 mila le donne); 38 mila uomini e 37 mila donne muoiono di malattie coronariche ogni anno; 38 mila donne e 25 mila uomini in che muoiono di ictus ogni anno.
Ad aggiungersi agli aspetti umani e sociali c’è anche un problema economico, particolarmente sentito in questi tempi di crisi. Ogni anno l’Europa spende 196 miliardi di euro per infarto, ictus cerebrale, embolia, trombosi venose e arteriose: il 54% per i costi diretti, legati alle cure, ai ricoveri in ospedale, agli esami e ai farmaci. Il rimanente 46% per i costi indiretti, legati alla mancata produttività e alle spese sostenute dalle famiglie per l’assistenza ai malati. È come se in Europa ogni Servizio Sanitario Nazionale dovesse spendere 12 euro per ciascun abitante. Costi enormi e insostenibili, a fronte di malattie che sono spesso conseguenza dello stile di vita e in particolare di livelli insufficienti di attività fisica, di obesità, fumo, ipertensione e diabete. La ricerca scientifica ha confermato su più fronti che solo limitando questi fattori di rischio si potrebbe evitare la malattia in almeno in un caso su tre.
Conoscere i fattori di rischio che tendono ad accelerare il fenomeno dell’aterosclerosi rappresenta il primo passo per prevenire le malattie cardiovascolari. Rischi che possono essere raggruppati in due grandi categorie: i fattori di rischio generici, legati allo stile di vita, come ipertensione, uso della pillola anticoncezionale, alti livelli di grassi nel sangue, eccesso di peso, fumo di sigarette e vita sedentaria; i fattori di rischio specifici, come alterazioni quantitative delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione.
Investire oggi in prevenzione è urgente e inevitabile, dicono i responsabili di ALT: «gli investimenti necessari sarebbero molto contenuti, perché non mirano all’esecuzione di esami ma a campagne di comunicazione mirate a far crescere la consapevolezza che uno stile di vita scorretto va cambiato al più presto, negli adulti e nei bambini. In particolare dobbiamo agire presto sui bambini: sono troppo spesso troppi pigri, solo dodici su 100 fanno attività fisica tutti i giorni, mangiano troppo poca frutta e verdura, ma troppi grassi e cibi dolci, nemici delle arterie».
Ancora una volta, sono i dati ad allarmare: in Italia solo 20 ragazzi su 100 fra gli 11 e i 15 anni consumano verdura contro 26 bambine su 100, solo 33 maschi su 100 consumano frutta contro 39 ragazze su 100; fra gli adulti la situazione è anche peggio: 33 italiani su 100 non praticano alcuna, neppure informale, attività fisica, contro 6 tedeschi su 100 e 10 francesi su 100; fra le donne: non praticano attività fisica sufficiente 60 italiane su 100, contro 29 tedesche e 37 francesi su 100. Sedentarietà e alimentazione scorretta costituiscono una miscela letale, in quanto causa principale dell’ inaccettabile aumento dell’indice di massa corporea (BMI) tra gli adulti: in Italia il BMI medio dell’adulto è 26.5, tra i più alti d’Europa, e secondo l’OMS equivalente a sovrappeso.
«Per combattere le malattie cardiovascolari da trombosi e salvare vite umane – sostiene ALT – abbiamo bisogno di scienza e buonsenso. Il buonsenso di scegliere una vita sana e attiva. Se ognuno di noi divenisse protagonista della propria salute e scegliesse abitudini corrette e uno stile di vita intelligente, una vita su tre potrebbe essere salvata. Anche la scienza però è necessaria perché molte persone muoiono o rimangono invalide per ragioni ancora sconosciute che i ricercatori però possono individuare. Per questo finanziare la ricerca scientifica nel campo delle malattie cardiovascolari da trombosi significa salvare vite umane».