La corsa verso le bioenergie procede senza soste. Biologi, chimici, scienziati ambientali le stanno provando tutte per sfruttare anche il più piccolo scambio energetico tra gli esseri viventi al fine di ottenere energia utilizzabile riducendo il ricorso ai minacciosi combustibili fossili. In primo piano c’è il tentativo di combattere il cambiamento climatico globale che, nonostante le controverse valutazioni di tanti studiosi e i “pentimenti” di illustri ambientalisti, sembra ormai diventato un must nelle agende politico-economiche di tutti i Paesi. Sullo sfondo c’è la competizione tra i principali attori del mercato dell’energia e c’è un intreccio di partite a scacchi dove in tanti si chiedono quale sia la mossa vincente che possa spalancare le porte a nuovi scenari energetici planetari.
Peraltro, che la produzione di energia da fonti fossili, nelle forme attuali, abbia un pesante impatto ambientale è abbastanza assodato; ma non è detto che tale impatto non possa essere minimizzato con avanzamenti tecnologici nell’ambito delle medesime fonti. Come pure, se è vero che le bioenergie sono favorevoli in termini di inquinamento, non mancano problemi e preoccupazioni anche relativamente al loro impiego. In ogni caso vale la pena seguire gli sviluppi e conoscere meglio le soluzioni che provengono dai più diversi laboratori e centri di ricerca. Come il Bioenergy Systems Research Institute dell’università della Georgia dove un gruppo di biochimici ha escogitato un metodo per trasformare l’anidride carbonica intrappolata nell’atmosfera in utili prodotti industriali.
La loro scoperta potrebbe presto portare alla realizzazione di biocarburanti prodotti direttamente dall’anidride carbonica presente nell’aria, responsabile della cattura dei raggi solari e, almeno in parte, dell’innalzamento delle temperature globali. Quello che hanno fatto i ricercatori del team georgiano, che comprende anche studiosi del Franklin College of Arts and Sciences, è sostanzialmente la costruzione di un microrganismo che fa con l’anidride carbonica esattamente ciò che fanno le piante, cioè assorbirla e generare qualcosa di utile; il loro approccio e i primi risultati sono descritti nell’articolo “Exploiting microbial hyperthermophilicity to produce an industrial chemical, using hydrogen and carbon dioxide” pubblicato sull’ultima edizione di PNAS-Proceedings of National Academy of Sciences.
Ecco i passi principali della loro ricerca. Dobbiamo partire dal processo di fotosintesi, durante il le piante utilizzano la luce solare per trasformare acqua e anidride carbonica in zuccheri che le piante utilizzano per l’energia, proprio come gli esseri umani bruciare calorie ricavate dal cibo. Questi zuccheri possono essere fermentati in combustibili come l’etanolo, ma si è dimostrato molto difficile estrarre efficacemente gli zuccheri, che sono bloccati all’interno delle complesse pareti cellulari della pianta. Il valore di quest’ultima scoperta è che diventa possibile evitare le piante come “intermediario”: si può infatti prelevare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera e trasformarla in prodotti utili come combustibili e prodotti chimici, senza dover passare attraverso l’inefficiente processo di coltivazione di piante e di estrazione di zuccheri a partire dalla biomassa.
Il merito di tutto va attribuito a un microrganismo unico nel suo genere, chiamato Pyrococcus furiosus, (“palla di fuoco”), un archeobatterio tra i più resistenti al calore, che vive nutrendosi di carboidrati nelle acque dell’oceano surriscaldate vicino a sfiati geotermici. Manipolando il materiale genetico dell’organismo, i biochimici hanno creato un Pyrococcus furiosus che è in grado di assumere anidride carbonica a temperature molto più basse. Il team dei ricercatori ha poi utilizzato idrogeno per indurre nel microrganismo una reazione chimica che incorpora l’anidride carbonica in acido 3-idrossipropionico, una sostanza chimica comune usata in ambito industriale per fare acrilici e molti altri prodotti.
Con ulteriori manipolazioni genetiche di questo nuovo ceppo di Pyrococcus furiosus, se ne può ottenere una versione che genera una serie di altri prodotti utili industriali a partire da anidride carbonica. Quando il combustibile così prodotto viene bruciato, rilascia la stessa quantità di anidride carbonica utilizzata per produrlo, realizzando così di fatto un processo “carbon neutral” e prospettando quindi una possibile alternativa molto più “pulita” alla benzina, al carbone e al petrolio. Gli autori della ricerca sono consapevoli che si tratta solo di un primo passo; che tuttavia contiene una grande promessa. Non resta ora che affinare il processo e iniziare a testarlo su scala più ampia.