Un team tutto italiano, quello che effettuato una nuova scoperta in merito alla dipendenza da cocaina. Non ci voleva una schiera di scienziati per spiegare al popolo i danni che la droga causa al chi ne fa uso, ma ci sono invece voluti sette studiosi dell’Università dell’Insubria e del Politecnico di Milano che, capitanati dai docenti Marcello D’Ascenzo e Claudio Grassi dell’Istituto di Fisiologia Umana dell’Università Cattolica di Roma, per scoprire in che modo la cocaina riesca ad agire sul cervello. Una volta capito come essa agisce, è quindi più semplice cercare una cura, attraverso un farmaco che possa combattere la dipendenza fisiologica. Abbiamo contattato proprio il professor D’Ascenzo, professore associato della Cattolica e coordinatore della ricerca pubblicata ora dalla rivista scientifica “Brain”. Il protagonista dello studio apparso sulla rivista inglese di scienze neurologiche è la D-serina, un aminoacido presente in quella piccola porzione di cervello chiamata nucleus accumbens, insieme neuronale adibito alla regolazione del riso, all’elaborazione della sensazione del piacere e della paura e che, soprattutto, gioca un ruolo importante nella gestione delle dipendenze. Questa molecola, nel nucleus accumbens, regolamenta la cosiddetta plasticità sinaptica, in grado di facilitare il passaggio di informazioni tra i neuroni.
Come avete proceduto e in che modo ha agito la D-serina?
Abbiamo innanzitutto riscontrato che nei ratti trattati cronicamente con cocaina si determina una diminuzione della concentrazione di D-serina nel nucleus accumbens. Questi animali mostrano, in seguito al trattamento con cocaina, un considerevole aumento della loro attività motoria. Questo effetto comportamentale indotto dalla cocaina non si verificava in ratti nei quali abbiamo iniettato D-serina direttamente nel nucleus accumbens (per ripristinare i livelli normali di questa molecola).
Un bel risultato…
Sì, anche se non abbiamo potuto fare test comportamentali più complessi, trattandosi di ratti. Bisogna comunque considerare che si ritiene che i meccanismi molecolari e cellulari che sono alla base delle alterazioni motorie sono gli stessi che sottendo comportamenti più complessi come la ricerca compulsiva della droga.
Pensa che in futuro si potrà utilizzare la D-serina anche sulle persone?
Lo studio, per il momento, si ferma ai roditori. Per uno studio clinico sull’uomo ci vorranno anni, ma non ci precludiamo questa possibilità, dal momento che il nostro obiettivo è proprio quello di poter migliorare le condizioni di individui affetti da dipendenza da cocaina. Staremo a vedere.
(Maddalena Boschetto)