Se c’è una cosa che mi ha colpito ancor più dello strabiliante successo di Beppe Grillo e del suo M5S, è il radicale quanto generalizzato fraintendimento della sua vera natura, che lo riduce ad un puro voto di protesta; mentre si tratta innanzitutto di un fenomeno culturale di portata epocale, che va ben al di là della contingenza politica. Con M5S, infatti, per la prima volta nella storia, un movimento che basa la sua azione su una concezione della scienza radicalmente opposta a quella galileiana, su cui da quattro secoli si fonda la nostra civiltà, è a un passo dal prendere il potere proprio nel paese in cui la scienza è nata (e che, non dimentichiamolo, è ancora, nonostante tutto, la sesta potenza del pianeta). Ma andiamo con ordine.



Che alla base di tutto ci sia la rabbia della gente è ovvio, ma ciò non spiega perché la protesta sia andata tutta in direzione di Grillo, al punto che gli altri partiti antisistema (Sel, Rc e Lega), anziché essere premiati per la durissima opposizione al governo Monti, hanno tutti preso una legnata storica. Men che meno spiega come mai M5S abbia tolto addirittura più voti al Pdl che al Pd (32% contro 25% secondo Demopolis). Ma soprattutto così si ignora la storia personale di Grillo, che non è entrato in politica, ma piuttosto vi si è trovato dentro quasi inavvertitamente, come esito naturale dell’evoluzione del suo modo di interpretare il mestiere di comico (tant’è vero che non vi sono differenze apprezzabili tra i suoi comizi di oggi e i suoi show di una volta). Grillo è infatti l’unico in Italia che abbia sempre fatto una autentica satira sociale, entrando nel merito dei problemi e proponendo spesso le sue soluzioni, anziché limitarsi a sbeffeggiare i difetti dei politici, come ha ricordato – unico fra tutti – Gian Antonio Stella sul Corriere del 27 febbraio.



Anche a Stella è però sfuggito l’elemento decisivo che ha permesso di trasformare tutto ciò in un partito politico, e cioè Internet. M5S è infatti il primo vero partito di Internet, non solo perché è il primo che abbia usato esclusivamente il web per trasmettere il proprio messaggio, ma, ben più profondamente, perché, per dirla col grande sociologo dei media Marshall McLuhan, per M5S “il medium è il messaggio”, anzitutto nel senso che il fatto di puntare tutto su Internet trasmette di per se stesso un senso di maggiore modernità, efficienza e democraticità rispetto ai partiti tradizionali, a prescindere dal reale valore delle proposte avanzate.



Ma per Grillo Internet “è il messaggio” in un senso ancor più radicale che per McLuhan. Infatti, contrariamente a ciò che tutti stanno ossessivamente ripetendo, non solo Grillo ha un programma, ma ha un programma che, per quanto essenzialmente ecologista nell’ispirazione generale, si presenta però come essenzialmente tecnocratico nel metodo. È per questo che ha preso voti da tutte le parti: la tecnica infatti non ha colore politico ed è l’ideale per attrarre chi dalla politica è stato deluso.  

Ciò era chiaro fin dalla scelta del nome, Cinque Stelle, che non allude a nulla di romantico, bensì al simbolo dell’eccellenza qualitativa nelle guide turistiche. E del resto Grillo non perde occasione per sottolineare che i suoi candidati, anche se giovani (o meglio, proprio perché giovani), sono persone che hanno competenze e, soprattutto, idee, che basterebbe applicare per risolvere tutti i nostri problemi. Solo che poi si scopre che si tratta al massimo di laureati (quando non addirittura di laureandi), cosa di per sé ottima, soprattutto a fronte dell’ignoranza di certi politici (e, diciamolo, anche di certi giornalisti), ma che significa ben poco. In effetti perfino il mitico “Master”, reso celebre dalle tragicomiche disavventure di Oscar Giannino, non dev’essere sopravvalutato: l’unico titolo che conta davvero a livello internazionale è il Ph.D., ovvero il Dottorato di Ricerca, fermo restando che per essere ritenuti dei veri “esperti” di checchessia non basta neanche quello, ma occorrono fior di pubblicazioni su riviste accreditate. 

Allora da dove viene la legittimazione dei presunti “esperti” di Grillo? La risposta è semplice: da Internet. In effetti Grillo e M5S hanno portato prepotentemente sotto le luci della ribalta un fenomeno che andava avanti in sordina ormai da anni nella generale indifferenza, benché avesse già iniziato a condizionare pesantemente la nostra vita: sto parlando della formazione di una vera e propria “comunità scientifica alternativa”, che, nata intorno ai blog internettiani, sta diventando per un numero sempre maggiore di persone la depositaria della “vera” scienza.

Tale pretesa, in sé folle e pericolosissima, si giustifica essenzialmente in due modi. Anzitutto attraverso la pesudo-democrazia di Internet: se tanti sono d’accordo con una certa idea, si pensa, qualcosa di vero ci dovrà pur essere. Ma, a parte che Internet non è affatto uno strumento democratico (dato che la democrazia è libertà più regole, mentre la libertà senza regole, tipica del web, si chiama anarchia), l’errore di fondo sta proprio nel pensare che la scienza sia una questione di consenso. Invece, come diceva Galileo, «la natura, Signor mio, si burla delle costituzioni e decreti de i principi, degl’imperatori e de i monarchi, a richiesta de’ quali ella non muterebbe un iota delle leggi e statuti suoi». È per questo che è stato inventato il metodo sperimentale, ed è per questo che il controllo, non solo delle ipotesi ma anche degli stessi risultati sperimentali, da parte degli altri membri della comunità scientifica (il cosiddetto metodo della peer review), pur non esente da difetti, è assolutamente indispensabile: altrimenti non si potrà che tornare alla situazione che c’era prima di Galileo, cioè al dilagare della pseudoscienza e della superstizione, come infatti già sta accadendo. Per negare tale evidenza gli scienziati da blog ricorrono all’altro grande must di Internet: il complottismo. Si afferma cioè che la scienza “ufficiale” è in mano ad una casta che difende solo i propri privilegi e il proprio potere, esattamente come i politici (con cui anzi è collusa) e che le soluzioni ai problemi si potrebbero trovare, anzi si sono già trovate, “sono là fuori”, ma non vengono attuate proprio a causa di tali resistenze. 

Ora, è vero che la scienza non è infallibile e che fenomeni di questo genere talvolta si verificano realmente: ma di qui a dire che questo è ciò che normalmente accade ce ne corre; e, soprattutto, non si capisce perché mai la scienza da blog dovrebbe essere più affidabile, dato che il metodo galileiano contiene un’intrinseca tendenza all’autocorrezione, che già molte volte nella storia ha costretto gli scienziati ad arrendersi all’evidenza, gettando a mare i propri pregiudizi, mentre nulla di simile pare inerire al cliccare “Mi piace” o “Non mi piace” su di un blog. Resta però il fatto che Grillo e i suoi pensano davvero di avere in mano la ricetta giusta per rifare il mondo; e che se molti l’hanno votato solo per protesta o per disperazione, molti altri invece l’hanno fatto (e sono pronti a rifarlo) perché trovano convincente il suo programma. Se non si capisce questo, non si capisce nulla.

Ma attenzione! Grillo è solo una conseguenza: al fondo il problema è culturale. Nessuna legge e nessuna politica potranno infatti mai porre un freno alla diffusione della pseudoscienza internettiana: solo una vera educazione potrà farlo. Un’educazione che, per essere efficace, dovrà necessariamente rimettere al centro le idee, oggi quasi esecrande, di verità e di autorità, nonché la necessaria serietà all’interno della scuola, il cui scopo è insegnare: altro che “permettere ad ogni ragazzo di ritagliarsi il proprio percorso di auto-apprendimento” e similari balle psico-pedagogo-libertarie! Tale consapevolezza è tanto più urgente considerando l’internettizzazione sempre più spinta della scuola stessa. L’alternativa è veder distrutto il fondamento della nostra civiltà tecnologica e, con esso, del nostro stesso benessere materiale, oltre che della nostra cultura.

Infine, va detto chiaramente che un grande contributo alla diffusione di questa mentalità è stato dato dagli opposti estremismi dello scientismo (perché è chiaro che se la scienza si presenta col volto degli Odifreddi e delle Hack una persona normale cercherà di tenersene il più possibile alla larga) e del relativismo epistemologico: come stupirsi infatti che queste idee girino oggi sul web se fin dagli anni Cinquanta celebrità mondiali come Popper, Quine, Wittgenstein, Kuhn, Feyerabend e compagnia filosofante hanno sostenuto con la massima serietà che credere nell’esistenza degli atomi piuttosto che in quella degli dei dell’Olimpo è essenzialmente una questione di convenzioni, che l’astronomia non è realmente superiore all’astrologia e che ciò che viene considerato “conoscenza” dipende dagli interessi di chi detiene il potere all’interno della comunità scientifica? Se c’è un apporto positivo che il grillismo può (involontariamente) darci è proprio la consapevolezza di quanto queste teorie siano non solo erronee, ma realmente pericolose – o, più esattamente, micidiali. Altro che “chiacchiere da filosofi”: le idee sbagliate, alla lunga, uccidono

Post scriptum per i nostri politici. Anche se il problema che ho cercato di evidenziare è ben altrimenti ampio, complesso e grave per ridurlo alla situazione politica contingente, tuttavia ha a che fare anche con essa. Se infatti ho ragione, ci sono due errori speculari (purtroppo già ampiamente diffusi) da evitare assolutamente: il primo è illudersi che con Grillo sia possibile un accordo costruttivo, il secondo è illudersi che l’exploit di M5S possa essere rapidamente riassorbito. Se ci riportano a votare in tempi brevi, Grillo li distruggerà tutti: e poi, con le migliori intenzioni di questo mondo, distruggerà anche l’Italia. Intendiamoci, le esigenze di cui si è fatto portavoce sono vere, ma il modo giusto di prenderle sul serio non è rincorrere un impossibile accordo con lui, bensì cercare delle risposte diverse – molto diverse – dalle sue. Insieme, perché questo impongono i numeri (oltre che il buon senso). Se posso permettermi un suggerimento, mi pare che l’unica strada praticabile sia un governo di legislatura Pd-Pdl a guida Renzi, con Bersani e Berlusconi in un ruolo di garanzia alle presidenze di Camera e Senato.