Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile 1986 ci fu lo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina che determinò la diffusione in atmosfera di sostanze altamente radioattive, tra cui il “cesio 137”, tornato pericolosamente a far parlare di sé a migliaia di chilometri di distanza, in Valsesia, provincia di Vercelli dove sono state trovate tracce di questo isotopo radioattivo nella lingua e nel diaframma di 27 cinghiali di quel comprensorio alpino abbattuti dai cacciatori tra il 2012 e il 2013. In un numero consistente di campioni (non si sa ancora in quanti) il livello di cesio 137 è da record: raggiunge i 5.621 Becquerel per Kilo quando il livello di guardia è 600 Bq/Kg. L’allarme è subito scattato: carabinieri del Nas e del Noe sono stati convocati dal ministro della Salute Renato Balduzzi. E ora sono partite tutte le verifiche del caso. Il sussidiario.net ha voluto approfondire l’argomento e per farlo ha intervistato il dottor Umberto Agrimi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’Iss.
Torna il fantasma di Cernobyl con l’isotopo radioattivo ritrovato? Certamente l’ipotesi che possa trattarsi di un’eredità di Chernobyl è una delle più accreditata. È plausibile pensare che le alpi possano aver fatto da filtro e convogliato alla fine la ricaduta in certe specifiche aree. Ma non è l’unica ipotesi.
Quali sono le altre? Le altre ipotesi vanno vagliate con grande attenzione. Da quelle dello stoccaggio illegale di sostanze radioattive ai siti di stoccaggio di vecchi impianti, come quello Eurex a Saluggia nel Vercellese, devo dire abbastanza lontano dalla zona dove sono stati abbattuti i cinghiali. Ma non va tralasciato nulla. Teniamo presente che tutte le dinamiche ambientali quando si parla di cinghiali, quindi di specie selvatiche, sono estremamente complesse: gli spostamenti possono essere molto ampi, la loro alimentazione, tutto ciò che si instaura tra la componente ambientale, le acque superficiali e gli altri organismi dei quali si nutrono creano dinamiche estremamente complesse da leggere e valutare con attenzione.
Cernobyl ci riporta indietro al 1986. Possibile che dopo oltre 20 anni ci siano ancora tracce di radioattività? Il cesio 137 ha un’emivita estremamente lunga di 30 anni quindi il fatto che ci siano questi valori non sorprende se nell’area delle alpi troviamo queste tracce.
Ci può spiegare che cos’è il cesio 137? È l’isotopo radioattivo del cesio e si forma durante la fissione nucleare dell’uranio. È una sostanza radioattiva perché rilascia nel suo decadere diverse radiazioni tra cui raggi gamma, questi sono gli aspetti che creano particolare preoccupazione sotto il profilo sanitario perché possono determinare problemi.
La popolazione deve cominciare a preoccuparsi? Le informazioni che ci sono adesso sono molto limitate. Ci sono queste positività che vanno valutate con attenzione. Bisogna capire qual è la fonte di contaminazione che ha determinato questi livelli nei cinghiali. Se è limitata a una certa area, a una certa esposizione, alla particolare alimentazione di questi animali. Sono tutti aspetti che vanno valutati per capire poi la dimensione e le potenziali ricadute in termini sanitari per la popolazione. Ma veramente è troppo presto per parlarne.
Qualche accorgimento che possiamo consigliare? Il rischio derivante dal consumo di carne di cinghiale è, ovviamente, un aspetto da valutare, ma è prematuro giungere a conclusioni; i valori riscontrati in qualche animali sono elevati ma non necessariamente aprono ad un allarme sanitario, bisogna capire la dimensione del problema e la sua origine perché se è circoscritto e limitato a pochi animali tutto assume una dimensione diversa.
Ci sono altre zone in Italia interessate da inquinamento radioattivo?
Tutti i vecchi siti di stoccaggio o vecchi impianti devono essere gestiti secondo la normativa, per cui il problema della fuga radioattiva non deve esserci. La gestione dev’essere attuata attraverso le corrette procedure di legge. Poi c’è da dire che le sostanze radioattive vengono utilizzate in diversi ambiti, da quelli produttivi industriali a quelli della ricerca biomedica, anche quando andiamo a farci una radiografia anche lì si usano sostanze radioattive. Le potenziali fonti radioattive sono tantissime. Il punto è gestirle correttamente.
L’Italia è attrezzata per questa corretta gestione? Certamente sì, poi per altro ha fatto una scelta radicale di non ospitare centrali nucleari e questo diciamo la espone meno (visto che esistono oltralpe) al rischio più significativo, derivante dalle fonti grandi di esposizione.
Basta l’abbattimento dei 27 cinghiali per scongiurare il pericolo? No. I cinghiali rappresentano certamente una sentinella per cui è evidente che bisogna prima capire la dimensione del problema. La domanda principale da porsi in questo momento è : qual è l’origine di questi livelli di positività al cesio 137 di questi cinghiali e capire poi l’estensione dell’area che ne ha determinato la contaminazione.
(Elena Pescucci)