L’energia e il cibo, che poi è la sorgente di energia per mantenerci in vita, sono da sempre il problema principale dell’esistenza umana. Dalla scoperta del fuoco, all’utilizzo della forza animale, idraulica, del vapore e così via fino ai nostri tempi.

Si è concluso da pochi giorni a New Orleans un convegno della Società Chimica Americana (ACS) dedicato agli sviluppi della chimica nel far fronte a i bisogni primari dell’umanità: l’energia e il cibo, che sono così naturalmente legati. Le relazioni principali hanno spaziato dalle trasformazioni chimiche nella preparazione, anche tradizionale, dei cibi e dall’analisi di come si genera quella globale sensazione – creata dal senso dell’odorato e del gusto – che chiamiamo sapore, alla messa a punto di nuove sorgenti di energia; dalla produzione di oli combustibili dalle alghe, quindi senza sottrarre terreno coltivabile come avviene con gli attuali biocarburanti, allo sfruttamento diretto dell’energia solare per produrre idrogeno.



Particolarmente interessante è stata la relazione di Daniel G. Nocera, professore di energia all’università di Harvard. Il titolo era “La foglia artificiale”. A tutt’oggi il sistema più efficiente che conosciamo per utilizzare direttamente l’energia solare è la sintesi clorofilliana, mediante la quale i vegetali sintetizzano glucosio e quindi amidi a partire da anidride carbonica e acqua; il cuore del processo è dato dalla clorofilla che sotto l’azione della luce produce elettroni in stato energeticamente eccitato che innescano una catena di reazioni durante la quale le molecole di acqua vengono scisse in ossigeno e idrogeno: per questo motivo le piante di giorno emettono ossigeno.



Molti tentativi sono stati fatti per costruire dei sistemi in grado di instaurare un meccanismo analogo di scissione delle molecole d’acqua ma tutti sono basati sul platino o altri metalli rari. Il grande risultato delle ricerche di Nocera è quello di essere riuscito a costruire dei sandwich di un composto di nichel, molibdeno e zinco da una parte e un composto di cobalto dall’altra con silicio semiconduttore nel mezzo, che provvede al trasferimento di elettroni tra le due facce. Immersi nell’acqua ed esposti alla luce solare questi sandwich sono in grado di liberare idrogeno da una superficie e ossigeno dall’altra.



Un problema che è stato risolto è quello dato dal fatto che, a contatto con ossigeno puro, i componenti del lato produttore di ossigeno tendono a ossidarsi rapidamente inibendo il funzionamento dell’apparato.

I metalli utilizzati sono relativamente abbondanti e quindi il costo del dispositivo può non essere proibitivo. L’idrogeno sarà utilizzato in una cella a combustibile per produrre energia elettrica.

La cosa interessante è che la reazione avviene a pH neutro, per cui non è necessario acidificare: può essere usata acqua del rubinetto, o addirittura acqua marina. Questo fa intravvedere la possibilità di un interessante effetto collaterale: siccome l’ossidazione dell’idrogeno nelle celle a combustibile produce acqua, ovviamente pura, un futuro impianto di questo genere sarebbe in grado di produrre energia elettrica e contemporaneamente desalinizzare l’acqua marina dando così una risposta alla penuria di acqua potabile.

Come sempre bisogna considerare che il passaggio dalla ricerca all’applicazione su scala industriale può essere lunga.