Si celebra oggi 22 aprile in tutto il mondo la Giornata mondiale della terra, l’Earth Day, una ricorrenza che risale ormai a diversi decenni fa e che intende sensibilizzare sulle problematiche ambientali del nostro pianeta. In questo senso l’Italia è una zona che vive talvolta in modo drammatico la sua realtà ambientale, caratterizzata come è fondamentalmente da due “handicap” naturali: la montuosità del suo territorio che la rende soggetta ai rischi provenienti da piogge intense e conseguenti alluvioni, e l’alta densità sismica. Ilsussidiario.net ha chiesto alla dottoressa Giuliana D’Addezio, Responsabile del laboratorio di didattica e divulgazione scientifica dell’Ingv, che significato ha oggi questa giornata per il nostro Paese. “La Giornata della Terra è un evento mondiale a cui noi siamo molto sensibilizzati soprattuto per quanto riguarda le emergenze che quasi giornalmente sentiamo che avvengono nel nostro territorio. Siamo cioè, in quanto particolarmente sensibili come Ingv ai temi geofisici, molto sensibilizzati ai problemi legati al mantenimento del territorio sia dal punto di vista dei terremoti ma anche la stabilità dei versanti data la propensione alle alluvioni di alcune zone. Tutti fenomeni naturali che però la gestione poca attenta del territorio fanno spesso diventare delle tragedie”. E’ allora importante sapere quale sia l’impegno della comunità scientifica, in questo caso dell’Ingv, davanti a questa realtà: “Le nostre attività divulgative sono mirate a sensibilizzare sull’attenzione costante soprattutto a partire dai più piccoli, attraverso le scuole, che qualunque nostra azione potrebbe avere una conseguenza quindi azioni positive avranno conseguenze positive e viceversa”. Data la natura del nostro territorio a essere naturalmente soggetto a situazioni problematiche, è da capire se esista una proficua sinergia tra comunità scientifica e responsabili amministrativi delle varie comunità civili: “Questo è il punto centrale. E’ importante che questa attenzione al territorio sia fatta insieme dal punto di vista della comunità scientifica che non si deve tenere le cose nei cassetti, ma allo stesso tempo essere in sinergia con la parte amministrativa. Altrimenti noi possiamo fare degli studi bellissimi sul territorio ma se non vengono recepiti a livello politico non hanno nessun effetto”. E’ dunque la montuosità del nostro territorio a renderlo soggetto a situazioni disastrose come valanghe e alluvioni, che tanto lo hanno colpito anche in tempi recenti, pensiamo alla Liguria e alla Toscana: “La maggior parte del territorio italiano è montuoso per cui i versanti hanno già di per se delle condizioni di instabilità. La parte in più del problema è che si interviene sui territori edificando in zone dove non bisognerebbe o comunque caricando i versanti di pesi che possono diventare frane soprattutto per via di questi cambiamenti climatici che rendono più vulnerabile il territorio. C’è poi da tener conto che non solo i casi citati ma un po’ tutto l’Appennino ad esempio l’Umbria nel mese di novembre dello scorso anno sono state tantissime le zone che hanno subito allegamenti proprio perché in queste zone per molti anni non si erano subiti allagamenti perché non c’erano stati eventi climatici estremi”.
Invece oggi questi eventi climatici estremi sembrano ripetersi molto spesso: “Si ripetono con una cadenza piuttosto importante e vediamo gli effetti di questa dimenticanza, in queste zone alluvionali dove nel passato dal punto di vista geo morfologico si sa che sono a rischio e invece sono stati urbanizzati aumentando il rischio stesso. Pensiamo a quanto successo qualche anno fa in Sicilia nella zona di Messina, zone che a una osservazione esperta sono riconosciute potenzialmente a rischio e l’innesto degli effetti climatici crea situazioni problematiche”. Ma l’Italia purtroppo soffre anche del fatto di essere quasi interamente una zona a continua attività sismica: “Il territorio italiano ormai è noto è gran parte soggetto a eventi sismici di natura moderata ma a volte anche di natura piuttosto intensa. Questo ce lo dice la nostra storia fisica. In passato abbiamo avuto un periodo di relativa calma dopo il grande terremoto del 1980 in Irpinia ma adesso sta tornando la naturale propensione del territorio a generare terremoti. Noi studiamo la situazioni, possiamo cercare di sapere dove e quando, in senso lato però, potranno scatenarsi nuovi eventi sismici di forte portata, ma non possiamo fare previsioni. Possiamo valutare ogni quando terremoti di magnitudo significativa si verificano ma va detto che non è il terremoto di per se che uccide ma le case che crollano in testa alle persone”. Quindi, conclude la dottoressa D’Abbezio, “l’unico modo per difendersi è costruire in modo da essere al sicuro. Purtroppo le comunità tendono spesso a dimenticare la propria memoria storica. Noi cerchiamo proprio di renderla invece sempre fresca su questi eventi, con studi e mappe aggiornate. Se però questo lavoro non viene recepita a livello politico e rimane lo studio scientifico che finisce nelle riviste, esso non ha impatto nella vita del persone”.