Il cosmo, in questo periodo, sta rispondendo con insolita abbondanza alle nostre “interrogazioni”. Da diversi apparati sperimentali arrivano sui computer dei fisici una quantità di dati in parte attesi, in parte inaspettati: tutti comunque interessanti e destinati ad aprire nuove piste di indagine su temi vecchi e nuovi.
Arrivano dai sotterranei del Cern di Ginevra; dove, parallelamente alle notizie sull’ormai celebre bosone di Higgs, si accumulano le evidenze emergenti dall’esperimento LHCb, progettato per indagare le stranezze della asimmetria tra materia e antimateria: quella asimmetria che non c’era in origine, subito dopo il Big Bang, quando le due forme erano presenti con uguale abbondanza mentre oggi tutto ciò che ci circonda, dal più piccolo pianeta alla più lontana galassia, è costituito di sola materia.
Sono arrivati la scorsa settimana con i primi risultati cosmologici delle osservazioni del satellite PLANCK che, oltre a precisare i dati anagrafici dell’universo, ne ha reso pubblico il bilancio materiale offrendo una più accurata stima di cosa c’è oltre quel 5% di materia che forma galassie, stelle e pianeti.
Sono stati, infine, diffusi appena l’altro ieri dai responsabili della Collaborazione AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), il più grande e sensibile spettrometro magnetico per lo studio della fisica delle particelle che sia stato mai dispiegato nello spazio e che ha raccolto un quantitativo di antimateria ampiamente superiore alle aspettative.
Tutti questi dati ci dicono qualcosa dell’universo come è oggi e come era nelle sue fasi iniziali; soprattutto invitano gli scienziati a dare l’assalto a quel 95% di universo che non è costituito dalla materia “ordinaria” che siamo abituati a conoscere e che può essere raggiunta e resa visibile dai moderni telescopi. In quel 95% (95,1 per l’esattezza) infatti ci sono la materia oscura e l’energia oscura, le cui percentuali sono appena state ricalcolate e aggiornate da PLANCK: 26,8% la prima, 68,3% la seconda, che è poi la responsabile dell’espansione accelerata dell’universo e quindi ha molto a che fare col suo futuro.
Certo, le risposte del cosmo sono un po’ speciali: più che risposte sono indizi, sono suggerimenti, sono segnali che richiedono un sottile lavoro di decodifica, la pazienza di saper attendere anche se non si vede subito una spiegazione. Contrariamente a una semplicistica immagine della scoperta scientifica come di una realtà che improvvisamente si rivela già tutta spiegata, nella sua chiarezza e luminosità matematica, il cosmo non fa annunci roboanti e le sue notizie non hanno la carica emotiva dei titoli dei telegiornali. La natura si lascia conoscere a poco a poco, chiede l’umiltà di confrontare tutti i dati, di non lasciar inevaso nessun dubbio, di accettare la fatica delle verifiche puntuali e dettagliate.
Le risposte del cosmo in realtà sono domande, sono interrogativi sempre più impegnativi che costringono i ricercatori a rivedere i loro schemi, ad abbandonare ipotesi alle quali erano attaccati, a immaginare nuovi scenari teorici. Prendiamo gli ultimi risultati scientifici diffusi da AMS-02 e in pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters. Ce n’è abbastanza per mettere al lavoro per anni schiere di fisici delle particelle e di cosmologi. 
Cosa cercava e cosa ha trovato finora AMS-02? La sofisticata apparecchiatura è stata installata all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nel maggio 2011; da allora ha misurato oltre 30 miliardi di raggi cosmici aventi energie fino a migliaia di miliardi di elettronvolt. Lo ha fatto grazie a una strumentazione basata su un magnete permanente equipaggiato da una serie di rivelatori di particelle di precisione in grado di identificare i raggi cosmici provenienti dalle zone più remote dello spazio.



Analizzando un campione di 6,8 milioni di questi raggi – quindi ottenendo il più grande campione statistico mai raccolto di elettroni e positroni (antielettroni) – i fisici hanno contato circa 400.000 positroni, cioè un numero record di antiparticelle. La frazione di positroni nei raggi cosmici primari misurata da AMS-02 – dicono i fisici italiani, che hanno un ruolo primario nella missione – mostra un minimo intorno ai 10 GeV e ad energie superiori a 250 GeV lo spettro sembra appiattirsi. Quel che è più rilevante è che lo spettro della frazione di positroni non presenta nessuna struttura né in funzione dell’energia, né del tempo e non mostra alcuna anisotropia angolare: il che significa che l’antimateria non proviene da una direzione preferenziale dello spazio.
Si tratta ora di capire l’origine di queste particelle e non si esclude che possano essere le tracce proprio della misteriosa e tanto ricercata materia oscura. Esattamente ottant’anni fa l’astronomo Fritz Zwicky aveva introdotto l’idea dell’esistenza di una massa rilevabile dai suoi effetti gravitazionali ma non osservabile, quindi “oscura”. In seguito l’ipotesi della sua presenza nell’universo ha preso sempre più consistenza finché ora i fisici la stanno assediando da più parti: dal tunnel del grande acceleratore LHC, dai freddi occhi di PLANCK e dal potente spettrometro di AMS; altri progetti sono allo studio da parte delle Agenzie Spaziali Europea e Statunitense. L’attacco alla materia oscura è ormai decisamente sferrato. E intanto anche i cacciatori di dark energy affilano le armi.

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