Cosa pone veramente all’attenzione il caso Stamina? La vicenda che ha visto coinvolti gli Spedali Civili di Brescia e la Fondazione Stamina in un caso di terapie compassionevoli (come molte nel silenzio si verificano) con cellule staminali mesenchimali si è riproposta questa settimana anche grazie ad una intervista che le Iene (trasmissione di Italia 1) hanno fatto al sottoscritto, come medico e paziente, lo scorso venerdì e che è andata in onda il 5 maggio sera.



La malattia non è una vergogna o una colpa ed io ritengo che la privacy sia sinonimo di “vergognarsi di qualcosa”.

Quando mi sono ritrovato alle 7 di mattina il microfono davanti al viso ho tentato una flebile difesa di ufficio tirando in ballo la mia privacy, ma subito ha prevalso la voglia di non tirarmi indietro e di stare a quel fatto inatteso che mi stava capitando. Passiamo la vita a rivendicare un coinvolgimento, a pensare che vogliamo esserci per dire la nostra e poi quando capita l’occasione non possiamo tirarci indietro; io almeno non voglio più farlo.



Sì, è vero che i mass media strumentalizzano la realtà ma questo purtroppo è lo sfondo nel quale si trova a muoversi chi vuol comunicare agli altri qualcosa. Quello che io vorrei dire al riguardo è semplicemente quanto segue.

Ricordiamo un incontro fatto a Milano più di 10 anni fa con il prof. Cesana ed il prof. Liberati nel quale si giudicò in modo molto critico l’esasperazione della evidence based medicine? Se va bene forse il 10% di tutte le pratiche mediche ha a monte un percorso dimostrato di costo-efficacia. Per il resto prevalgono la scienza, la coscienza, l’osservazione ed il rapporto del medico con il malato.



L’esasperazione quindi del percorso scientifico di validazione di qualche terapia può essere la foglia di fico o il modo implicito di dire che non vogliamo interessarci di certe questioni.

Sappiamo che sono disponibili metanalisi molto recenti e molto valide che riferiscono, sulla base di trial già effettuati o in corso di effettuazione, che le cellule staminali mesenchimali sono safe?

Sappiamo che molti di coloro che oggi si stracciano le vesti a causa di questa vicenda coltivano cellule staminali mesenchimali e le usano magari anche per patologie neurologiche?

Sappiamo che la gran parte dei passi avanti veri la medicina li ha fatti spesso per caso? Andando quasi a tentoni?

Sappiamo che, dico io giustamente, molti farmaci oncologici, e non solo, sono usati al di fuori delle indicazioni per cui sono stati registrati? 

Sappiamo che le aziende registrano molti farmaci con indicazioni ristrette rispetto a quelle possibili per avere un prezzo più alto e per usare poi il farmaco a favore di un più ampio target di pazienti, sfruttando l’utilizzo off label?

Sappiamo che sono usciti negli ultimi anni dei farmaci, soprattutto di tipo oncologico, che a livello dei trial dimostravano risultati miracolosi e che poi nella realtà hanno dimostrato un’efficacia risibile?

Siamo d’accordo sul fatto che il materiale biologico (vedi cellule staminali) non può essere considerato al pari del materiale chimico (vedi farmaci classici)?

Ed infine, siamo consapevoli del fatto che quasi tutti i pazienti coinvolti in questa vicenda dopo la diagnosi di una malattia senza cura eziologica (malattie rare) sono stati lasciati soli con la domanda di guarire e di stare meglio?

La vera questione posta dalla “vicenda Stamina” è quella di una medicina che sta diventando sempre più “scientifica” ma che non sa più prendersi cura.

Cura di cosa? Della domanda di salvezza che viene dai malati soprattutto quando sanno di non poter guarire. Sarebbe interessante fare un trial caso-controllo nel quale i casi sono i pazienti accompagnati anche se non sanati ed i controlli sono i pazienti abbandonati proprio perché non sanabili! Quali starebbero meglio secondo voi?