Nelle regioni a bassissima densità presenti tra una stella e l’altra, il cosiddetto mezzo interstellare dove avvengono i processi di formazione delle stelle, sono state individuate più di cento molecole, alcune molto complesse, tra le quali si cercano indizi sull’emergere del fenomeno “vita”. L’idrogeno è la molecola più abbondante nell’Universo e condiziona i processi di formazione stellare e molta della chimica che avviene in quelle regioni. Restano però da capire bene i meccanismi che portano alla formazione di molecole di idrogeno e su questo un contributo importante è giunto recentemente da una ricerca condotta da un gruppo di chimici dell’Università degli Studi di Milano che ha scoperto il processo, alternativo a quello finora ipotizzato, alla base della formazione dell’idrogeno molecolare. I risultati sono stati presentati in un articolo sulla rivista PNAS, firmato da Simone Casolo, Gian Franco Tantardini e Rocco Martinazzo del Chemical Dynamics Theory Group dell’ateneo milanese. Ce ne parla Simone Casolo.
Che cosa si sapeva circa la formazione delle molecole di idrogeno?
Quello che si sapeva prima era che nello spazio c’è molto idrogeno atomico, cioè atomi di idrogeno isolati, e c’è sempre stato, possiamo dire dal Big Bang. Il fatto strano è che si trovano anche delle molecole di idrogeno (H2) e i calcoli della meccanica quantistica ci dicono che due atomi che si incontrano nel gas interstellare non si possono associare direttamente per formare una molecola. Allora, come è possibile che ci sia idrogeno a livello molecolare? Già diversi anni fa si era ipotizzato che i grani di polvere presenti abbondantemente nello spazio potessero essere i responsabili della formazione di H2, cioè potessero fungere da catalizzatori per una reazione altrimenti impossibile.
In che senso il vostro metodo è alternativo?
Il nostro metodo sostanzialmente permette di studiare questa reazione catalizzata dai grani di polvere tenendo conto di tutti i fattori in gioco; quindi non ci limitiamo a un modello ridotto del fenomeno ma consideriamo tutte le variabili che intervengono a definire il problema e cioè la temperatura, la morfologia del grano, la porosità e così via. I modelli esaminati precedentemente erano troppo semplici mentre la nostra modellizzazione è molto più realistica.
E che cosa avete scoperto?
Abbiamo trovato che i livelli di idrogeno misurati dagli astrofisici sono compatibili con la presenza di grani di polvere molto irregolari, molto porosi e pieni di difetti, di buchi e spaccature. Sono queste difettosità dei grani che li rendono così efficaci nel catalizzare la reazione e quindi nel produrre H2. Gli astrofisici che osservano il gas interstellare hanno stimato la velocità di reazione, cioè la velocità alla quale l’idrogeno vene convertito da atomico a molecolare: se vedono molte molecole significa che la reazione è molto veloce, altrimenti vedranno molti atomi. Il nostro modello consente di calcolare questa velocità di reazione e i risultati che abbiamo ottenuto concordano molto bene con le osservazioni astronomiche eseguite in diverse regioni dello spazio; segno perciò della bontà del modello.
Tutto ciò è stato possibile grazie anche alla potenza dei calcolatori che avete utilizzato…
Sì. Noi abbiamo potuto utilizzare dei supercomputer messi a disposizione delle università dal Cineca, il centro di supercalcolo dove i nostri dati girano su decine e decine di microprocessori per mesi, con uno sforzo computazionale rilevante: abbiamo utilizzato i sistemi HPC (High Performance Computing), cioè dei computer ad alte prestazioni riservati al calcolo tecnico e scientifico.
Come proseguiranno le vostre ricerche in questo campo?
Il lavoro va avanti su due fronti, relativi all’accuratezza e alla scala. Da un lato stiamo cercando di affinare ancor di più il modello, concentrandoci su alcuni dei difetti di cui parlavo, per studiarli più in dettaglio. D’altra parte stiamo anche cercando di mettere a punto un modello più esteso, che possa simulare l’evoluzione del gas di idrogeno nel tempo, considerando regioni sempre più grandi e quindi passando da un modello microscopico ad uno macroscopico, che comprenda volumi delle dimensioni degli anni luce.
Sullo sfondo di queste indagini c’è il tema dell’origine della vita …
Uno dei principali motivi di interesse della formazione dell’idrogeno molecolare è che si tratta di un intermedio fondamentale per produrre altre molecole che sono implicate nello sviluppo della vita, come gli aminoacidi e tutte quelle denominate molecole probiotiche, che potrebbero generare, in certe condizioni, il fenomeno vita. Inoltre l’H2 è molto importante per la formazione delle stelle: se non ci sono molecole di idrogeno, quel gas interstellare non si trasformerà mai in stelle.
(Mario Gargantini)