La parola resilienza è balzata prepotentemente alla ribalta in un periodo segnato da disastri e calamità, naturali e non, che hanno colpito intere città e regioni; ne avevamo parlato dopo il dramma di Haiti e poi è tornato in primo piano diverse volte in riferimento a ricerche e approfondimenti sia in ambito sociologico sia in quello più di interesse tecnologico. E proprio su questo versante è arriva in questi giorni uno studio che indica la tecnologia come leva importante per rendere soprattutto le città più resilienti.



Si tratta di un rapporto sulla resilienza delle infrastrutture urbane redatto dalla Regional Plan Association (RPA), da Siemens e dalla società di consulenza Arup con l’obiettivo di «dimostrare come le città possano proteggersi al meglio contro le catastrofi naturali, come gli uragani e i cicloni». In effetti, i danni causati da fenomeni meteorologici estremi sono in aumento in tutto il mondo e nel 2012, i costi di tali danni hanno raggiunto i 160 miliardi di dollari a livello globale. Parallelamente alla crescita del numero di abitanti per città, è aumentato il rischio di vulnerabilità delle città alle calamità naturali: ad esempio, il solo l’uragano Sandy, che ha colpito la fascia orientale degli Stati Uniti nel 2012, è stato responsabile di danni pari a circa 50 miliardi di dollari, per lo più nella zona metropolitana di New York.



Dal rapporto emerge che le riparazioni delle infrastrutture danneggiate, che non possiedono misure di resilienza, sono estremamente costose. Gli investimenti in soluzioni resilienti, d’altra parte, non solo proteggono contro i danni, ma contribuiscono a ridurre l’impatto economico oltre che il consumo energetico. I primi risultati ottenuti da uno studio della rete elettrica della città di New York mostrano che, senza misure protettive, i costi di riparazione dei danni causati da un disastro naturale, come un uragano, potrebbero raggiungere i tre miliardi di dollari nei prossimi vent’anni. Tuttavia «investire la stessa somma in misure per la protezione contro uragani ed inondazioni e in tecnologie che rendono le reti elettriche più robuste, flessibili e intelligenti, può effettivamente ridurre i danni fino a due miliardi di dollari, per un risparmio di circa quattro miliardi di dollari».



Non mancano infatti le tecnologie adeguate e in grado di aumentare la resilienza e la sostenibilità delle infrastrutture urbane moderne: soluzioni come le reti intelligenti e i sistemi di automazione per il trasporto ferroviario, la gestione del traffico, la gestione delle evacuazioni e la gestione degli edifici contribuiscono a minimizzare l’impatto dei danni naturali perché l’automazione intelligente delle infrastrutture è un fattore di successo chiave, capace di rendere i sistemi più flessibili e più facili da controllare e coordinare.

Un esempio significativo, citato nel Rapporto, di come un’infrastruttura resiliente consenta di affrontare una situazione catastrofica, è quello del quartiere residenziale di New York, Co-op City, che conta 14.000 appartamenti e dispone di una rete elettrica indipendente; l’energia elettrica dell’intero quartiere è generata da un impianto di gestione combinata di calore ed elettricità da 40 Megawatt. Quando l’uragano Sandy si è abbattuto su New York, Co-op City non è stata toccata dai tagli di potenza energetica dei quali invece ha sofferto tutto il resto della metropoli.

I vantaggi di un’infrastruttura resiliente, secondo gli estensori del Rapporto, sono evidenti: «in primo luogo, le città resilienti sono attrezzate in modo migliore per un rapido recupero durante e dopo la crisi. In secondo luogo, le infrastrutture sono generalmente più efficienti, potenti ed affidabili. In terzo luogo infine, le tecnologie resilienti stabilizzano il funzionamento dei sistemi più importanti, soprattutto durante una crisi».

La necessità di investire in infrastrutture resilienti è in aumento parallelamente alla crescita del numero di rischi causati da fenomeni meteorologici estremi. Negli ultimi quarant’anni, la frequenza e la forza dei disastri naturali sono aumentate considerevolmente. Secondo l’Onu, il numero dei grandi disastri nel primo decennio del nuovo millennio è salito a più del doppio di quello tra il 1980 e il 1989. Molti esperti attribuiscono il crescente numero di disastri e il loro impatto ai cambiamenti climatici. Ed è sugli insediamenti nelle città, in continuo aumento in tutto il mondo, che cresce inevitabilmente la minaccia e l’entità dei potenziali danni.

I risultati ottenuti laddove si è operato con lungimiranza e con attenzione a quanto poteva offrire l’innovazione tecnologica, mostrano come la tecnologia sia una componente chiave nella protezione delle infrastrutture resilienti ed efficienti. Le città dovrebbero quindi «integrare la resilienza in tutti gli aspetti della loro pianificazione edile in modo da ridurre i danni potenziali, migliorare la produttività e creare luoghi più sicuri in cui vivere».